SANITÀ

Ispezione alla Città della Salute, nel mirino le visite a pagamento

Il Mef dispone una verifica amministrativa e contabile sull'attività in intramoenia dei medici ospedalieri. L'ispettore arriva dopo le inchieste della magistratura e l'esposto dei revisori. Le falle di un sistema che pesa sui portafogli dei pazienti e le liste d'attesa

Un ulteriore faro di accende sulle visite a pagamento effettuate dai medici ospedalieri. Il ministero dell’Economia e Finanze ha disposto una verifica amministrativa- contabile nei confronti della Città della Salute di Torino, proprio su questo particolare aspetto dell’attività sanitaria, sempre più al centro dell’attenzione perché strettamente legata al fenomeno dell’eccessiva lunghezza dei tempi di attesa per le prestazioni fornite dal servizio sanitario nazionale.

Con una lettera, nei giorni scorsi, il Ragioniere capo dello Stato Biagio Mazzotta ha comunicato la decisione di attivare il Servizio ispettivo della finanza pubblica e “disposto l’esecuzione da parte di un dirigente dell’Ispettorato Generale di una verifica amministrativo-contabile” nei confronti dell’azienda diretta da Luigi La Valle con esplicito riferimento all’intramoenia, ovvero alle norme che regolano la possibilità per i medici ospedalieri di esercitare la libera professione all’interno della struttura pubblica.

Non è, certo, questa la prima volta che l’azienda ospedaliera universitaria vede passare al vaglio documenti e procedure che attengono alle visite a pagamento effettuati da una parte dei medici dipendenti. Prima ancora che si muovesse il Mef era stata la magistratura penale ad avviare un’inchiesta che lo scorso anno portò 250 camici bianchi ad essere indagato per l’ipotesi di peculato e a scoprire un danno per l’azienda, generato dal mancato introito di circa 300mila euro, ovvero la cifra che i medici avrebbero dovuto versare come quota delle loro parcelle rilasciate ai pazienti per le visite a pagamento. 

L’inchiesta aveva portato in evidenza anche un’ulteriore questione, peraltro controversa, legata al versamento sempre da parte dei medici che lavorano anche come liberi professionisti di una quota destinata finanziare la riduzione delle liste d’attesa. In ballo qualcosa come 7 milioni, ma anche interpretazioni diverse tra sanitari e azienda su chi avrebbe dovuto finanziare quel fondo, con un recente pronunciamento del tribunale a favore dei professionisti, anche se la vicenda è tutt’altro che conclusa. Alla fine dello scorso anno erano stati, poi, i componenti del collegio sindacale a denunciare con un esposto alla Procura della Repubblica, presunte “gravi irregolarità nei conti” dell’azienda.

La recentissima decisione del Mef è, insomma, solo l’ultima luce che si accende sui conti di Città della Salute e il concentrare la verifica sull’intramoenia non fa che avvalorare la tesi secondo cui occorrono maggiori controlli e una gestione più attenta delle visite a pagamento rispetto a quelle fornite dal servizio sanitario nazionale, ma fatte dagli stessi specialisti. La differenza abissale nei tempi di attesa, brevi per le prime lunghissimi per le seconde, è più di un campanello di allarme, è la conferma come il sistema sia da rivedere senza perdere ulteriore tempo in tutte le aziende sanitarie e ospedaliere del Piemonte. Così come è inderogabile verificare se davvero tutte le autorizzazioni che le Asl rilasciano ai medici dipendenti per poter effettuare visite a pagamento fuori dall’ospedale, in ambulatori e strutture provate, siano realmente motivate – come prescrive la legge – dall’assenza di idonee strutture all’interno degli ospedali. Un sistema evidentemente malato le cui conseguenze ricadono tutte lui pazienti, la loro salute e i loro portafogli, per il quale la terapia non può passare solo con pur necessari investimenti economici, ma anche e soprattutto per un serio riordino e un’ancora più seria gestione.

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