Il Piemonte può volare

Secondo lo studio Ambrosetti sullo stato di salute del Piemonte ci sono buone notizie se raffrontate al pre-covid e il presidente della Regione Alberto Cirio, si gasa. Non ha tutti i torti, ma spesso l’economia e l’industria viaggiano indipendentemente dalla politica e dai governi centrali o locali. Anzi, accade che la politica ostacoli o non sappia cogliere le opportunità per mero calcolo elettoralistico. Il rapporto Ambrosetti ci aiuta a capire, però, che siamo troppo concentrati sull’automotive, settore di certo ancora portante per l’industria piemontese ma che occorre guardare a 360 gradi.

Detto questo, scatta il riflesso di guardare al settore aerospaziale e della difesa ma, ad esempio, pochi analizzano il peso industriale ed economico del settore della costruzione di macchine agricole ed enologiche. Tant’è che si fatica a trovare dati. Da Merlo nel cuneese alla CNHI torinese, fino alla miriade di pmi, abbiamo un settore che tendenzialmente non conosce crisi ed esporta in tutto il mondo. Torino è uno dei maggiori produttori di motori per macchine agricole.

Oggi l’automotive è in profonda crisi ma direi soprattutto Stellantis su Mirafiori, e non aiutano le voci sull’uscita del Ceo Carlos Tavares, anche se non sono da escludere, così come un eventuale arrivo di Luca de Meo non significa automaticamente un accordo con Renault. La domanda se sia necessario un ulteriore processo di integrazione tra costruttori è da porre ben sapendo che più si diventa grandi più Mirafiori e l’Italia diventano marginali ma la sopravvivenza degli stabilimenti è data dai costi, dalla produttività e dalla qualità.

Comunque gli ultimi dati sul settore automotive confermano che il Piemonte continua a essere tra le prime d’Italia della componentistica auto. L’aerospazio invece decolla e si questo dato è evidenziato con toni enfatici, attraverso la previsione di mille assunzioni nei prossimi anni. Per chiarezza e per evitare dibattiti noiosi, successivamente, in Piemonte l'aerospazio è sì Thales ma sopratutto l’aeronautica di Caselle cioè l’industria militare. Siamo tra le Regioni col più importante complesso militare industriale d’Italia e il fatturato e l’occupazione sono trainate dalla progettazione e produzione dell’EFA a Caselle e degli F35 a Cameri. Certamente incide anche l'imponente commessa ed è anche un segno positivo delle piccole imprese che sanno emergere il successo di Argotech nel campo dei satelliti. Bisogna anche sapere che lo studio e la realizzazione dei droni avrà si un effetto e una ricaduta sul civile ma oggi i droni sono uno dei maggiori strumenti di offesa nei conflitti nel mondo.

Non sono mai stato contrario all'industria della difesa che come prevede la Costituzione “consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni”. Quindi è bene non essere ipocriti e sapere da dove viene una buona parte del successo economico, sopratutto dell’export della nostra Regione.

Le aziende aerospaziali della Regione esportano velivoli e componenti negli Stati Uniti (30%), in Germania (25%) e nel Regno Unito (17%). In particolare, la quasi totalità della produzione spaziale dei big player è destinata agli Usa, mentre l'85% della produzione aeronautica va anche verso Europa, Sud-Est asiatico e Medio Oriente. I nostri sistemi d’arma, dai caccia ai droni fino ai sistemi missilistici di difesa, passano e vanno nei Paesi che oggi offrono il maggiore sostegno all’Ucraina e anche a Israele. Ribadisco: con un uso limitato, perché ritengo che gli Ucraini abbiano il diritto a difendersi colpendo basi e infrastrutture militari anche in territorio russo.

In Piemonte, nell’aerospazio, abbiamo circa 450 PMI, 35mila addetti per 8 miliardi di fatturato e uno studio “datato” (2019) del Senato ci dice che “ancora più rilevanti sono i dati relativi al valore aggiunto prodotto dal settore AD&S (Aerospazio, difesa e sicurezza), pari a circa 4,5 miliardi di euro. La cifra arriva a circa 12 miliardi se si calcola il valore aggiunto totale, comprendente anche l’indiretto (4,5 miliardi) e l’indotto (2,5 miliardi). Ne risulta un moltiplicatore economico delle imprese del settore pari a 2.6, ben il 71% in più rispetto alla media dell’economia italiana. In altre parole, per ogni euro di valore aggiunto creato dal settore, si genera 1,6 euro addizionali di valore aggiunto nell’economia. Questo assicura un gettito fiscale di oltre 4,8 miliardi di euro (di cui 1,7 generato direttamente in Italia), con un moltiplicatore fiscale di 2.7. Ciò significa che, per ogni euro di tasse pagate dalle imprese del settore, si generano 1,7 euro addizionali di gettito fiscale per l’intera economia.

Altro dato di eccellenza del comparto Aerospazio e Difesa riguarda gli investimenti in ricerca e sviluppo, che oggi ammontano a 1,4 miliardi di euro, pari al 10% circa degli investimenti complessivi delle imprese italiane in R&D per investimenti in ricerca, ed è l’unico settore insieme a quello legato alla componentistica elettronica, che spende il 10% di fatturato in ricerca e sviluppo. Ciò si traduce in un significativo aumento del capitale tecnologico italiano che, a partire dalle industrie della Difesa, si dipana a tantissimi altri settori, anche, e soprattutto, in ambito civile. Occorre infatti ricordare che molte delle più grandi innovazioni tecnologiche degli ultimi 50 anni hanno avuto la loro prima sperimentazione e sviluppo in ambito militare.

Ma, al netto degli investimenti, la rilevanza del settore AD&S italiano è soprattutto sul piano qualitativo: ad esempio, l’Italia è al settimo posto al mondo tra i produttori di sistemi d’arma complessi. Il settore AD&S presenta quindi un moltiplicatore dell’occupazione pari a 3.6, ben più alto di quello di altri settori chiave del tessuto economico italiano, quali l’automotive (moltiplicatore pari a 2), logistica portuale (1.8) e turismo (1.5). Inoltre, gli occupati del comparto AD&S sono ai vertici per produttività nel sistema economico italiano, dietro solo alla farmaceutica.”

Quindi verrebbe da dire che il Piemonte ha un sistema industriale ben strutturato e che questo non dipende dalla Giunta regionale di turno, anzi, mentre si mette enfasi nei risultati dello studio Ambrosetti non si incide nelle politiche industriale del settore, né a livello locale né nazionale. Infatti nel comparto difesa, al di là delle parole belle ma inutili spese sull’Unione Europea e gli inviti a una difesa comune che presuppone anche sistemi d’arma standardizzati, l’Italia partecipa al futuro caccia in partner con Gran Bretagna e Giappone, due Paesi fuori dall’Unione Europea, mentre Francia, Germania e Spagna costruiscono il caccia europeo.

Una scelta incomprensibile, frutto però di politiche del passato che la politica non ha saputo correggere negli anni. Con buona pace di Draghi, Letta, dei loro documenti e di tutti gli europeisti. L’importante è dire che siamo primi anche se abbiamo fatto poco o nulla per esserlo.

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