VERSO IL 2024

Regionali, Appendino e Lo Russo scendono in campo (minato)

Si stanno vicendevolmente sulle scatole, entrambi non stravedono per l'alleanza Pd-M5s, eppure alla fine proprio loro potrebbero sbloccare la partita in Piemonte. Se sui rancori prevarrà la politica (e un cinico opportunismo, in cui primeggiano)

Si vedrà presto, forse già nei prossimi giorni, quali ripercussioni avrà la nomina di Chiara Appendino a vicepresidente del Movimento 5 Stelle sulle vicende piemontesi, soprattutto per quel “campo largo” che il Pd (più che i pentastellati) invoca da mesi. Prospettiva, quella dell’alleanza con i dem, che non vede l’ex sindaca di Torino particolarmente entusiasta, per usare un eufemismo, e che ora con la sua “promozione” a vice Conte potrebbe uscire più che rafforzata. Partendo dall’assunto di essere favorevole alla nascita di un fronte progressista (in particolare a livello nazionale), Appendino spiega la sua contrarietà a realizzarlo nella sua regione proprio per non compromettere, con un’assai probabile sconfitta, un progetto che ha invece necessità non solo di solidità ma anche di ottenere qualche risultato. Insomma, un po’ come quelle fidanzate (o fidanzati) che troncano la relazione “perché ti voglio troppo bene”. Qui, certo, si tratta ancora di incominciarla la convivenza, ma il senso del ragionamento appendiniano poco cambia. Serve tempo, vanno evitate mosse affrettate, non conviene alimentare speranze che poi l’esito delle urne potrebbe rapidamente far virare in sconforto. Per farla breve, meglio ciascuno per la propria strada, visto che pur percorrendola insieme si arriverebbe dopo gli avversari. Inoltre, la coincidenza in Piemonte tra il voto regionale e quello europeo non aiuta a mettere insieme due partiti che ormai pescano gran parte nel medesimo bacino e si contendono la leadership. Più di un motivo, dunque, per rimanere divisi fino a giugno 2024, non senza aver incassato la candidatura di Alessandra Todde in Sardegna (ma lì c’è qualche chance di vittoria).

Oltre a questi ce n’è un altro che si aggiunge, anzi li sovrasta. È l’indigeribilità per Appendino del suo successore a Palazzo di Città. Anche in questo caso non del tutto senza ragione. Al di là dell’essere stato un suo strenuo oppositore nel quinquennio da sindaca, Lo Russo è colui che ha fatto tracimare la dialettica e lo scontro dalle aule della politica a quelle giudiziarie, scrivendo non certo una bella pagina. 

Un passato che pesa ancora e che non viene alleggerito da un presente in cui i Cinquestelle addebitano all’attuale sindaco e al suo partito un colpevole strabismo verso le cose positive fatte in precedenza, dalle Atp Finals all’Eurovision. Meriti nascosti demeriti segnati con la matita rossa come la mancata occasione delle Olimpiadi, la fuga del Salone dell’Auto e via ancora. Per non dire di quella concordia istituzionale con il governatore di centrodestra Alberto Cirio bollata come consociativismo allo stato puro (dimenticando quel Chiappendino che non è stato certo da meno). Possibile un’alleanza con rancori così radicati? Neppure la mezza abiura pronunciata da Lo Russo lo scorso ottobre – “Rilevo una situazione molto diversa dal 2016, mi sembra ci sia stata un’evoluzione molto rilevante. Gli anni dei 5 Stelle che incontrai io a capo dell’opposizione sono davvero lontani anni luce” – non è servita a rasserenare gli animi.

Cosa potrebbe mutare il quadro, ribaltandolo? Solo la politica, unita alla sempre necessaria dose di cinismo utilitaristico. Sia Appendino sia Lo Russo potrebbero scoprire così di avere più di un interesse a trovare un’intesa. Lei vedrebbe ancor più accentuato il suo ruolo centrale, quello di ultimo decisore, nel M5s, ampliando la propria sfera d’influenza oltre il perimetro del partito e proiettandolo sull’ambito regionale. Lui si scrollerebbe di dosso la grisaglia del travet di Palazzo e darebbe una veste politica alla sua carica amministrativa. In più, avrebbe l’occasione per smentire le malelingue che lo descrivono come uno poiuttosto incline a dimenticare gli amici, offrendo un fattivo sostegno a chi si spese molto per la sua candidatura e in campagna elettorale, ovvero Daniele Valle, oggi l’unico (auto) candidato del Pd con qualche credibilità per la guida del Piemonte.

Con l’intesa Pd-M5s l’attuale vicepresidente del Consiglio regionale potrebbe avere il via libera, per più di una ragione. La prima è che Appendino non ha mai posto la questione della figura del candidato, facendo svanire la leggenda di una candidatura, quella della vicepresidente del Pd Chiara Gribaudo, più gradita ai grillini e quindi in grado di garantire il suggello dell’intesa giallorossa. Con il suo partito in un cul-de-sac, mezzo commissariato dal Nazareno, tra primarie cancellate e candidati da scegliere tirando i bussolotti, Lo Russo può entrare in partita e provare a sbloccarla. Con uno scatto di politica. Su un teatro del genere, certamente ancora irto di incognite e difficoltà, non è escluso che nelle prossime settimane incominci a muoversi la diplomazia sotterranea, con gli sherpa di entrambi le parti a sondare le possibilità di riaprire una trattativa che può avere il suo sblocco solo attraverso un riservato, ma determinante colloquio tra Appendino e Lo Russo. Coloro, e non sono pochi, che ancora non smettono di sperare nel fronte giallorosso sintetizzano l’appello ai due in una parola: “Parlatevi”.

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