Precari, nessuna guerra tra poveri

I 210 dipendenti della Regione che chiedono la stabilizzazione non sono ragazzotti alle prime armi, ma colleghi con esperienza e professionalità. E non hanno avuto privilegi

Siamo un gruppo di funzionari della Regione Piemonte, tutti di ruolo, cioè a tempo indeterminato, molti più o meno anziani e più o meno prossimi alla pensione, e quindi appartenenti ad una generazione che non ha avuto (o se ha avuto ha superato) problemi di precariato, tempo determinato, prospettiva di perdita del posto di lavoro, ecc. Crediamo che ciò non sia né un titolo di merito né una colpa: è semplicemente un dato di fatto. Abbiamo letto su “Lo Spiffero” la lettera della collega dell’Assessorato alla Sanità Maria Stella Marino, che definisce i 210 colleghi con contratto a tempo determinato che la Giunta Regionale sembra intenzionata a non rinnovare “tutti raccomandati” e beneficiari di un “privilegio” per “avere avuto la possibilità di lavorare con un contratto per 3 anni”.

 

Chi - senza conoscere la situazione reale e senza conoscere queste persone, quelle che ne sono state le vicende umane e gli iter professionali - legge la lettera della collega Marino, ne deriva l’impressione che i 210 dipendenti regionali con contratto a tempo determinato siano un branco di ragazzotti e ragazzotte, tendenzialmente fannulloni ed incapaci, ma tutti con qualche “santo” protettore, e che un giorno, tre anni e qualcosa fa, mentre se ne stavano comodamente sdraiati sul divano del salotto, abbiano ricevuto una telefonata che li informava che per loro, in Regione, era stato bandito un concorso ad hoc, e che altro non avevano da fare che presentarsi. Una vicenda comoda e tranquilla, ben diversa da quella tormentata ed irta di difficoltà vissuta dalla collega Marino.

 

La realtà è molto diversa. In primo luogo queste persone non sono né ragazzotti né ragazzotte: i più giovani tra loro sono sui trentacinque anni, ma molti/e sono ultraquarantenni, cioè hanno un’età anagrafica di poco inferiore a quella della collega Marino, un’età alla quale, se perdi il lavoro e lo stipendio, non puoi certo pensare di ritornare a vivere con la paghetta di papà e mamma. La paghetta, anzi, molti di loro si trovano nella condizione di doverla dare ai propri figli, essendo già papà o mamma essi stessi. Per la maggior parte di questi colleghi a tempo determinato, in secondo luogo, il contratto triennale che va ora a concludersi non è affatto stata, data anche la loro età anagrafica, la prima esperienza lavorativa. La maggior parte di loro, infatti, prima di ottenere il contratto triennale, ha svolto lavori temporanei (co.co.co, ecc.), alcuni già in Regione, altri presso altri Enti, aziende ed istituti.

 

La maggior parte di loro, quindi (esattamente come la collega Marino), ha vissuto, e per lungo tempo, le incertezze e le angosce della precarietà, che ora si ripresentano loro in modo ancor peggiore. Quando hanno sostenuto e vinto il concorso per i posti a tempo determinato, quindi, già avevano acquisito esperienza e professionalità. Quell’esperienza e professionalità senza le quali, dal Luglio prossimo, diversi uffici regionali cesseranno di fatto di funzionare, essendo qui la presenza e l’attività dei tempi determinati essenziale ed insostituibile. Il concorso che questi colleghi a suo tempo sostennero, inoltre, era si per un tempo determinato di tre anni, ma in attesa di una revisione della pianta organica, di cui tutte le analisi organizzative indipendenti effettuate avevano riconosciuto la necessità, e che le numerose note recentemente inviate da Direttori e Dirigenti all’Amministrazione confermano.

 

Alcuni di loro, è vero, sono stati “raccomandati”. Ma non da politici, sotto-politici, porta-borse o faccendieri vari. Sono stati raccomandati, se così si può dire, dalle Istituzioni (Università, Politecnico, Corep) in cui avevano ottenuto lauree superiori, dottorati, master, ecc. Questa è la vera vicenda dei 210 dipendenti della Regione Piemonte con contratto triennale, questo il vero quadro della questione. Alla collega Marino vorremmo dire che, per quanto dura e difficile sia stata la vita che una persona ha fatto, per quanto grandi siano state le difficoltà che ha dovuto superare, per quanto poche siano state le gratificazioni che ha avuto (e non è certo lei la sola a cui tutte queste cose sono capitate), tutto ciò non è una buona ragione per essere indifferenti (o peggio per gioire) delle disgrazie e delle difficoltà altrui. Le guerre fra poveri, d’altra parte, sono sempre state una cosa assai stupida, e di esse ha invariabilmente goduto chi povero non è.

 

* Giuseppe Amadore, Antonella Cappa, Luca De Antonis, Mauro Falco, Paolo Ghisleni, Maria Governa, Roberto Leone, Matteo Massara, Daniela Moro, Massimiliano Petricig, Valeria Piacentini, Elena Porro, Roberto Righero, Enrica Ros, Anna Maria Scardicchio, Gian LuigiTruff.

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