Cattolici sì, ma non in un solo partito

Ci sono due elementi che accompagnano il cammino dei cattolici italiani nell’attuale fase politica. Da un lato un rinnovato protagonismo politico e culturale, e anche organizzativo, che è il frutto di una nuova consapevolezza sulla necessità di essere nuovamente presenti nell’agone pubblico. Un dato, questo, confermato anche dagli ultimi significativi appuntamenti pubblici che hanno scandito, e sottolineato, questo ritrovato impegno politico di settori crescenti dell’area cattolica nel nostro Paese. E, dall’altro, l’ormai consolidato pluralismo politico ed elettorale dei cattolici, frutto di un lungo percorso che è decollato dopo la fine della prima repubblica e il tramonto della Democrazia Cristiana ma anche, e soprattutto, per la molteplice varietà delle opzioni politiche dei credenti.

Ora, se il rinnovato protagonismo politico dei cattolici è un fatto che indubbiamente contribuisce a qualificare la democrazia nel nostro paese e a ridare credibilità alla stessa politica, è pur vero che adesso si tratta anche di saper condizionare il progetto politico dei rispettivi partiti. E questo per la semplice ragione che la cultura, la tradizione e il pensiero dei cattolici democratici, popolari e sociali continuano ad essere un elemento decisivo per l’intera cultura politica italiana. Ed è anche per queste precise ragioni che oggi nessuno può ergersi ad interprete esclusivo dei cattolici nella geografia politica italiana. E, al contempo, nessuno può distribuire pagelle di coerenza e di fedeltà rispetto alla storia del cattolicesimo politico italiano. Proprio perché il pluralismo è un aspetto strettamente intrecciato con la presenza dei cattolici nella vita pubblica italiana. Ma la vera scommessa dei cattolici nella società contemporanea è quella, però, di non ridursi ad essere “ospiti” nei partiti di appartenenza. O in ciò che resta dei partiti politici. Perché se il tutto si riduce a riproporre, mutatis mutandis, la seppur nobile esperienza dei cattolici “indipendenti di sinistra” all’interno del Pci degli anni ’70 e ’80, equivarrebbe a certificare l’irrilevanza politica e progettuale dei cattolici stessi. Non è più sufficiente ottenere una manciata di seggi parlamentari scambiandola per una presenza protagonistica dei cattolici popolari e sociali nella società politica contemporanea. Occorre ritrovare il coraggio, la capacità e l’intelligenza per ridare voce e sostanza ad una cultura che da ormai troppo tempo vive ai margini della concreta dialettica politica italiana dopo varie fasi storiche di vero protagonismo. E non solo, come ovvio, con la lunga esperienza politica ed istituzionale della Democrazia Cristiana ma anche con i partiti che sono seguiti alla Dc.

Ecco perché, dopo una stagione caratterizzata dal populismo e dal “nulla della politica”, per dirla con Mino Martinazzoli, adesso è arrivato il momento per rilanciare e riscoprire la politica, le culture politiche e forse, auguriamoci, lo stesso ruolo dei partiti politici e democratici. Ed è proprio in questo contesto che non può mancare il ruolo, la funzione e il prestigio di quella cultura politica che ha contribuito, negli anni, a rafforzare la democrazia e le istituzioni nel nostro paese. Oltre a declinare con rara capacità e coerenza una vera e propria cultura di governo.

print_icon