RICETTE & PAGELLE

Sanità promossa in qualità, bocciata sulle liste d'attesa 

Oltre la metà dei torinesi ritiene di buon livello il servizio pubblico. Ma più di uno su tre si è rivolto al privato per superare i tempi troppo lunghi negli ospedali. In Piemonte cliniche e centri privati lavorano per il 90% in accreditamento. Perla (Aiop): "Incentiviamo il personale"

La sanità pubblica non è più sufficiente a garantire le prestazioni di cui i cittadini avrebbero bisogno. A pensarla così è la metà dei torinesi che, da quanto risulta dalla ricerca effettuata dall’Osservatorio Sanità di Unisalute insieme a Nomisma, ancora una volta pongono al primo posto tra i problemi le liste d’attesa troppo lunghe. 

Nel sondaggio, alla domanda se il servizio sanitario pubblico sia oggi in grado di coprire tutti i propri bisogni sanitari, metà dei torinesi (50%) risponde negativamente, a fronte di un 40% che mostra qualche incertezza (“Più sì che no”) e di appena un 10% per cui la sanità pubblica, da sola, è ancora sufficiente. A conferma di ciò, sotto la Mole oltre due intervistati su tre (69%) dicono di essersi rivolti alla sanità privata nell’ultimo anno, a cui è pronto ad aggiungersi un altro 17% che pensa di farlo nei prossimi 12 mesi.

Un orientamento che non può non indurre ad alcune riflessioni e domande sul rapporto tra sanità pubblica e privata su cui, spesso s’intrecciano visioni politiche se non ideologiche e un’analisi parziale del fenomeno. Parlando di sanità privata spesso si immagina servizi a pagamento a carico del paziente, ma i dati relativi al Piemonte dicono altro: “Circa il 90% e in alcuni casi anche oltre delle prestazioni fornite dal privato sono in regime di accreditamento”, spiega Giancarlo Perla, presidente regionale di Aiop, la maggiore associazione della sanità privata. In sostanza, il paziente con l’impegnativa del proprio medico prenota e riceve la prestazione dalla clinica o dal centro diagnostico, pagando solo il ticket quando previsto, esattamente come nelle strutture pubbliche. Diverso, ovviamente, il caso in cui la visita sia svolta da uno specialista nel proprio studio privato. Ma se il già alto numero di torinesi, così come nel resto del Piemonte, che sceglie il privato è destinato ad aumentare è proprio legato ai tempi di attesa, sempre troppo lunghi negli ospedali. “Non abbiamo certo la bacchetta magica – aggiunge Perla – e se riusciamo a dare prestazioni in tempi più brevi è perché nelle nostre strutture gli orari sono più ampi e i medici, così come tutto il personale, viene incentivato”.

Il risultato di questa differenza porta il 79% dei torinesi a lamentarsi dei tempi di attesa, pur a fronte di una qualità dei servizi ritenuta inadeguata solo da una minoranza, per quanto consistente, circa il 48%. Insomma, una sanità pubblica promossa in qualità, ma bocciata nei tempi e nelle procedure. Tant’è che al primo posto tra le cose da migliorare i cittadini intervistati dai ricercatori pongono nel 65% dei casi proprio la riduzione delle liste d’attesa.  Passando agli altri ambiti da migliorare non ci sono grosse sorprese: perché il servizio sanitario pubblico torni ad essere adeguato ai loro bisogni, dopo la riduzione dei tempi per visite ed esami, i torinesi vorrebbero che si aumentasse il personale sanitario (48%). Circa un terzo, inoltre, desidererebbe che si svolgessero più campagne di prevenzione (33%) e che il sistema facesse passi avanti nella digitalizzazione (32%).

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