Cisl, non è Sbarra che sbaglia

Ci risiamo sono tornati gli indignados, quelli che ogni volta che Luigi Sbarra partecipa a un dibattito con un partito di centrodestra si indignano per la mancanza di autonomia della Cisl. Viene dimenticato e oscurato che la Cgil licenzia i suoi dipendenti con Maurizio Landini, nemico giurato del jobs act, che invece utilizza in casa sua ma di questo il “ratto” quotidiano non se ne accorge. Mi sorge un dubbio, e lo dico ai cislini indignati: ma l’autonomia sindacale cessa solo se un segretario partecipa a dibattiti con i partiti di destra o ha in ipotesi di candidarsi?

Vediamo: Sergio Cofferati si candida con il Pd, Guglielmo Epifani eletto nel Pd, Annamaria Furlan eletta nel Pd, Savino Pezzotta eletto nell’Unione di Centro, Susanna Camusso eletta nel Pd, Pietro Larizza eletto nei Democratici di Sinistra. Sergio D’Antoni e Bruno Trentin parlamentari, e poi Luciano Lama e Giorgio Benvenuto. Luigi Angeletti e Carmelo Barbagallo non li candida nessuno ma a tutto c’è un limite: infatti Angeletti è nel Cnel e nel 2023 ha accumulato il cento per cento di assenze. Nemmeno Raffaele Bonanni è stato candidato da alcuno.

Con questo breve excursus abbiamo dimostrato che l’autonomia sindacale dai partiti è una parola vuota di cui discettano persone che non conoscono il sindacato. Profetizzo che probabilmente anche Sbarra si candiderà da qualche parte e lo scandalo è se lo fa nel centrodestra? Oppure se lo farà prima della scadenza del suo mandato naturale? Ma non è certo scandaloso che si candidi.  

Agli amici cislini, presumo della sinistra sindacale, ricordo anche che sarebbe ora di finirla ma capisco che nego un diritto a dibattere perciò diciamo che è ora di cambiare visuale al dibattito perché se è arrivato Bonanni è anche “merito” delle divisioni della sinistra Cisl con santiniani (Giorgio Santini) contro barettiani (Pierpaolo Baretta) e viceversa, tutti e due eredi di Carniti, chi più chi meno.

Ricordo quando al congresso Cisl del 2005, la presa di posizione del segretario generale dei Metalmeccanici Caprioli, bergamasco come Pezzotta, che si schierò a favore di Baretta e contro Santini, ruppe il fronte favorendo proprio Bonanni che alla fine venne eletto. Quindi chiederei cortesemente di passare a un altro argomento. Se nella Cisl la sinistra sindacale è stata sconfitta le cause sono chiare. Vorrei anche ricordare a qualche giornalaio, scusandomi con i molti amici giornalisti, che la Cisl non è un sindacato cristiano, nemmeno cattolico ma un sindacato laico; talmente laico che a volte la Chiesa e il suo mondo militante è più vicino alla Cgil che a noi.

La questione semmai è un’altra e dovremmo interrogarci sull’unanimismo sempre più diffuso, sul minor dibattito in casa nostra, allora il problema è la democrazia interna e i limiti del gruppo dirigente. Oggi il dibattito unanimistico si svolge attraverso comunicazioni che partono dal centro degli organismi e vanno verso la periferia e non c’è più l’istanza dei territori che salga verso il centro. Ora il lettore dirà che la responsabilità di tutto ciò è della segreteria nazionale, del segretario generale! Ebbene no, non è così perché la seconda vera crisi del sindacato, non solo della Cisl ma in generale perché non è che in Uil e Cgil stiano meglio, sono i limiti del gruppo dirigente intermedio. Questo vale non solo per il sindacato.

Continuare a designare gruppi dirigenti a propria immagine e somiglianza senza considerare competenze e capacità di visione critica e propositiva significa, nel tempo, eliminare il confronto e impoverire la dialettica costruttiva. Il secondo passo per legittimarsi per il dirigente intermedio di cotanto livello è dire sempre sì all’istanza superiore, in questo caso la segretaria Cisl nazionale o il segretario nazionale di categoria, i quali (giustamente e anche opportunisticamente, perché no!) se hanno consenso ovviamente proseguono per la loro strada buona o pessima che sia. La responsabilità di una democrazia sindacale interna unanimistica non sta in capo al vertice ma al gruppo dirigente intermedio che deve censurare ogni forma di criticità nel suo territorio per timore di screditarsi agli occhi della segreteria nazionale.

Che effetti produce tale situazione? Dal circondarsi di fedeli all’inserire amici, conoscenti e parenti il passo è brevissimo perché il gruppo dirigente non è più costruito su un progetto ma sul mantenere il consenso aprioristicamente e questo lo si può fare se si è reciprocamente legati o si può dire anche un “cicinin” ricattabili. E se come spesso accade “il pesce puzza dalla testa”, sono i vertici territoriali a dare l’esempio di questo modus operandi ecco che tutti nell’Organizzazione sono autorizzati a farlo. E poi infine esiste il terzo passo, breve, perché in questa situazione che ci possa essere “qualcuno” che pensi che i soldi dei lavoratori gestiti dall’Organizzazione sindacale diventino anche a proprio uso e consumo ci vuole un niente e se poi quel qualcuno deve restituire soldi all’Organizzazione ecco che l’ammissione di colpa è, di fatto, provata.

Allora ai cislini critici, tralascio i commentatoti esterni d’accatto, dico di non guardare con occhi strabici al ridotto dibattito interno perché nella storia Cisl è sempre stato il gruppo dirigente intermedio, il territoriale, che ha smosso le acque del confronto, della partecipazione interna e se il corpo intermedio si è assuefatto non date la colpa a Luigi Sbarra ma cercate i veri responsabili.

 

print_icon