SANITÀ MALATA

"Emergenza nei Pronto Soccorso
non è colpa dei medici di famiglia" 

Per il segretario piemontese della Fimmg Venesia è "sbagliato vedere nel sovraffollamento degli ospedali la debolezza della medicina generale". La replica alle tesi di De Iaco (Simeu). Il sindacato reclama maggiori investimenti sul territorio

“Identificare nei numeri dell’attività di emergenza e di ricoveri ospedalieri le motivazioni e giustificazioni della necessità di riorganizzare le cure territoriali, ponendo l’accento sugli accessi in Pronto soccorso come spia di una debolezza del territorio stesso nel dare risposta alla domanda di assistenza, è miope, anzi sbagliato”. È una replica garbata ma decisa quella che arriva da parte della Fimmg, il principale sindacato dei medici di famiglia, alla tesi sostenuta dal presidente di Simeu, la Società Italiana di Medicina di Emergenza e Urgenza, Fabio De Iaco in una recente intervista allo Spiffero

“Parlare di riorganizzazione delle cure territoriali partendo da una analisi dei numeri degli interventi ospedalieri e di Pronto soccorso è fuorviante”, sostiene Roberto Venesia, segretario regionale della Fimmg, secondo il quale “ciò rappresenta, con chiara evidenza, la persistenza di un vizio di fondo, ovvero quello di pensare la riorganizzazione delle cure territoriali in funzione dell’ospedale, avendo come obiettivi prioritari quelli di ridurre gli accessi in Pronto Socorso e non quello di consentire al territorio di essere dotato degli strumenti per potenziare e migliorare l’attività che già svolge sul versante della prevenzione e della gestione della cronicità”.

Venesia cita numeri “che attestano come le prestazioni di primo livello erogate sul territorio sono talmente superiori da poter affermare che gli accessi impropri al Pronto Soccorso non possono essere attribuibili ad una carente risposta da parte del territorio”. 

Una difesa quella della medicina territoriale che il sindacalista esterna ricordando come questa parte della sanità “partecipa oggi sostanzialmente a tutte le attività distrettuali extraospedaliere considerate di integrazione ospedale-territorio, risponde alla quasi totalità (95%) di richieste di consultazione di un medico fatte dagli italiani”. Poi ricorre nuovamente alle cifre. mentre gli accessi agli oltre 700 Pronto Soccorso in Italia nel 2018 erano stati oltre 20 milioni, scesi nel 2022 a 17. Di questi solo il 12% di codici bianchi, circa 347.000 che se idealmente ripartiti sulla rete territoriale degli oltre 40mila studi dei Medici di famiglia attivi in Italia, avrebbero comportato un irrisorio incremento di 8,6 accessi in un anno. Nonostante questo – aggiunge Venesia - esistono aspetti, criticità, che possono e devono essere migliorati sia nel modo di lavorare del medico di famiglia sia degli altri professionisti che con lui operano sul territorio. Ma il vero problema del Pronto soccorso è strettamente legato alla difficoltà di assorbire tutte le persone che si rivolgono ad esso in modo appropriato e che non trovano posto successivamente al primo soccorso nelle sedi adeguate”. 

Per il sindacato dei medici di famiglia, “va considerato che la difficile situazione economica del Paese orienta spesso molti cittadini a rivolgersi al Pronto Soccorso per ottenere prestazioni gratuite che in altre sedi rappresenterebbero costi che il paziente non può sostenere. I Sistemi Sanitari sono tenuti a rispondere all’evoluzione dei determinanti della salute come invecchiamento della popolazione, aumento della cronicità, complessità e fragilità. Le patologie croniche vanno prevenute, precocemente diagnosticate e continuamente governate”. In questo quadro, “Il medico di famiglia è in grado di poter combinare una strategia del rischio individuale con una strategia di popolazione, perché agisce su tutti i cittadini nell’arco del tempo”. 

Venesia ricorda “le molte positive esperienze portate avanti negli anni sui nostri territori, che dimostrano che la medicina generale nel suo insieme, ove può avvalersi dell’ausilio di figure professionali,della telemedicina, ove ha la possibilità di effettuare direttamente anche diagnostica di primo livello, è in grado di assicurare, attraverso il lavoro singolo e di quadra la diffusione della prevenzione e l’erogazione delle cure di patologie croniche”.m Infine una critica e, al contempo, la spiegazione dei motivi di quella che, ormai da tempo, è un’emergenza nell’emergenza. “Il mancato investimento su una medicina generale capace di una medicina di iniziativa orientata a prevenire le acuzie e tenere sotto controllo le patologie croniche e una medicina di famiglia organizzata a riaccogliere le dimissioni ospedaliere sul territorio con potenziamento della domiciliarità e residenzialità sono le vere cause. Affrontare tale investimento è la sola soluzione proponibile”.