PALAZZO LASCARIS

Autonomia e ius scholae, in Piemonte la sinistra scende in Aula

Primo round questo pomeriggio sulla riforma Calderoli. Pentenero (Pd): "Cirio si è costituito a difesa della legge senza neanche discuterne prima in aula". Poi sarà la volta della cittadinanza agli stranieri. Governatore tra incudine e martello

Autonomia e Ius Scholae. Le minoranze provano a stanare Alberto Cirio mentre a Roma da settimane il centrodestra si divide. Compito ingrato quello di Cirio che deve barcamenarsi tra il ruolo di governatore e quello di numero due di Forza Italia. Da una parte la necessità di tenere insieme la coalizione, a partire da una Lega in fibrillazione dopo essere passata da prima a ultima forza del centrodestra, e dall’altra l’obbligo di non uscire dal solco – diventato trincea – tracciato in questi giorni da Antonio Tajani: a favore della cittadinanza per gli stranieri che frequentano le nostre scuole e freddo sull’Autonomia senza una preventiva discussione sui lep, cioè i livelli essenziali delle prestazioni.   

“Sullo Ius Scholae Cirio ha più volte dichiarato di essere d’accordo, mi aspetto degli atti formali in questo senso” lo incalza Gianna Pentenero, capogruppo del Pd a Palazzo Lascaris. Porta la sua firma l’ordine del giorno che impegna la giunta regionale a spingere sul governo “affinché venga esaminata e approvata in tempi rapidi una riforma (…) sulla cittadinanza che includa i cittadini stranieri esclusi dall’attuale quadro normativo secondo il principio dello ius scholae”. Un atto politico per insinuarsi nelle divisioni di una maggioranza che sul tema ha espresso chiaramente due posizioni opposte. Una settimana fa, in Parlamento, Azione ha presentato un emendamento sullo ius scholae, ma Forza Italia ha votato contro assieme agli alleati del centrodestra, cogliendone la natura strumentale. Ed è probabilmente quel che accadrà anche nell’aula del parlamentino piemontese, dove l’opposizione respingerà il documento del Pd in attesa di trovare una quadra al proprio interno. Il compito spetta a Tajani, che in un quadro di tale confusione – tra corvi, spie e complotti – dovrà trovare un compromesso con gli alleati a meno di voler alzare sul tema bandiera bianca.

L’ordine del giorno del Pd piemontese sarà discusso la settimana prossima in Consiglio, mentre questo pomeriggio il primo round sarà sull’Autonomia (argomento che ha compattato tutte le minoranze, da Avs a Italia Viva). “Un minimo di garbo istituzionale avrebbe imposto una discussione in aula prima di andare alla Corte Costituzionale”. L’accusa è ancora una volta della capogruppo dem, il riferimento è alla scelta annunciata la scorsa settimana da Cirio, assieme al suo assessore Enrico Bussalino, di costituirsi di fronte alla Consulta a difesa della riforma, assieme ai colleghi governatori di Veneto e Lombardia.

Per contro, il Pd presenta una proposta di delibera con la richiesta di un referendum, sulla scorta dei provvedimenti già adottati da Emilia-Romagna, Toscana, Puglia e Campania, le quattro regioni guidate dal centrosinistra. La bocciatura è scontata, ma a questo punto la partita si è già spostata sulla raccolta delle firme che sta coinvolgendo partiti e sindacati. “Non serve creare venti sanità diverse, venti sistemi scolastici diversi o venti sistemi di trasporto diversi. Come abbiamo sempre sostenuto, occorre trovare venti metodi territoriali compatibili per raggiungere in autonomia, gli obiettivi che rendano omogenei i servizi per i cittadini e le cittadine su tutto il territorio nazionale” afferma il segretario del partito piemontese Mimmo Rossi secondo cui “la riforma Calderoli rappresenta una minaccia per l’unità nazionale”. Ironia della sorte, il partito del governatore in parte la pensa come lui.

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