SANITÀ

"Lasciateci curare più pazienti". Ma il Piemonte frena i privati

Unica Regione nel Paese ad applicare il tetto alla mobilità attiva. Anche il Consiglio di Stato a favore dell'eliminazione della soglia. Resta pesante il saldo negativo (oltre 12 milioni) in comune al Nord solo con la Liguria. La trattativa con la sanità accreditata

Altro che favorire i privati penalizzando la sanità pubblica, come accusa la sinistra. In Piemonte il centrodestra non solo fuga ogni sospetto di favorire i gruppi imprenditoriali del settore, ma addirittura veste a pennello i panni di Tafazzi continuando a privarsi di risorse economiche a favore dell’intera collettività e perseverando, sola tra tutte le Regioni del Paese, su una strada che non ha altro sbocco se non quello del deficit di bilancio, non senza il rischio del commissariamento. 

La questione, che in Piemonte diventa un caso, è quella della mobilità passiva e attiva, ovvero i flussi di pazienti che varcano i confini regionali per curarsi altrove e quelli, al contrario, costituiti da residenti in altri territori del Paese che scelgono di rivolgersi alla sanità piemontese. Da anni il saldo economico prodotto da questi flussi è pesantemente negativo posizionando il Piemonte come eccezione, insieme alla Liguria, nel Nord dove, invece, tutte le altre Regioni incassano più di quanto spendono. 

Come riferito pochi giorni fa dallo Spiffero, il recente rapporto dell’Agenas attesta intorno ai 12 milioni di euro il saldo negativo del Piemonte per 2022, mentre sempre dai dati dell’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali emerge che regioni come la Lombardia con un saldo positivo di 103 milioni, il Veneto con oltre 48, la Toscana con 26 e l’Emilia-Romagna con più di 9 milioni, siano a dir poco in situazione migliore. Non sono, però, soltanto le cifre a fare la differenza, ma anche quello che in parte c’è dietro. E dietro a quel segno meno che precede la cifra relativa al Piemonte c’è un limite che le altre Regioni non pongono. Quello che impedisce alla sanità privata accreditata di poter erogare nelle sue strutture piemontese servizi ai non residenti oltre la soglia prefissata. 

Al contrario di ciò che avviene nel resto del Paese, in Piemonte la linea della Regione, pur mutata di colore politico, resta quella della puntuale applicazione al decreto legge 95 del 2015, ai tempi in cui ministro della Sanità era Renato Balduzzi, in base al quale il budget assegnato alla sanità privata accreditata sarebbe dovuto rimanere invariato rispetto al valore del 2011 negli anni a venire. Un budget che comprende sia l’attività svolta per i pazienti residenti nella regione, sia per quella rivolta a pazienti di altre regioni. Un tetto di spesa, che per il Piemonte si aggira attorno ai 700 milioni annui, che dunque non può crescere, anche se per il 2024 il Governo ha disposto un incremento di circa l’1%. 

Un limite, quello della spesa per le cure a favore di chi risiede al di fuori dei confini regionali, che ormai solo il Piemonte pone ancora, nonostante anche una recente sentenza del Consiglio di Stato che esclude queste erogazioni dal bilancio regionale. A Palazzo Spada è stato stabilito che le spese rimborsate ai privati dalla Regione dove operano le cliniche e i laboratori, “non rilevano ai fini del raggiungimento del volume massimo delle prestazioni remunerabili, definito dalla Regione e dall’Asl per quella struttura, poiché si tratta di prestazioni remunerate dalla Regione di residenza dell’assistito”. Alla base della sentenza anche un rimando alla Costituzione e alla necessità di “ricondurre il bilanciamento tra la mobilità tra regioni e il contenimento della spesa sanitaria nell’alveo dell’articolo 3 della Costituzione”, ritenendo illegittimo limitare le cure oltre di confini regionali solo per limitare gli esborsi.

In sostanza viene tolto dal budget il limite di quelle spese che se è vero il Piemonte paga alle strutture private accreditate è altrettanto vero che le Regioni di residenza dei pazienti versano poi il corrispettivo nelle casse regionali piemontesi. Un travaso che avviene, per la gran parte dei casi da Sud verso Nord, come attestano i saldi positivi di tutto il Settentrione salvo il Piemonte e la Liguria. Un’anomalia, il limite tuttora posto dalla Regione, che diventa uno dei punti cruciali della trattativa del nuovo contratto tra la Regione e la sanità privata per il prossimo biennio, in questi giorni nella sua fase iniziale.

Tutto lascia supporre che già domani, nell’incontro con il direttore regionale della Sanità Antonino Sottile, il presidente regionale di AiopGiancarlo Perla, porrà con decisione la questione. Per il rappresentante dell’associazione che raggruppa il maggior numero di strutture private “è paradossale che non venga colta l’opportunità, eliminando il tetto di spesa per le prestazioni a favore di pazienti di altre regioni, per aumentare la mobilità attiva e ridurre il saldo negativo che pesa sulla sanità piemontese”. I privati si dicono pronti ad incrementare almeno del 10% le prestazioni ai pazienti “foresti” senza intaccare minimamente quelle per i piemontesi. Non solo. Dalle stesse strutture private, in particolar modo quelle dove si effettuano cure e interventi di alta specialità che richiamano pazienti soprattutto dal Sud, si fa notare come questi di fronte alle porte chiuse che si trovano in Piemonte in virtù del limite imposto, si rivolgano alle regioni dove il tetto non c’è, Lombardia in primo luogo. 

Nella richiesta alla Regione, “cui spetta una decisione politica su questo punto” osserva Perla, i privati provano a togliere dal tavolo anche un eventuale problema di cassa. “Per le prestazioni che superano il budget siamo completamente disponibili ad attendere che il Piemonte riceva dalle Regioni di residenza dei pazienti i rimborsi”. Si tratta in media di un paio d’anni, “ma non è questo il problema” ribadisce il presidente di Aiop. In ballo c’è quel fardello che continua a pesare sul Piemonte, pecora nera del Nord in fatto di mobilità sanitarie. Il modo di provare ad alleggerirlo sembra esserci, con tanto di avvallo del Consiglio di Stato. La questione e la sua soluzione sono nelle mani dell’assessore Luigi Icardi e del governatore Alberto Cirio. Decideranno di seguire l’esempio delle altre Regioni, oppure proseguiranno confermando quel tetto che pesa sulla già non proprio solida sanità piemontese?