SCIUR PADRUN

Fabbrica Europa, la ricetta di Confindustria

La strada sulla sostenibilità: "Dev’essere il mercato a scegliere le tecnologie per la transizione ecologica". Non i politici, che intanto si accapigliavano sul Pnrr, criticato da Fidanza (FdI) dopo la provocazione di Benifei (Pd)

Ai politici hanno consegnato il vademecum. Settanta pagine, dove gli industriali spiegano le loro proposte per l’Europa dei prossimi cinque anni. D’altronde, il 70% della legislazione italiana è di derivazione comunitaria, e gli industriali sono interessati a un’Europa che faccia politica industriale. Un dato su cui la commissione si è mostrata carente, ha spiegato Stefano Pan, delegato per I'Europa del presidente di Confindustria Carlo Bonomi.

Nel nome dell'evento c'è un intero programma politico: Fabbrica Europa. Pan ha infatti insistito su una commissione europea (in scadenza) che ha mostrato un approccio postindustriale, dove “il vocabolo industria era quasi scomparso”. Pan insiste sul fatto che l’approccio della “net zero industry non capisce che senza industria non c’è futuro, non c’è il collante che ci tiene assieme, e ci mancherebbe la prima leva della ricchezza”. Parole che fanno il paio con i concetti contenuti nel manuale che gli industriali hanno affidato ai politici che erano in prima fila ad ascoltare le loro richieste. Aprendolo, vi si legge di “un approccio ideologico” al green “che ha portato a un sostanziale bando di alcuni prodotti”. Per gli industriali “è necessario adottare un approccio pragmatico e realistico”. Proprio sulle emissioni Marco Gay, presidente di Confindustria Piemonte, ha chiesto di rispettare la neutralità tecnologica, che vuol dire che le opzioni giuste per la transizione ecologica le sceglie il mercato, per evitare che vengano scartate a priori (dai politici) tecnologie che invece potrebbero tornare utili.

Per gli industriali va completata l’integrazione dei mercati dell’energia elettrica, va creato un mercato unico del gas e servono investimenti strutturali sul nucleare. Secondo loro l’Europa dovrebbe “dare agli Stati membri chiari indirizzi per la realizzazione di impianti innovativi, che possano in concreto contribuire agli obiettivi di decarbonizzazione”. Sempre con l’obiettivo della “gestione della transizione verso la mobilità elettrica fissata al 2035” ricordato dal presidente Gay e che sta rapidamente diventando un tema caldo in vista del voto di giugno.

L’attenzione degli industriali invece è alla competitività, l’alfa e l’omega dei loro interventi, che va raggiunta anche tramite i trattati. In questo senso è stato chiesto di rilanciare i negoziati sul Mercosur (con buona parte dell’America latina), con l’Asean e con i paesi africani. Gli imprenditori hanno anche insistito sulla necessità di lavorare sul Cbam, il meccanismo Ue di adeguamento del carbonio alle frontiere che ha come scopo il contrasto alla rilocalizzazione delle emissioni di carbonio fuori dall’Ue, ma che non deve diventare un boomerang per la competitività delle imprese europee.

Alle richieste delle imprese hanno cercato di rispondere i parlamentari europei. Per il Pd erano in quattro: Irene Tinagli, Mercedes Bresso, Patrizia Toia e Brando Benifei, che è diventato protagonista di un battibecco col collega di Fratelli d’Italia Carlo Fidanza dopo averlo accusato di non aver votato il Pnrr. “Non dire stupidaggini, ci siamo astenuti”, gli ha risposto Fidanza, che non ha risparmiato critiche al fondo europeo: “Dobbiamo spendere tantissime risorse in poco tempo. Forse era meglio avere un Pnrr più magro e spenderlo per questioni strategiche”. Poi ha corretto il tiro, ricordando che il Governo sta facendo bene sul Pnrr e che lo porterà fino in fondo. Fidanza si è anche concesso un altro affondo sulla sovranità europea: “Ma se portiamo avanti una politica antindustriale quale autonomia strategica possiamo rivendicare?”. Sul tema è intervenuto anche il leghista Alessandro Panza, più scettico sulla possibilità di un fronte europeo comune, che ha invitato gli eurodeputati italiani a pensare al bene del proprio Paese, perché gli altri lo fanno: “In Europa io di tedeschi che non fanno gli interessi dei tedeschi non ne conosco”.

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