CAPITALISMO MUNICIPALE

Mistero Bufo in Iren. Scontro politico e di campanile

Mentre Bucci sta cercando di piazzare l'attuale manager di Mercato alla successione di Signorini, il Pd di Genova batte i pugni e fa appello ai sindaci dem di Torino e Reggio Emilia. La diarchia tra il "Re Sola" e il "Rapace" e il futuro della multiutility

Genova reclama la guida di Iren. In verità, più che l’azionista di maggioranza – il sindaco della Lanterna Marco Bucci – è il Pd, che a Palazzo Tursi siede all’opposizione, ad alzare la voce. Dopo il licenziamento di Paolo Emilio Signorini da amministratore delegato, in seguito alle note vicende giudiziarie, “le sue residue deleghe sono state divise tra il presidente espressione del Comune di Torino e il vicepresidente espressione del Comune di Reggio Emilia. Ma senza una sostituzione con un nuovo amministratore delegato, oggi Genova e la Liguria risultano totalmente irrilevanti”, scrivono in una nota i segretari dem, Simone D’Angelo e Davide Natale. E le recenti parole del presidente Luca Dal Fabbro, in un’intervista, “confermano non solo il venir meno di qualsiasi ruolo di Genova e della Liguria nella gestione di una delle più importanti multiutility italiane, di cui è il principale azionista, ma anche che la necessaria nomina di un nuovo amministratore delegato non sia incredibilmente all’ordine del giorno, condannando nei fatti Genova e la Liguria all’irrilevanza all’interno dell’azienda”.

A questa irrilevanza, sostengono gli esponenti del partito di Elly Schlein, “si è arrivati progressivamente, a partire da quando un anno fa, con la scelta di Signorini, il sindaco Bucci aveva accettato che l’amministratore delegato perdesse deleghe strategiche come quelle al personale, alla finanza e alle relazioni con gli investitori, che invece i patti parasociali assegnavano proprio all’amministratore delegato. Una situazione assurda per chi ha sobbarcato i genovesi di un mutuo milionario decennale nel 2018 per diventare primo azionista di Iren, senza che questo abbia però portato ad alcun reale ritorno per la città e per la regione”.

Il Pd rileva che “Iren gestisce servizi di primaria importanza per il nostro territorio e sono oggi nel limbo progetti in diversi settori cruciali da cui dipende il futuro della Liguria tutta. Ma questo al centrodestra non sembra minimamente interessare”. In questo contesto, sostengono D’Angelo e Natale, “pare assurdo doversi appellare agli altri azionisti. Ma di fronte all’incapacità mostrata dal Comune di Genova, siamo costretti a rivolgerci alle amministrazioni di Torino e Reggio Emilia affinché venga ripristinata la normalità nella governance aziendale, tornando così a dare rappresentanza in Iren anche gli interessi dei cittadini genovesi e liguri”. Insomma, toccherebbe (anche) a Stefano Lo Russo Marco Massari, entrambi del Pd, farsi carico di ristabilire gli assetti interni. Una richiesta che, tralasciando aspetti singolari e irrituali trattandosi di una società quotata, tradisce una visione municipalistica e persin campanilistica, proprio quello che nel corso della sua più recente evoluzione Iren ha tentato con fatica di lasciarsi alle spalle. La sensazione, purtroppo confermata da una serie di atti aziendali, è che si stia procedendo a ritroso, tornando a una governance parcellizzata (lottizzata) dai municipi e dalla politica. Un disegno scellerato che procede con la benevola disattenzione (e forse con qualche accondiscendenza) dello stesso management.

Negli ultimi cinque anni Iren ha cambiato cinque volte la guida operativa: da Massimiliano Bianco, artefice della maggiore crescita mai registrata dal gruppo, a Gianni Vittorio Armani, che resta in carica dal 2021 al 2023 e poi rassegna le dimissioni. Ne segue un breve interregno di Dal Fabbro, che intanto gestisce in prima persona l’acquisizione di Egea, finché non viene indicato come nuovo ad Paolo Emilio Signorini. È la fine di agosto dello scorso anno. Ma il nuovo arrivato dura meno di un anno, finché non finisce in carcere, travolto dall’affaire Toti e poi viene licenziato dall’azienda. Ora il timone è tornato nelle mani del presidente che ha rilevato gran parte delle deleghe dell’ex ad, le altre sono state dirottate sul vice emiliano Moris Ferretti a cementare ulteriormente quel “patto” tra i due che finora ha retto le sorti della società. Si sono trovati subito d’accordo: l’uno impegnato a costruire il monumento di se stesso e crearsi relazioni e opportunità per il prosieguo della carriera (Dal Fabbro, soprannominato dai detrattori “Re Sola”), l’altro micragnoso fino allo spasimo nel racimolare posti, incarichi, assunzioni a beneficio del suo territorio (Ferretti, in azienda chiamato “il Rapace”).

Non è esattamente nel solco della stabilità che l’azienda si è mossa in questi anni e così forse si possono spiegare anche le difficoltà rispetto alle sorelle A2a ed Hera che hanno avuto performance decisamente superiori dal punto di vista degli utili e dell’efficienza. Bucci, alle prese con seri problemi di salute e ammaccato dalle vicende giudiziarie (in cui, va sottolineato, non è stato raggiunto da alcuna contestazione), ha annunciato di voler nominare entro la fine di agosto il nuovo amministratore delegato. Sarebbe il quarto in tre anni. Il patto di sindacato sottoscritto con Torino e Reggio Emilia assegna a lui la designazione del capo azienda e il primo cittadino non ha intenzione di rinunciare, nonostante manchino pochi mesi alla scadenza degli attuali patti parasociali. Senza neppure provare un minimo imbarazzo per aver imposto un soggetto, Signorini appunto, su cui da più parti erano stati avanzati dubbi, ben prima che le note vicende giudiziarie lo travolgessero.

Tra i nomi che circolano con più insistenza c’è quello di Sonia Sandei, genovese, manager di Enel, responsabile dei progetti di elettrificazione in Italia, data in uscita a settembre. Già un anno fa era nella short list dei cacciatori di teste ingaggiati da Iren, poi la scelta virò su Signorini. Tra i papabili anche il genovese Riccardo Casale, ex Ansaldo, e soprattutto l’ad di Iren Mercato Gianluca Bufo, di origini veneziane con base lavorativa a Genova. Secondo i beneinformati sarebbe proprio Bufo, da tempo “orecchio” di Bucci nella multiutility il preferito.

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