"Fu uno sfogo", non estorsione. L'assoluzione dell'ex portavoce di Appendino

Erano solo frasi di “una persona esasperata che dà sfogo irrazionale alla sua ira”. Così il tribunale di Torino argomenta l’assoluzione dall’accusa di estorsione di Luca Pasquaretta, portavoce di Chiara Appendino ai tempi in cui l’esponente pentastellata era sindaca di Torino. La vicenda al vaglio dei giudici risaliva all’estate del 2019, quando Pasquaretta, una volta cessato l’incarico, avrebbe esercitato pressioni indebite per ottenere altre collaborazioni: la tesi dell’accusa è che avesse minacciato rivelazioni compromettenti per la Appendino. Secondo il tribunale, però, si trattava soltanto di “sconsiderate espressioni verbali”.

La sentenza cita a titolo di esempio una conversazione con un assessore in cui si sente Pasquaretta dire che se non avesse ottenuto i nuovi incarichi avrebbe cominciato “a fare quello che devo fare, mandare tutti quanti a quel paese”. I giudici, peraltro, osservano che “resta del tutto ignoto cosa mai potesse dichiarare di così nocivo”. Come persone offese dell’estorsione erano state indicate la Appendino e Laura Castelli, all’epoca viceministro dell’Economia, che stipulò un contratto di collaborazione con Pasquaretta. Nessuna delle sue si è costituita parte civile.

Pasquaretta è stato riconosciuto responsabile di un altro capo d’accusa, legato a una consulenza ufficialmente prestata per il Salone del Libro 2017 ma considerata fittizia dalla procura. In questo caso l’accusa è di peculato (la somma contestata è di 5mila euro) e la condanna è a un anno e otto mesi. Per Mario Montalcini e Giuseppe Ferrari, allora rispettivamente vicepresidente e segretario generale della Fondazione per il Libro, la pena è di un anno e quattro mesi.

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