Se sommaria (e politica) non è giustizia

E' ancora possibile stare in una società dove non esistono modelli di comportamento univoci? Ogni tanto qualche solone addirittura parla di opportunità, di questione morale. Ma chi è il giudice delle opportunità? Chi dà le pagelle?

Il cerchiobottismo, la doppia morale, ed il doppiopesismo dilagante. Sappiamo tutti che la “Regola” in natura non esiste. Non c’è una regola perenne, eterna, universale, o accettata da tutti. Le regole sono inventate dall’uomo (uso il termine uomo per semplicità, ma intendo l’essere umano ), a proprio uso e consumo. L’uomo le crea, le disfa, le cambia, le modella. Sono norme di comportamento, per regolare la vita in società. E l’uomo le modella al proprio interesse, al momento storico, al luogo, ma soprattutto all’interesse di chi governa, adattando le regole alle circostanze. Per fare un esempio per tutti, pensate che soltanto non molti anni fa, esisteva il delitto d’onore, e chi uccideva, specialmente se veniva colto in flagranza e per tutelare l’onore, non era punibile. Sta di fatto che le regole cambiano in continuazione, purtroppo o per fortuna. In una società moderna, però, che si definisce democratica, è una vera catastrofe avere regole non certe, applicabili secondo il caso, spesso a convenienza, interpretabili ad usum Delphini, addomesticate secondo il momento ed i destinatari. Ma veniamo al punto.
 
 
La regola Principe è la Costituzione. Allora bisogna capirsi una volta per tutte. Esisteva prima la presunzione di innocenza. Adesso si parla di presunzione di non colpevolezza. Comunque sia, un individuo non è colpevole di reato, finché non viene condannato in via definitiva. Allora, o noi siamo convinti di questo, ed io sono un fervente ed accanito sostenitore di questa tesi, o bisogna in fretta cambiare la Costituzione. Ma finche la “regola” è questa,e la Costituzione è vigente, va applicata a tutti senza distinzioni, senza manfrine, e senza doppie morali, a seconda della convenienza. Bisognerebbe allora scegliere una strada certa, una corsia universale ed estesa a tutti, senza distinzioni. È necessario ristabilire la certezza, quindi, non solo del diritto, ma del comportamento, delle ripercussioni, e delle conseguenze. Io sono un garantista convinto, e lo divento sempre di più, assistendo alla canea generalizzata, diffusa, alla strumentalizzazione su tutto, alla politica del sospetto, alla costruzione del dubbio, al doppiopesismo.
 
 
Oggi siamo arrivati già ai processi mediatici, con sentenza, condanna ed esecuzione immediata. Senza possibilità di difesa, e nel migliore dei casi con marchio d’infamia a vita. Roba da Medioevo. Tempi in cui bastava un sospetto, per mandare al rogo chi era tacciato di stregoneria. Oggi è sufficiente un avviso di garanzia, o una semplice indagine per rovinare l’esistenza ad una persona. Addirittura, oggi basta un articolo sui giornali, per distruggere carriere, famiglie, reputazioni, dignità e futuro delle persone. E quando poi, dopo anni magari, si scopre che l’indagato era innocente? O quando l’accanimento avviene addirittura contro gente non indagata? E quando l’assoluzione arriva dopo che uno nel frattempo ha perso la famiglia, la professione, la carriera, e l’immagine è stata macchiata a vita, chi paga tutto questo? Come si ricostruisce quello che è stato distrutto? Ma ancora più grave è che tutto questo spesso viene fatto a senso alternato e secondo convenienza. E si può vivere in una società (Democratica?) dove non esiste una morale comune, condivisa ed univoca?
 
 
Facciamo qualche esempio per capirci. In Emilia, l’ex Governatore è stato rinviato a giudizio. Premetto che per me è innocente fino a giudizio definitivo. Quindi ancora non colpevole. È stato condannato, non definitivo, ed i vertici del Pd, gli hanno chiesto di rimanere al suo posto. Mi spiegate perché invece con Cota (a parte la storia delle firme) ancora non condannato neanche in primo grado, c’è stata una canea con manifestazioni eclatanti per chiedere le sue dimissioni? La candidata alle primarie della Sardegna, ha stravinto. La gente voleva lei, nonostante l’indagine, già risaputa. Per il Pd sardo non andava bene. Era indagata. Di diverso avviso però il Pd nazionale l’ha promossa a Sottosegretario. In contemporanea, però, un Sottosegretario del NCD, non indagato (si era aperta una questione che riguardava il figlio) si è dovuto dimettere, perché il Pd ha ritenuto che era opportuno e giusto così. Si è dovuta dimettere la Cancellieri, neanche indagata, la De Girolamo, mentre per altri Sottosegretari, indagati, il Pd ritiene che vada bene così.
 
 
Ho letto sui giornali ed apprezzato l’intervento di Morri, garantista come me, che pur manifestando fiducia agli indagati o rinviati a giudizio, sottolineava una incoerenza: due persone iscritte al Pd, macchiate solo dal sospetto, dalle illazioni, dalla canea (sono stati messi al rogo come accadeva per i presunti stregoni) sono stati sospesi dal partito. E che dire poi delle Regionali. Correva voce che chi era semplicemente indagato, non poteva neanche candidarsi nelle liste del Pd. E se ora, malauguratamente qualcuno verrà rinviato a giudizio che succede? Scatta la doppia morale? Si intraprende la strada della fiducia incondizionata per convenienza?
 
 
Secondo voi, che leggete, è ancora possibile stare in una società dove non esistono modelli di comportamento univoci? Ogni tanto qualche solone, addirittura parla di opportunità, di questione morale. Ma chi è il giudice delle opportunità? Chi dà le pagelle? Chi può stabilire cosa è opportuno e cosa no, quando le ricadute sono devastanti sulla vita di una persona? Secondo me, la riforma più urgente di cui ha bisogno questa società, è trovare dei codici di comportamento, univoci, universali, ed inviolabili. Non si può vivere nell’ambiguità, con regole non certe, e con doppi pesi e misure adottati secondo convenienza. Occorre trovare unità di intenti e di comportamenti, perché se non c’è certezza del diritto, non c’è certezza di nulla. C’è la giungla e la legge del più forte, ed è normale che nell’egoismo più sfrenato, ognuno si senta abilitato ad urlare al “si salvi chi può”.

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