TERZO POL(L)O

Renzi e Calenda, gemelli dell'autogol mettono fuorigioco Costa e Marattin

Il deputato di Italia viva colto in contropiede dall'apertura dell'ex premier al campo larghissimo. "Non può decidere da solo la linea politica", si lamenta condividendo le pene con il suo sodale terzopolista di Azione. Sugli spalti elettori a dir poco frastornati

Quell’abbraccio in campo tra Matteo Renzi ed Elly Schlein alla Partita del Cuore aveva subito fatto partire i rumors. E che il gesto fosse non solo amichevole ma anche simbolico dal punto di vista politico adesso lo conferma anche il leader di Italia viva. Che in un’intervista al Corriere della Sera afferma che un’alleanza «non solo è possibile ma è anche l’unica alternativa» alla destra. Spiega che un «campo larghissimo» potrebbe farcela e apre non solo a un’intesa con la segretaria del Pd ma anche fa cadere ogni pregiudiziale verso Giuseppe Conte. L’ennesima mossa di un fuoriclasse dello scarto, abile nella tattica, spregiudicato negli schemi. E se scontata è la reazione di Carlo Calenda, l’ex gemello diverso, a dir poco sorpreso pare Luigi Marattin, che non le manda a dire al suo leader. Il deputato di Italia viva fa sapere ciò che pensa con un lungo post su X (ex Twitter), criticando sia i contenuti dell’intervista di Renzi sia i modi della virata a sinistra dello statista di Rignano.

Marattin, che insieme a Enrico Costa ha lanciato un appello per la creazione di un partito unico liberaldemocratico e che con il deputato di Azione (appena dimessosi dalla vicesegreteria del partito) condivide la disillusione verso i due leader del fu Terzo Polo, ricorda gli impegni assunti da Renzi dopo la pesante sconfitta del 8-9 giugno: «Aveva annunciato un congresso di Italia Viva per fare due cose: scegliere la linea politica (tra “Margherita 2.0” e “nuovo Terzo Polo”) e, cosa molto meno importante, per scegliere il nuovo presidente nazionale». Da allora il silenzio. «Poco più di un mese dopo, leggiamo sui giornali che la prospettiva pare essere cambiata: a compiere la scelta più importante dalla nascita di IV (cioè quale collocazione politica avere) non saranno gli iscritti ma l’Assemblea Nazionale, i cui membri sono tutti nominati da Matteo» sottolinea Marattin. «A differenza di quanto detto pochi giorni fa in un’intervista, la sua scelta a questo punto l’ha fatta: il futuro di IV è fare il “bilanciamento riformista” di chi vuole la patrimoniale, uscire dalla Nato, abolire il Jobs Act, ecc. Nel “campo largo” con Conte e Fratoianni» prende atto con malcelata amarezza Marattin, tornando a chiedere la celebrazione del congresso. «Non si comprende, infatti, cosa ci sia di tanto sbagliato – o pericoloso – nel far scegliere a tutta la comunità politica di Italia Viva il proprio futuro politico».

Nell’intervista l’ex premier pare avere idee piuttosto chiare sui passi da compiere, con buona pace di Marattin e Costa (e dei tanti o pochi elettori che forse ora si sentono un po’ abbindolati). Renzi parte dall’azione (minuscolo) sul rettangolo di gioco: «Avevamo fatto una grande azione e Elly aveva segnato anche grazie al mio assist. Peccato il gol annullato per fuorigioco...». Ma il leader di Italia Viva ammette che non si tratta solo di un gesto calcistico. Perché dopo il risultato alle europee «il Pd di Schlein ha detto: vogliamo costruire l’alternativa e per farlo non mettiamo veti. Questo significa che cade il veto che su di noi era stato messo nel 2022». Al tempo stesso, però, «anche noi abbiamo un obbligo, allora: non possiamo mettere veti sugli altri, a cominciare dai Cinque Stelle. Il no ai veti non può che essere reciproco». E quindi bisogna scegliere: «O si riapre la partita del Terzo Polo o si prende atto che il centro è decisivo solo se si allea in modo strutturale». Con la prospettiva di «costruire un centro che guarda a sinistra, per dirla con De Gasperi».

Secondo Renzi, insomma, l’alleanza tra Italia Viva, il Pd e il M5s «non solo è possibile ma è anche l’unica alternativa per evitare che ci teniamo per lustri Giorgia Meloni con sorelle, cognati e compagnia cantante». E questa alternativa «va costruita dichiarando chiusa la stagione dei veti e mettendo insieme i voti». E chiudere la stagione dei veti, secondo Renzi, significa anche smettere di parlare di ciò che è avvenuto 10 anni fa (nello specifico fa riferimento al Jobs Act, che divide la sinistra ma che lui rivendica) e «capire come creare lavoro nei prossimi dieci anni. Come impatta sul mondo del lavoro l’intelligenza artificiale, dalle nuove figure professionali alla sicurezza. Come creare ricchezza, aumentare produttività, migliorare i servizi?». Ammettendo comunque che su certi temi c’è e ci sarà sempre una visione differente. Come ad esempio sul caso Toti, per il quale Italia Viva non si è unita alla manifestazione del centrosinistra per chiedere le dimissioni. Infine, Renzi prevede l’esordio del campo larghissimo Pd-M5s-Iv già alle elezioni regionali in autunno. E a livello nazionale si dice convinto che il governo Meloni cadrà prima della fine della legislatura: «Sarà la stessa Meloni ad anticipare per evitare di perdere il referendum costituzionale e perché, se anche trova i soldi della legge di Bilancio 2025, sull’anno successivo è strangolata dai vincoli».