Riforma Delrio, uno spot elettorale 

Il riordino delle amministrazioni locali si rivelerà per quello che è: un bluff. Le Provincie non vengono abolite ma sostituite, gli apparati istituzionali vengono tutt'altro che semplificati, la riduzione dei costi della politica è irrisoria se non nulla

La legge 56/2014, chiamata anche Legge Delrio, sulle Città metropolitane, Province, unioni e fusioni di Comuni, ha dato origine ad un nuovo scenario sulle forme di governo del territorio nel nostro Paese. Nelle prossime settimane ogni Comune si troverà nel caos della riorganizzazione dell'ordinaria amministrazione e i cittadini saranno privati del diritto di voto offuscato da questa legge incostituzionale. Una legge surreale, utile a creare uno spot elettorale che è solamente un bluff. Gli assurdi effetti che si ripercuoteranno sul territorio testimoniano a tutti coloro che hanno applaudito questa legge come rivoluzionaria che in realtà si tratta solo di fumo che peggiorerà l’esistente.
 
Le Provincie non vengono abolite ma sostituite, gli apparati istituzionali vengono tutt'altro che semplificati, la riduzione dei costi della politica è irrisoria se non nulla. Favorita l'ordinaria pratica, che non crede nell'elezione diretta e nel coinvolgimento dei cittadini ma nella nomina accomodante e talvolta amichevole, Sindaci di aree più vaste che governeranno per 1330 comuni che non hanno mai conosciuto e per oltre 12 milioni di cittadini che non li hanno mai votati e probabilmente mai lo potranno fare. Questa legge è fortemente in contrasto sia con gli articoli 1 e 114 della nostra Costituzione sia con l'automatismo che intercorre tra Sindaco della città capoluogo e sindaci dei comuni della città metropolitana poiché non consente ai suoi cittadini di poter esprimere il proprio pensiero ed il proprio giudizio.
 
Il pensiero espresso democraticamente dai cittadini alle ultime elezioni per il rinnovo del rispettivo consiglio provinciale è drammaticamente accantonato: i mandati di tutte le giunte provinciali vengono interrotti prima del tempo. Un pericoloso vulnus senza precedenti nella storia democratica del nostro Paese. In questa legge mancano la funzionalità, l'efficacia e l'efficienza, principi fondamentali dell'azione dello Stato sul territorio. Le ricadute sul territorio sono devastanti, sia dal punto di vista dell'amministrazione sia della rappresentatività. Con l'attuazione di questa legge vengono penalizzate le piccole e medie realtà locali, quelle montane e collinari poiché saranno private di una voce nel Consiglio metropolitano. Così in questi comuni i servizi di trasporto, gli investimenti in sicurezza stradale e in edilizia scolastica rischiano di subire una netta riduzione. L'ordinaria amministrazione come la gestione dei rifiuti può divenire sottostante alle decisioni del consiglio metropolitano e non più del Sindaco comunale.
 
Non è da sottovalutare la possibilità che i debiti dei Comuni più popolati vengano distribuiti a carico di tutti gli altri. Ma in questi mesi tutte le testate giornalistiche, sull'onda delle dichiarazioni entusiaste di tutti i parlamentari democratici, titolano l'immediato risparmio portato dall'abolizione delle provincie con la Legge Delrio. Menzogne, non c'è alcun risparmio, anzi. Ecco sfatato questo mito renziano: le Province spendono, e quindi costano, in media 10 miliardi di euro l'anno per funzioni e servizi ai cittadini, circa l'1,5% della spesa pubblica complessiva. Di questi 10 miliardi, poco più di 8 rappresentano le spese ordinarie e i restanti 2 miliardi sono il costo dei dipendenti e delle cariche politiche. Abolendo le Province si evince che almeno otto miliardi di euro, rappresentando una spesa ordinaria e necessaria per garantire servizi essenziali ai cittadini, debbano essere spesi da "altri enti". Questi 8,6 miliardi sono i costi derivanti dalla manutenzione delle scuole e la formazione professionale (due miliardi), territorio, urbanistica e viabilità (due miliardi), mobilità e trasporti (un miliardo), ambiente (un miliardo), centri per l'impiego (un miliardo), cultura, sport, turismo, servizi sociali (un miliardo). I restanti due miliardi, come citato in precedenza, servono per il pagamento degli stipendi dei dipendenti. Analizziamo: il costo medio di ogni dipendente in provincia è di 41.000 euro l'anno (contro i 58.000 di un dipendente regionale): questo costo per la Delrio non viene abbattuto ma rinviato a non si sa bene chi. Il costo abbattuto è invece quello della democrazia inteso come Presidente, assessori e consigli provinciali che per ciascun italiano è pari a 1,77 euro l'anno. Prima delle ultime manovre, infatti, tra presidenti, assessori e consiglieri erano 4000 gli eletti nelle Province, per un costo pari a 113 milioni di euro. Dopo le ultime manovre: la 78 del 2010 e la manovra di metà agosto 2011 del Governo Monti hanno mutato i numeri del personale politico delle Province destinato ad arrivare a 1.774 unità e quindi è variato anche il suo costo: 35 milioni di euro circa l'anno. Il braccio destro di Matteo Renzi parla di un risparmio che porterà questa riforma di quasi 2 miliardi e una riduzione delle cariche politiche (tra questi i consiglieri provinciali che non saranno più eletti).
 
La verità è che il risparmio è irrisorio poiché è pari al solo costo delle cariche politiche. Lo confermano anche i dati della Corte dei Conti che parlano di soli 35 milioni di risparmio immediato, che sono infatti l'abolizione del solo costo che oggi le Province spendono per indennità e gettoni di presenza. Anche secondo la Cgia di Mestre che analizza i dati regione per regione (si va da un minimo di 2,11% di risparmio sul totale di spesa per il Friuli Venezia Giulia ad un massimo di 8,97% per la Sardegna) il risparmio è di quasi 35 milioni di euro, che rappresentano un sassolino rispetto all'entità della spesa totale. Non solo il riparmio è irrisorio ma potrebbe anche trasformarsi in un aumento dei costi. La commissione Bilancio del Senato, infatti, ha anche avanzato osservazioni sul rischio che con questa legge aumentino i costi per lo Stato. "Non può escludersi – si legge – la duplicazione di costi e funzioni” dalla norma che “consente l’elezione diretta del sindaco e del Consiglio delle Città metropolitane”: Legge 56/2014 art. 1 comma 22. Oggi, mentre la maggior parte dei vertici locali dei partiti sono impegnati a stringere accordi per ottenere più poltrone possibili all'interno dei nuovi enti, a noi italiani è tolto il diritto di parola e di scelta dei nostri rappresentanti locali divenuti un esercito di nominati utile ai soli beceri favoritismi. Tutto ciò accade in un silenzio assordante e criminale che pugnala la Democrazia. L'Italia si desti.

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