Ai cattolici mancano i leader

È inutile girarci attorno. La crisi della presenza politica dei cattolici democratici, popolari e sociali non è solo ed unicamente riconducibile al tramonto del partito dei cattolici italiani, cioè la Dc; o alla scarsa fortuna dei partiti che sono succeduti alla Dc; o al cambiamento di linea e di prospettiva della Chiesa italiana negli anni o, in ultimo, al cambiamento radicale della società italiana e al peso ormai largamente marginale della cultura cattolica. Certo, tutti questi elementi hanno contribuito all’impoverimento complessivo dei cattolici nella vita pubblica italiana.

Ma c’è un fatto da cui non si può prescindere. E cioè, la sostanziale mancanza oggi di veri, autentici e riconosciuti leader politici di matrice cattolica. Detta con altre parole, l’assenza di leader politici cattolici. E, per fermarsi al solo Piemonte, anche se si tratta di personalità che hanno segnato e condizionato con il loro “magistero” politico, culturale ed istituzionale l’intero Paese, ne ricordo solo tre: Carlo Donat-Cattin, Guido Bodrato, Oscar Luigi Scalfaro. Ma l’elenco, come ovvio, sarebbe molto più lungo ed articolato: da Edoardo Calleri di Sala a Giuseppe Botta, da Giovanni Porcellana a Gian Paolo Brizio a moltissimi altri. Certo, era un altro contesto politico, culturale, sociale e forse anche etico – o, come si dice in gergo, era un altro mondo – ma è indubbio che l’assenza di leader riconosciuti, importanti ieri come oggi, pesa in modo determinante nella sostanziale irrilevanza dei cattolici nella politica italiana. E questo per la semplice ragione che, oltre alla chiara e definita provenienza culturale, si trattava di leader che non solo erano autorevoli riferimento per tutta la galassia cattolica ma rappresentavano anche una sorta di “educatori” laici della comunità di riferimento. Per fare un solo esempio concreto, quando uomini come Donat-Cattin e Bodrato intervenivano – e lo facevano molto spesso! – su questioni politiche importanti e delicate per tutti i cittadini, lo stesso mondo cattolico prestava una forte attenzione alle loro argomentazioni e riflessioni. A prescindere dalla loro condivisione o meno. Si trattava, cioè, di leader – e nel caso specifico erano anche statisti – che rappresentavano realmente una cultura, seppur variegata al suo interno, e soprattutto erano interpreti autorevoli di un pezzo della società italiana. Per questi motivi attorno ad ogni loro intervento o scritto decollava un confronto ed un approfondimento più generale.

Cosa è rimasto di tutto ciò oggi? Purtroppo, poco o nulla. Ma nulla è irreversibile o definitivo. Come ovvio. Anche perché viviamo in una società dove anche la politica è in rapida e continua evoluzione e transizione. Ma, quando si discute di questi temi non possiamo non avanzare un’ultima riflessione. E cioè, nuovi leader e nuovi riferimenti politici e culturali per l’area cattolica italiana – seppur molto plurale al suo interno – nascono se dallo stesso mondo cattolico arrivano stimoli, attenzione, formazione, preparazione e invito concreto alla partecipazione attiva. E non solo appelli general/generici, confusi e velleitari. Anche perché, come diceva sempre Sandro Fontana, storico ed ideologo politico della “sinistra sociale” di Carlo Donat-Cattin, “se non arrivano munizioni dalle retrovie è difficile resistere in prima linea”. Una metafora alquanto calzante per dire che senza allestire una classe dirigente preparata e qualificata prima o poi si precipita nella irrilevanza e nella inconsistenza politica come cattolici. Un epilogo che, purtroppo, si è puntualmente avverato.

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