Le cattive riforme

Ci sono delle riforme che vengono ricordate negli anni per la loro inutilità e, soprattutto, per la loro nocività. Tra queste spicca indubbiamente la soppressione delle Province con l’introduzione delle cosiddette “città metropolitane”. Si tratta di una riforma del 2014 varata da quell’ineffabile esponente del Pd che si chiama Graziano Delrio. Perché se c’è una “schiforma”, tanto per citare un termine caro a qualcuno, questa indubbiamente lo è. E per un motivo persin troppo semplice da spiegare. Ovvero, se c’era un ente istituzionale che funzionava alla perfezione vicino alle esigenze e alle richieste dei territori e molto apprezzato dagli amministratori locali – soprattutto dei piccoli e medi Comuni che sono la stragrande maggioranza nel nostro Paese per non parlare del Piemonte – questo era indubbiamente la Provincia. Ancora oggi, in qualsiasi dibattito politico ed istituzionale, viene trasversalmente apprezzata per il ruolo specifico a cui assolveva. Nel raccordo tra i Comuni e la Regione e lo Stato e, nello specifico, per le sue precise e circostanziate mansioni istituzionali.

Una riforma, quindi, che rispondeva ad una domanda populista, demagogica e qualunquista conseguenza dell’esplosione elettorale dei 5 stelle e che vedeva, già in quegli anni, la sostanziale subalternità politica e culturale del Pd a quella deriva antidemocratica. Soppressione delle Province giustificata come un risparmio di risorse pubbliche, e sostituite dalla creazione di enti di secondo livello con elezione dei propri organi a suffragio ristretto, appunto le Città metropolitane.

Ora, al di là della sempre più imbarazzante ed incommentabile “schiforma” di Delrio che ha contribuito a stravolgere l’impianto istituzionale del nostro paese, non possiamo non prendere atto che il Governo, questo Governo, non può più rinviare una necessaria ed indispensabile reintroduzione delle Province. E questo, sia chiaro, non ridimensiona affatto il lavoro, positivo e costruttivo, che stanno facendo il sindaco metropolitano Stefano Lo Russo e, soprattutto e comprensibilmente, il suo vice Jacopo Suppo. Un lavoro di coordinamento e di confronto con i territori e gli amministratori locali che viene svolto con diligenza e tempestività. Ma, come ovvio, il difetto sta nel manico. E cioè sin quando non viene cancellato questa mostruosità legislativa per ritornare al buon funzionamento delle Province a pagarla saranno soltanto i territori. In particolare, i piccoli e medi Comuni. Certo, per fermarsi alla concreta esperienza della ex Provincia di Torino, non possiamo non evidenziare la non gestione del mandato di Fassino per non parlare dell’inesistenza di quella di Appendino che hanno pesantemente contribuito ad aggravare ulteriormente l’assenza di un ente come la Provincia sostituita praticamente dal nulla. E per fortuna, al riguardo, che la gestione Lo Russo/Suppo ha rimesso la macchina in carreggiata seppur con i limiti riconducibili al devastante impianto legislativo.

Ecco perché il ritorno delle Province non può più essere rinviato. Non per il bene delle Province in sé ma per un migliore e maggior funzionamento dei nostri territori.

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