INTERVISTA

Gavio: "Preparare il dopo virus, ora"

Non facciamoci illusioni su una riedizione del "miracolo italiano": la ripresa va costruita con pragmatismo mentre affrontiamo l'emergenza sanitaria. Salvare la pelle e predisporre un piano di interventi per economia e lavoro. E sburocratizzare

“Non ci sarà un ritorno a prima dell’epidemia. Ci sarà un dopo. Togliamoci dalla testa che quando questa emergenza finirà si tornerà esattamente a com’era prima”. Tortona, la prima zona rossa del Piemonte, è a una manciata di minuti da Castelnuovo Scrivia, il paese di appena cinquemila abitanti dove una delle più grandi holding industriali delle costruzioni di grandi opere, della logistica e delle gestioni autostradali, con affari in diversi continenti, ha sempre mantenuto testa e radici. Qui a cavallo tra le due guerre mondiali Marcello Gavio, trasporta sementi e granaglie su carri trainati da cavalli,poi  negli anni Sessanta e prima ancora nella ricostruzione di un’Italia in ginocchio l’azienda di famiglia cresce, molto. Sono gli anni del boom. C’è chi spera accadrà anche dopo questa durissima prova.

“Non cediamo alla retorica e alle illusioni. I nostri nonni hanno combattuto una guerra vera, con sacrifici enormi, altri tempi e altre tempre. Si tirarono subito su le maniche. Da questa guerra che, a parte chi sta nella trincea degli ospedali, si combatte in casa, seduti sui divani o a fare la fila al supermercato, temo uscirà un Paese depresso. Economicamente e moralmente. Bisogna fare di tutto per evitarlo”. Beniamino Gavio, pronipote del capostipite che trasportava frumento sui carri, è al vertice di un gruppo internazionale che in quell’anomalia delle radici nel paese racconta anche un attaccamento alla terra, campi e città da settimane con le notti e i giorni squarciati dalle sirene delle ambulanze. Ne ha donate sette, oltre a tre milioni di euro come gruppo alla Regione Piemonte, uno come holding e un altro attinto dal patrimonio di famiglia destinato specificatamente a Tortona. “Abbiamo fatto quello che abbiamo ritenuto indispensabile fare”.

Dottor Gavio, cosa bisogna fare adesso? C’è chi sostiene che prima occorra risolvere l’emergenza sanitaria, poi riavviare a fatica l’economia, chi chiede di riaprire il prima possibile le attività.
“Adesso si tratta di salvare vite umane. Quindi massima attenzione e disponibilità da parte del sistema produttivo per mettere nelle condizioni quello sanitario per poter operare nelle migliori condizioni”.

Quindi l’economia può, deve attendere?
“No. Per l’economia non c’è un dopo l’emergenza, ma un assieme. Dobbiamo pensare fin da ora a cosa servirà per la ripresa con una consapevolezza. Non si potrà tornare indietro, non ci sarà un ritorno ma un dopo. Qualcosa che inevitabilmente modificherà radicalmente i nostri sistemi di produzione, commerciali e distributivi. La stessa mobilità delle persone come delle merci subirà una radicale trasformazione. Ripeto, togliamoci dalla testa che quando finirà questa emergenza si tornerà esattamente a come eravamo prima”.

Come il sistema imprenditoriale deve prepararsi e nel contempo reggere questa situazione che non si sa quanto durerà?
“Appunto, visto che abbiamo questo tempo di sospensione, facciamolo fruttare, utilizziamolo per coinvolgere tutte le realtà produttive per attivare un piano di ripresa. Sul Piemonte c’è il complesso delle infrastrutture, a partire dall’annosa questione dell’Asti-Cuneo, ci sono filiere da ripensare, serve progettare un piano per la sicurezza, sui posti di lavoro e del territorio. E poi bisogna essere pronti alle emergenze, partendo dal fatto che dando retta retta agli scienziati non è affatto detto che con questo virus, una volta che il contagio sarà fermato, e tutti speriamo avvenga presto,si debba fare i conti ancora per molto ancora e che magari possa ripresentarsi nei prossimi mesi. Dobbiamo essere pronti. Anche per questo dico che il dopo non potrà essere come prima”.

Questa pandemia ha portato alla luce grandi prove di generosità diffuse, un sentimento di comunità, ma anche carenze e lacune.
“È vero, ci ha detto quel che si sapeva ma che molti non volevano ammettere, ovvero che è arrivato il momento di tornare a un’economia reale. Si è dato troppo peso e spazio alla finanza”.

Il vostro è un gruppo che opera in vari continenti, che idea ha dell’Europa in questa emergenza anche economica?
“Quella di un grande assente. Detto questo, non possiamo esimerci dall’assumerci delle responsabilità, come classe dirigente, la politica come l’imprenditoria. Ci sono tante cose da rivedere. Le faccio un esempio che può apparire banale…”.

Dica.
“Se non ce ne fossimo accorti noi avvisando il ministero, dove in questi giorni c’è praticamente un solo dirigente, Felice Morisco, non si sarebbe sospesa la gara per l’Ativa con tutte le conseguenze possibili che si sarebbero potute produrre”.

La burocrazia.
“Ecco, quel dopo che sarà, dovrà vedere una forte sburocratizzazione. Indispensabile. Purtroppo lo vediamo anche in questa emergenza sanitaria, il reperimento delle attrezzature, le difficoltà che si ripercuotono su chi lavora senza sosta negli ospedali, rischiando moltissimo”.

Voi gestite una parte notevole della rete autostradale, operate nella logistica e nelle costruzioni. Quanto peserà la crisi?
“Stiamo elaborando delle previsioni in base alle quali saremo costretti a prendere decisioni. Lo Stato dovrà venirci incontro, ma questo non significa che da parte nostra ci sarà uno scarico sulla collettività, saremo i primi a dimostrarlo. Sapremo fare la nostra parte, ma chiediamo al decisore politico, si chiami Regione o Governo, scelte coraggiose e trasparenti. Servono e serviranno interventi di carattere straordinario. Ci sarà chi non ce le farà ad arrivare alla fine del mese, bisognerà salvaguardare posti di lavoro, ma inevitabilmente bisognerà attuare misure straordinarie a supporto delle persone, delle famiglie che hanno perso tutto”.

Lei vive in una delle zone, fino ad oggi, più colpite dal virus in Piemonte.
“È vero. Qui da subito medici, infermieri, tutti hanno dato e stanno dando il massimo fin dal primo giorno. Bisogna avere piena fiducia in loro, deve averla la politica. Guai se non seguisse la scienza. Piuttosto la politica deve studiare un piano per ripartire”.

Chinino di Stato?
“Meglio il chinino di Stato che l’olio di ricino”.

Come prevede la ripresa?
“Il virus si è innestato su un corpo italiano già malato. Per questo la ripresa sarà graduale, ma lenta. Molto lenta”.

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