VERSO IL 2024

Salvini mette Pepe sulla destra. Cirio e Marsilio unici "blindati"

Frizioni sulle candidature alle regionali dopo lo strappo in Sardegna. Il Capitano manda i suoi generali a Potenza per alzare il prezzo dello scambio con l'uscita di Salinas. I governatori di Piemonte e Abruzzo attendono solo l'ufficialità

Basterà il vertice tra Giorgia MeloniMatteo Salvini e Antonio Tajani a rabberciare sbreghi ed evitare ulteriori strappi all’interno del centrodestra nella tela che si va tessendo per le prossime elezioni regionali in PiemonteAbruzzoBasilicata e Sardegna? La risposta positiva appare scontata, visto che in caso contrario i venti di tempesta non potrebbero rimanere entro i confini del territori chiamati al voto, finendo con l’investire la stessa maggioranza di governo del Paese. E in questa più che prevedibile ricucitura un ruolo importante lo riveste lo stesso Alberto Cirio, insieme al suo omologo abruzzese Marco Marisilio, punto fermo nella girandola dei candidati. 

Tuttavia ciò non toglie dallo scenario politico quello che resta un problema, anzi più d’uno viste le diverse visioni sulle scelte per i candidati governatori in almeno un paio di regioni, a complicare un già non semplice risiko fatto di pesi e contrappesi, decisioni prossime e altre più in là nel tempo. 

Come spesso accade, il casus belli lo si trova in situazioni meno importanti per dimensioni, addirittura per alcuni versi considerate marginali. Così a infiammare le polveri è stato il pasticcio trentino, dove per tutta una serie di complicati disegni e macchinose strategie, il neoeletto presidente della Provincia Autonoma, il leghista Maurizio Fugatti, si è rifiutato di nominare sua vice la meloniana Francesca Gerosa violando il patto pre-elettorale con FdI e portando il partito della premier a sfilarsi dalla giunta, ponendosi nella para-aventiniana (e rischiosa per lo stesso Fugatti) posizione dell’appoggio esterno. 

In realtà è parecchio più a Sud il vero teatro di battaglia tra il partito di Salvini e quello di Meloni. Sta in quella Sardegna a capo della quale la Lega vuole riconfermare (con sprezzo del pericolo che potrebbe arrivare dagli elettori) l’uscente Christian Solinas su cui pesa il non dichiarato ma concreto veto di Fratelli d’Italia, determinati a far scendere in campo il sindaco di Cagliari Paolo Truzzu. Si capisce bene, dunque, quanto abbia irritato la premier e la dirigenza fraterna che a fronte della reinvestitura salviniana hanno avvertito: “Le rinunce non toccano solo a noi”, ricordando quella del presidente siciliano Nello Musumeci, poi comunque diventato ministro. Irrinunciabile e fuori da ogni discussione la ripresentazione di Marsilio in Abruzzo, Meloni e i suoi cercano il raddoppio, appunto nell’isola. E un ulteriore sostegno in questa operazione la premier lo troverebbe in una parte del vecchio Regno di Sardegna, insomma in quel Piemonte dove l’altrettanto confermata ricandidatura di Cirio non solo appaga ampiamente il suo partito, Forza Italia, ma evita (così come per Marsilio) di aggiungere ulteriori variabili sul tavolo. E con il governatore piemontese Gattosardo (uno dei soprannomi di Francesco Cossiga) honoris causa, anche la questione aperta con Salvini sembra destinata, manfrine e tattiche di rito a parte, a concludersi senza danni evidenti.

Per leggere ancora più tra le righe la strategia, in parte obbligata, del leader della Lega vale la pena ricordare la missione di tre dei massimi vertici del partito a Potenza. In Basilicata, insieme al ministro per gli Affari Regionali Roberto Calderoli, sono arrivati anche i capigruppo alla Camera e al Senato, Riccardo Molinari e Massimiliano Romeo. “È un ottimo momento per incominciare la campagna elettorale”, ha detto il ministro annunciando i passi avanti del “suo” disegno di legge sull’Autonomia. Ma il significato vero della presenza di peso della Lega a Potenza è il segnale, anche questa volta agli alleati, sulla scelta del candidato governatore. Quello attuale, l’azzurro Vito Bardi è sostenuto solo più dal suo partito, mentre FdI pare pronta a schierare il presidente di Confindustria Francesco Somma, sia pure senza troppa convinzione, non per il candidato in sé quanto per il disegno che ci sarebbe dietro la possibile concessione alla Lega della presidenza lucana.

Il piano di Salvini prevede la candidatura dell’attuale coordinatore regionale del partito e collaboratore del vicepremier a Palazzo Chigi Pasquale Pepe, il quale appena ieri alla nota con cui Tajani ribadiva che la candidatura di Bardi non è in discussione rispondeva con un lapidario, ma eloquente “No comment”. Un via libera della Meloni al leghista Pepe a prezzo della rinuncia da parte di Salvini a tenere il punto di Solinas, concedendo al Capitano la più onorevole e sostenibile exit strategy, pare ormai essere nelle cose. Ma è tornando al Nord, più esattamente nel Nord-Est che si vedono drizzarsi le antenne leghiste a captare futuri intendimenti meloniani. Lì, al “Doge” Luca Zaia che punta, legge premettendo, al terzo mandato non sfugge come nei piani della premier ci sia proprio la sua Regione. La prima da rivendicare da parte di Fratelli d’Italia al Nord. E anche in questo probabile piano gioca, con l’occupazione di una casella altrettanto importante, il ruolo di Cirio e la sua riconferma alla guida del Piemonte. 

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