SANITÀ MALATA

Niente visite, in nessuna data. Impossibile persino prenotare

In Piemonte le agende arrivano fino al 2026, ma spesso il Cup non fornisce neppure l'appuntamento. La questione mai affrontata dell'intramoenia. La possibilità (tenuta nascosta) del rimborso per prestazioni a pagamento se i tempi sono troppo lunghi

“Non c’è posto”. Dovrebbe non essere contemplata tra le risposte del Cup, il centro unico di prenotazione, invece è quella che sempre più frequentemente i cittadini ricevono alla richiesta di una visita specialistica o un esame diagnostico. Quando va meglio, bisogna avere sottomano il calendario dell’anno venturo e in più di un caso addirittura quello del successivo.

L’altro giorno, intervenendo alla Camera, il ministro della Salute Orazio Schillaci nell’annunciare per le liste d’attesa l’immancabile tavolo ha spiegato che il nuovo piano oltre a prevedere un aumento del personale e la tanto attesa abolizione del tetto di spesa per le assunzioni, contempla pure un monitoraggio tempestivo e continuo proprio dei Cup e delle relative agende. Nell’attesa, i pazienti dei quali si abusa la pazienza, continueranno a sentirsi rispondere che “non c’è posto” senza ulteriore spiegazione. Oppure si troveranno di fronte a date spostate di mesi, anni in avanti come accade ormai ovunque nel Paese, salvo rarissime eccezioni.

L’ultima verifica empirica, ma che rende efficacemente l’idea di ciò che purtroppo già conosce la stragrande parte dei piemontesi, l’ha fatta il vicepresidente del consiglio regionale Daniele Valle, del Pd. Un po’ di telefonate per un viaggio nel futuro della sanità, inteso come date ovviamente. Per un’ecografia muscolotendinea a Torino non c’è posto e la prima data disponibile altrove è il prossimo 13 giugno, ma a Gravellona Toce. Colonscopia: il primo posto è al San Luigi di Orbassano il 25 giugno, ma del prossimo anno. Sempre al 2025 tocca guardare, precisamente al 20 marzo, per una visita dermatologica a Grugliasco. Neppure un posto quest’anno a Torino per una gastroscopia (Egs), occorre aspettare marzo 2025 per fare l’esame al Mauriziano o a San Luigi. E al Mauriziano per una visita oculistica si parte da maggio. Tempi al cui confronti quelli per una risonanza magnetica alla colonna sembrano brevissimi anche se si va al 19 agosto a Rivoli, altrimenti si viene rispediti al prossimo anno quando a marzo c’è posto al Mauriziano, dove per un ecocolordoppler la prenotazione rimanda al 2 marzo, naturalmente del 2025.

Casi che, ovviamente, Il Pd usa per attaccare il centrodestra, come se quando a governare il Piemonte c’era il centrosinistra non si facesse in tempo ad alzare il telefono che già c’era lì lo specialista che si aspettava. “Sono allo studio modalità per agire sul fronte delle prestazioni cliniche. Insieme all’Università di Torino si sta definendo un progetto sperimentale unico in Italia che coinvolgerà i medici neo specializzati in progetti finalizzati esclusivamente allo smaltimento delle liste d’attesa”. Lo annunciavano l’allora governatore Sergio Chiamparino e l’assessore Antonio Saitta, nella conferenza stampa di fine anno nel 2017. Sette anni dopo, una lunga pandemia nel mezzo che ha bloccato tutto per quasi due anni accumulando milioni di prestazioni, un governo regionale di altro colore e per i pazienti poco o nulla è cambiato. Tanto da alimentare forti dubbi e non poche certezze circa una delle questioni alla base dei tempi che non si riescono a ridurre, ovvero lo squilibrio delle prestazioni erogate con il servizio sanitario nazionale e quelle fornite dagli stessi medici ma in intramoenia, ovvero a pagamento all’interno (e a spese) delle strutture pubbliche o, approfittando di una deroga, in ambulatori privati.

Se il piano predisposto dal direttore regionale della Sanità Antonino Sottile prevedendo un percorso rapido per tutte le prenotazioni successive alla prima senza necessità di passare dal Cup, sta funzionando e ottiene l’apprezzamento dello stesso Pd, ancora un buco nero è rappresentato, appunto, dal numero delle visite ed esami a pagamento rispetto a quelle col servizio sanitario. Quali direttive e quali verifiche si fanno in ciascuna azienda rispetto a questi due canali paralleli? Interrogativi ai quali si sta lavorando al quarto piano del grattacielo della Regione attraverso una verifica su ciascuna azienda sanitarie e ospedaliera. Verifiche che hanno già portato, come riportato nei giorni scorsi dallo Spiffero, a evidenziare un notevole ritardo da parte di Città della Salute nella condivisione delle proprie agende con il Cup regionale, ferma a fine gennaio al 54%, rispetto a una media regionale superiore al 92%.

E se nella ricetta dem per ridurre le liste d’attesa c’è anche quella di garantire le prestazioni urgenti in regime di libera professione, ponendo il costo a carico del servizio sanitario regionale, va osservato come questa possibilità di fatto esista già, sia prevista dalla legge, anche se tenuta piuttosto nascosta ai cittadini. La norma risale al 1998 ed è tuttora in vigore e prevede che qualora l’attesa della prestazione richiesta si prolunghi oltre il termine fissato per il grado di urgenza l’assistito può chiedere che la prestazione venga resa nell’ambito dell’attività libero professionale in intramoenia, domandando poi il rimborso all’Asl. Una possibilità di cui la stragrande maggioranza dei pazienti è all’oscuro e che i vertici delle aziende ben si guardano dal rendere nota, prefigurando le conseguenze per i loro conti. Anche per questo, si continuano a fissare appuntamenti lontani mesi, addirittura anni, se non addirittura rispedire al mittente le richieste dei cittadini. E proprio sulle risposte che vengono, talvolta, fornite dal Cup negli uffici della direzione regionale della Sanità sarebbe partito un piano di telefonate a campione per verificare i tempi reali delle prestazioni indicati e, probabilmente, sentirsi dire in più di un’occasione che “non c’è posto”.  

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