Matteo e Silvio uniti nella lotta

L’obbrobrio della riforma del Senato è passato in prima lettura secondo quando stabilito dal patto del Nazareno. Senza i voti di Berlusconi Renzi non sarebbe riuscito in un’impresa che consegna un sistema senza contrappesi riducendo il peso delle opposizioni

Matteo Renzi ha perso una grande occasione per cambiare veramente e in positivo il funzionamento dello Stato e alleandosi con Berlusconi ha scelto il sistema peggiore per cambiare la Costituzione nata dalla Resistenza. I numeri dicono che, senza i voti di Forza Italia, Renzi non avrebbe mai potuto partorire l’obbrobrio del Senato dei nominati e degli impuniti. Quanto è accaduto al Senato dimostra che il premier non va da nessuna parte senza l’appoggio determinante di Berlusconi: niente riforme, niente Italicum, niente soccorso azzurro in caso di probabili sabotaggi Pd in parlamento. Una riforma che ha superato la prima lettura dopo giornate di votazioni dove si è visto di tutto e di più: liti, palesi violazioni delle procedure di voto, l’uso della tecnica del canguro per fare decadere migliaia di emendamenti, eliminazione del voto segreto in decine di votazioni dove era previsto dal regolamento, una conduzione dei lavori da parte del Presidente Grasso a dir poco discutibile e poco rispettosa dei diritti delle minoranze. Insomma una riforma che doveva essere votata e basta grazie a un a patto di ferro tra il nuovo messia della politica e il pregiudicato Berlusconi che ha garantito i numeri necessari durante le votazioni.
 
Il risultato che n’è venuto fuori è un autentico pasticcio costituito da un Senato di cooptati dalle segreterie dei partiti e da una Camera di nominati. Questo è il punto peggiore di un’operazione politica che è stata sorretta fin dal primo momento dalla necessità di consolidare una governabilità senza contrappesi e opposizioni in grado di disturbare il manovratore ossia il governo del momento e per realizzare una sorta di Repubblica del Premier, una precondizione per il futuro dell'Italia come Repubblica Presidenziale. Questo pasticcio che modifica radicalmente il Senato e annulla il cosiddetto bicameralismo perfetto vede (salvo cambiamenti nelle prossime letture) il nuovo Senato costituito da 100 senatori: 74 consiglieri regionali, 21 sindaci, 5 personalità nominate dal Capo dello Stato in carica per sette anni. Costoro non percepiranno un’indennità, ma godranno, come i deputati dell’immunità (impunità) parlamentare. Manterranno il loro posto i senatori a vita già in carica e francamente non se ne comprendono le ragioni considerate le tanto sbandierate necessità di risparmio.
 
Eliminato il più grande dei “mali”, il bicameralismo perfetto, la fiducia al Governo si voterà solo alla Camera che continuerà a essere costituita da 630 nominati strapagati e scelti dalle segreterie dei partiti. A questo proposito sarebbe da capire perché è stato bocciato l’emendamento che proponeva una drastica riduzione dei deputati. Tornando al Senato non avrà più competenza legislativa e potrà votare solo per le leggi costituzionali, le revisioni costituzionali, le leggi sui referendum, la ratifica dei trattati internazionali, le leggi elettorali degli enti locali, i temi etici (quest'ultimi introdotti grazie a un emendamento dell’opposizione passato attraverso il voto segreto). Il Presidente della Repubblica sarà eletto dai 630 deputati e dai cento senatori. Il quorum per la sua elezione viene modificato: maggioranza dei due terzi nei primi tre scrutini, dal quarto è sufficiente la maggioranza dei tre quinti e solo all’ottavo basterà la maggioranza assoluta.
 
Quelli citati sono i punti principali di una riforma che poteva essere fatta diversamente e con il coinvolgimento di tutte le forze in campo (la Costituzione è di tutti), senza misteri e patti segreti (no alle preferenze, la previsione dell’immunità parlamentare, l’elevato quorum per far fuori le minoranze, maggiori poteri all’esecutivo, la non elettività del Senato), senza accelerazioni non necessarie e con il contributo di giuristi qualificati Matteo Renzi ha perso una grande occasione per cambiare veramente e in positivo il funzionamento dello Stato e alleandosi con Berlusconi ha scelto il sistema peggiore per cambiare la Costituzione nata dalla Resistenza.
 
Tre sono i motivi che mi spingono a fare questa considerazione: il primo riguarda il contesto dei lavori. In un momento così importante si è voluto escludere dalla discussione personalità di grande livello per le loro competenze e conoscenze giuridiche. Si è parlato di “allucinazioni e professoroni”, con un atteggiamento di sufficienza verso accademici ed esperti politicamente impegnati. Il secondo motivo riguarda il metodo utilizzato, troppo condizionato da pressioni esterne e dalla disciplina di partito, con cui si sono dettati contenuti, paletti e tempi, decisi fuori dall’aula. Il terzo motivo riguardo il progetto. Come già scritto è un progetto pasticciato e frettoloso: non sono convincenti le motivazioni a sostegno di un Senato non elettivo, le scelte sulle funzioni assegnate a questa Camera, la mancata riduzione del numero dei deputati, l’incertezza circa le garanzie di bilanciamento dei poteri e circa l’effettività del pluralismo della futura rappresentanza parlamentare. Così come non convince il sistema previsto per l’elezione del Presidente della Repubblica e la mancata ricerca di un metodo per acquisire al nuovo Senato personalità di grande prestigio che sarebbero molto utili in un momento di grande crisi economica.
 
Ora la speranza che rimane è che le prossime letture (l’attuale Costituzione ne prevede in tutto quattro) possano apportare modifiche significative all’impianto voluto da Renzi e Berlusconi e previste dal patto del Nazareno. Infine gli italiani, se la riforma costituzionale, non otterrà il voto favorevole dei 2/3 del Parlamento, avranno l’opportunità del Referendum confermativo per respingere una brutta operazione politica che ha visto Matteo Renzi e Silvio Berlusconi appassionatamente uniti nella lotta.

print_icon