CHE STORIA

Tutta Torino balla(va)

Una città felice, che guarda oltre le macerie, a lutto eppure viva quella raccontata da "Dopoguerra", il bel volume di Avagliano e Palmieri. Al suono di un'orchestra o di un grammofono tornava la vita e si progettava il futuro

“Tutta Torino balla”.  Non oggi, ma 74 anni fa. Una città felice, anche se colpita nei suoi palazzi, nelle fabbriche, nelle vite di migliaia di persone. Una città felice, che guarda oltre le macerie, a lutto eppure viva. È Torino pochi giorni dopo la fine della guerra. “Tutta Torino balla” è il meraviglioso titolo apparso sull’Unità del 23 giugno 1945 che – quando ancora il giornalismo era quasi sempre racconto appassionato -, sintetizza così il clima di quei giorni. Racconta il cronista: “Si balli pro Tizio, pro Sempronio l’essenziale è che si balli. Dopo un’astinenza di anni è tanto bello poter muovere le gambe al suono di un’orchestra o di un grammofono, allacciati stretti, stretti possibilmente a una bella e formosetta fanciulla. Ed è anche più che logico. È la gioventù dei vent’anni che ha molto sofferto della guerra che non ha potuto sfogare il suo desiderio di gioire”.

È uno dei passaggi più belli forse dell’ultimo libro di Mario Avagliano e Marco Palmieri: Dopoguerra. Gli italiani fra speranze e disillusioni (1945-1947), appena pubblicato da il Mulino, che racconta tre soli anni della nostra storia, ma tre anni cruciali per tutti noi. Storici di razza, Avagliano e Palmieri confermano con questo libro la passione non per le carte polverose (paradigma di una vecchia e antipatica storia), ma per la vita che dietro a queste si nasconde e quindi per la vera storia: quella che parla di noi oggi, ricordando quanto è accaduto ieri e l’altro ieri.

I mesi appena dopo la conclusione del secondo conflitto mondiale, dunque, sono passati al vaglio dei due autori non tanto dal punto di vista delle vicende politiche e militari, ma da quello della gente: donne, uomini, ragazze, ragazzi, bambini, vecchi, reduci, in una parola gli italiani. Tutti accomunati da un sentimento: non solo mettere da parte il più in fretta possibile il passato, ma raggiungere il più velocemente possibile il futuro.

Il libro scorre via veloce come quei mesi. Chi legge apprende di una vita normale che rinasce. Della luce nelle strade piuttosto che – appunto – del ballo per le strade, ma anche degli spettacoli, dei cinema che riaprono, della ricostruzione che parte, del nuovo ruolo delle donne, dei giornali a disposizione, della sensazione di libertà. Cose anche semplici che proprio una torinese ricorda nel libro: “Ballavamo tutti (…) su certi posti che poi erano diventati, o li avevano fatti diventare piani, per esempio in via Po, in via Montebello dietro alla Rai, addirittura organizzavano delle serate danzanti, talmente era la contentezza di ritornare ad avere nessuno che ti diceva niente, nessuno che ti diceva: ‘Rientra a una certa ora la sera’”. Ma non è solo festa l’Italia di quegli anni. I due autori raccontano anche dell’economia che stenta ma alla fine riparte. Anche da Torino, ovviamente. E non solo con l’auto. Proprio da Torino, infatti, non molto tempo dopo l’atto costitutivo di Alitalia (che si chiamava ancora Alii, Aero linee italiane internazionali), il 5 maggio 1947 decolla il primo volo di linea. Raccontano Avagliano e Palmieri: il “Torino-Roma-Catania, con un trimotore Fiat g.12 denominato Alcione, pilotato da Virgilio Reinero, sul quale campeggia la scritta col nome della compagnia e il simbolo delle freccia alata che a partire dal 1948 sarà il primo logo dell’azienda. A bordo ci sono 18 passeggeri, il costo del biglietto si aggira sulle 7.000 lire”.

Certo, Avagliano e Palmieri non nascondono nulla. Nel libro quindi si legge anche delle innumerevoli rese dei conti, della difficile e complessa convivenza fra noi e gli occupanti, dei primi vagiti di una democrazia che per troppo tempo sarà comunque ancora fragile e a rischio, del bisogno spasmodico di aiuti, della povertà e della sofferenza, del sudiciume, di tutto ciò che una guerra si porta dietro per un tempo troppo lungo. Eppure si va avanti e nei capitoli, vi si trova così anche il racconto dei primi passi della Repubblica: le elezioni amministrative, il referendum, l’Assemblea costituente, i dilemmi dell’assetto politico e della scelta di campo fra est e ovest, le lotte nelle fabbriche e nelle campagne.

Dopoguerra è un libro pieno di forza e di gioia. Quella forza e gioia che i nostri nonni e i nostri genitori avevano. Bellissima la foto in copertina: tre ragazze al lavoro, quella in primo piano volge lo sguardo al fotografo, gli occhi fissano l’obiettivo, la fronte appena increspata di rughe, un sorriso accennato, le mani sporche di lavoro. Avagliano e Palmieri hanno scritto un racconto tutto da leggere e da leggere tutti: noi nipoti e figli di quelle persone e loro, i nostri nonni e i nostri genitori. Noi per apprendere; loro per ricordare. Tutti insieme per capire meglio quanto è stato fatto. Ed esserne orgogliosi.

print_icon