Piazza San Giovanni, Roma (Grecia)

C'è qualcosa che non funziona nella gestione dell'ordine pubblico durante le manifestazioni di piazza. Negli ultimi dieci anni sono stati commessi troppi errori

E’ la storica piazza del concerto del primo maggio, quella delle manifestazioni di partito, quella dove la “sfida sui numeri” (organizzatori/questura) si fa più accesa, e talvolta comica. E’ oggi però qualcosa di diverso, è la piazza degli scontri: il 15 ottobre dei black block al corteo degli indignados, dieci mesi prima quella dei black block alla manifestazione degli studenti. Già, sempre loro, il blocco nero, ma forse, in questa occasione, quello vero. E i primi ad accorgersene sono state le forze dell’ordine. Questa volta non erano semplici universitari, non c’era neanche qualche infiltrato; questa volta non era un casco o una felpa con il cappuccio ad affrontare le forze di polizia, era lo Schwarzer Block, erano quelli veri.

 

E il deficit dei baschi blu, neri e verdi si è notato. Impotenti di fronte a bottiglie, bastoni, segnali stradali, petardi; impotenti di fronte ad una sassaiola fittissima. Una piazza romana che improvvisamente diventa greca. La scene viste e riviste ad Atene si ripetono (clamorosamente) al di là dell’Adriatico, nella nostra capitale, lasciando impreparati i manifestanti e, soprattutto, chi quella piazza avrebbe dovuto gestirla. Non è una Genova che si ripete, è forse peggio, perché per l’ennesima volta raccontiamo scene che non vorremmo vedere. Nel 2001 un carabiniere ausiliario, Mario Placanica, spara perchè la sua jeep è lasciata sola, aggredita dai manifestanti sfiniti dalle continue cariche; nel 2010 un furgone della Guardia di Finanza è abbandonato, un agente viene assaltato, impugna la pistola, ma stavolta, fortunatamente, non spara; nella San Giovanni greca tutto si ripete: un Fiat Ducato dei Carabinieri rimane solo, e viene dato alle fiamme.

 

Segnali evidenti che forse, nella gestione dell’ordine pubblico, c’è qualcosa che non funziona. Chiare dimostrazioni che di fronte alle violenze dure di chi non condivide non solo questo governo, ma anche questa forma di governo, la preparazione è scarsa se non nulla. Tutti segnali che rivelano la necessità di una discussione seria sulla gestione delle Forze dell’Ordine in Italia, perché in dieci anni troppi errori si sono ripetuti. Democratizzazione, formazione, responsabilità: una ricetta necessaria per prevenire simili situazioni in futuro, per combattere l’ostilità comune verso la forza pubblica e per dare la certezza che ogni azione perpetrata nelle piazze, da entrambe le parti, non resterà impunità. La democratizzazione è necessaria nella struttura, la formazione è utile alla base, la responsabilità dovrebbe prevedere anche le dimissioni per chi non ha saputo gestire la situazione “ellenico-romana”. Ma su quest’ultimo punto i dirigenti di Polizia sono giustificati, non hanno avuto esempi migliori dai loro predecessori o da chi attualmente siede a Palazzo Chigi.

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