EMERGENZA SANITARIA

Meno decessi e ricoveri, "Covid a casa" funziona

Nel giorno più nero del Piemonte, arrivano risultati incoraggianti dal programma di cure domiciliari attivato nell'Alessandrino. L'obiettivo è intervenire prima possibile ed evitare l'ospedalizzazione. Un piano che verrà esteso a tutta la regione

Più di mille morti. Quella che, con un termine forse utilizzato per distanziare dalla tragica realtà, viene definita la soglia psicologica del numero di decessi per coronavirus è stata oltrepassata: 1.018 vite portate via dal Covid19, giacché finalmente si è smesso con l’assurda e irriguardosa pantomima del “morto con il coronavirus” o “per il coronavirus”. Ieri sera il bollettino ha segnato un picco che nessuno avrebbe voluto mai vedere in Piemonte: 94 morti. Il giorno più nero. E una geografia che mostra come la malattia, per ora, non osservi sempre un rapporto di proporzione con la popolazione. L’Alessandrino con 193 vittime ne conta più della metà rispetto a quelle di Torino dove i decessi sono 382.

Ma è proprio dalla provincia più colpita, quella dove a Tortona ha visto aprire il primo Covid hospital del Piemonte, che arrivano i primi risultati di un protocollo di terapia. Risultati confortanti, ma che pongono anche l’interrogativo sul perché questo sistema non lo si sia adottato in maniera diffusa quando ancora i numeri non erano quelli di oggi, ma la gravità e la diffusività del virus era più che nota, così come l’emergenza del sistema ospedaliero finito ben presto con il mostrare lo scarso numero di posti, soprattutto di terapia intensiva.

Su 156 ammalati, curati a casa con idrossiclorochina, solo per tre si è reso necessario il ricovero e uno ha perso la vita. Sono i numeri del protocollo “Covid a casa” avviato a metà marzo nel distretto sanitario di Acqui Terme e Ovada, un bacino di circa 70mila abitanti, adesso esteso a tutta la provincia e, chissà, probabilmente anche al resto della regione, come ha annunciato di voler fare l’assessore alla Sanità Luigi Icardi.

Diagnosi precoce ai primi sintomi anche senza attendere i tempi per il tampone, immediato avvio della terapia a casa, controllo da parte dei medici di famiglia: questi, in estrema sintesi, i passaggi del protocollo e i punti di forza di un approccio che non solo sembra ridurre in maniera importante l’aggravarsi del quadro clinico che spesso avviene intorno al settimo, ottavo giorno dall’insorgenza dei primi sintomi, ma avrebbe come effetto anche la riduzione di ricoveri, necessari proprio quando le condizioni si aggravano. “I dati preliminari che emergono da queste settimane, sono incoraggianti”, spiegano, con la necessaria cautela, i medici che seguono il protocollo elaborato da Paola Varese, primario oncologo che colpita da Covid ha applicato su di sé questa terapia prima di trasformarla in progetto, Claudio Sasso, Gianfranco Ghiazza, insieme al primario di infettivologia di Alessandria Guido Chichino.

Quel due per cento di ospedalizzazione, che dovrà essere confermato nella prosecuzione e nell’ampliamento del protocollo terapeutico, è uno degli aspetti che ha convinto l’Asl a chiedere e ottenere dall’Unità di Crisi regionale l’autorizzazione ad estendere su tutto il suo territorio questo tipo di cura. Cura che ha come attori principali i medici di medicina generale e da lunedì anche le Usca, le Unità speciali di continuità assistenziale: sono loro a seguire a casa il paziente, ovviamente in isolamento fino a quando il tampone ripetuto accerta la negativizzazione al virus o, nei casi in cui la situazione lo richieda, al ricovero in ospedale.

“Occorre far sì che l’approccio sia il più rapido possibile, questo protocollo più si applica in maniera precoce, più è efficace”, ricorda Clemente Ponzetti, coordinatore dell’emergenza per l’Asl Alessandrina che ha accelerato per estendere la terapia domiciliare a tutta la provincia. Già, agire in fretta. Non è solo la peculiarità del “Covid a casa”. È ciò che anche nell’applicare protocolli terapeutici come questo, si deve e si sarebbe dovuto fare.

Il primo caso di coronavirus in Piemonte risale al 22 febbraio, la prima vittima al 4 marzo. Oggi i contagiati accertati con tampone sono oltre 10mila. E poi quei morti, più di mille. Tanti, specie negli ultimi giorni, nelle case di riposo. E proprio lì nelle Rsa, dove i pazienti sono più fragili e la vita di comunità accentua i rischi, oltre che a casa sarà applicato il protocollo terapeutico che, aggredendo il più in fretta possibile gli effetti del virus, potrebbe ridurre il numero di ricoveri negli ospedali del Piemonte dove a ieri, erano 456 i pazienti in terapia intensiva.

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