DIRITTI & ROVESCI

Già 65 suicidi, ma per Delmastro il carcere è "la Mecca dei detenuti"

Ma quale affollamento o degrado, per il sottosegretario meloniano i nostri istituti di pena sono il Bengodi dei reclusi. La sparata dopo la visita al Magli di Taranto. Si può parteggiare per gli agenti senza mistificare la realtà. Scalfarotto: "È un talebano" - VIDEO

Una Mecca per i detenuti. È perlomeno surreale l’immagine che il sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro ha offerto del carcere ieri al termine della visita presso l’istituto di pena Bruno Magli di Taranto. “Ho incontrato gli agenti di polizia penitenziaria, non sono abituato ad entrare negli istituti penitenziari per recarmi alla mecca che è il detenuto”. Un quadro che stride con la situazione a dir poco drammatica dietro le sbarre: celle sovraffollate, carenze igienico-sanitarie, condizioni aggravate dall’afa di questi giorni. E poi quei 65 detenuti che si sono tolti la vita dall’inizio dell’anno e un suicidio è stato scongiurato nelle scorse ore al carcere di Torino.

Il politico biellese, meloniano di ferro, generazione Atreju, rappresenta la linea giustizialista di una destra law and order e non è un caso che sia stato spedito a via Arenula a fare il cane da guardia di un ministro, Carlo Nordio, di sincera fede garantista. Dal Guardasigilli ha ricevuto per delega la responsabilità dell’amministrazione penitenziaria che condivide con l’altro sottosegretario, il senatore leghista Andrea Ostellari: il primo si occupa del personale, il secondo dei “clienti”. E così in questa coppia di gioco a guardie & ladri Delmastro ha preso talmente sul serio il suo incarico da essersi trasformato in un sindacalista degli agenti: li blandisce, partecipa alle loro iniziative, ne prende le parti “a prescindere”, anche di fronte ad abusi se non vere e proprie torture.

La polizia penitenziaria, soprattutto le sigle più destrorse, è un po’ il suo esercito (e bacino di voti), la sua guardia personale, una sorta di famiglia adottiva: non lo lasciano solo neppure a Capodanno, come l’ultimo a Rosazza, dove l’allora suo caposcorta, invitato alla festa con familiari al seguito, è intervenuto in soccorso del genero raggiunto da un colpo partito accidentalmente dall’onorevole Emanuele Pozzolo, sodale di partito del sottosegretario. Un rapporto che cura meticolosamente, fin da quando i novelli agenti fanno il loro ingresso nel corpo. “Chi sono i migliori?”, “Noi, noi, noi, i migliori siamo noi”, li ha galvanizzati durante la cerimonia di giuramento del 190° corso di formazione a Verbania.

“Per tutta la vita Marco Pannella, con il suo corpo nelle carceri, ha lottato per unire la comunità di detenuti e detenenti accomunati dal vivere e subire lo stato di illegalità delle carceri italiane e dalla violazione dello stato di diritto”, ricorda su X Annarita Di Giorgio, ripresa dal renziano Ivan Scalfarotto che annota: “Il carcere non è la Mecca, invece Delmastro è un Talebano”.

print_icon