EMERGENZA SANITARIA

Icardi contro tutti: "Non esiste un caso Piemonte"

Ma oggi la regione è seconda per numero di nuovi casi e decessi: davanti c'è solo la Lombardia. L'assessore gioca sui termini di mortalità e letalità per nascondere l'esiguo numero di tamponi. In attesa di scoprire quanti sono i decessi non ancora certificati

“Non c’è nessun caso Piemonte”. La Regione rispedisce ai mittenti ogni addebito nella gestione dell’emergenza sanitaria da Covid e prova ad allentare la pressione con una videoconferenza dall’Unità di crisi tenuta dall’assessore alla Sanità Luigi Icardi. Lo fa nel giorno dell’ennesimo affondo dell’Ordine dei Medici e dopo che da giorni viene certificata una situazione decisamente caotica: nella gestione dei tamponi, negli approvvigionamenti dei dispositivi di protezione e persino nella comunicazione dei dati come emerso dal pasticcio di lunedì in cui l’assessore al Welfare Chiara Caucino aveva parlato di 1.300 casi di positività su 3mila test effettuati nelle Rsa, salvo poi fare retromarcia il giorno dopo. “Sui dati sono state dette delle falsità” ha detto Icardi e sì che lo sanno coloro ai quali è venuto un mezzo coccolone due giorni orsono a sentire che un paziente su due nelle case di riposo era stato contagiato dal Covid. L’assessore però ce l’ha coi giornali e con chi dipinge un Piemonte in ambasce a fronteggiare l’epidemia. “La mortalità rapportata al numero di abitanti è inferiore alla media nazionale, i dati sono diversi da quelli che ho visto pubblicati”.

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Il Piemonte per numero di decessi – ha rimarcato Icardi – è sotto la media nazionale con 3,3 morti ogni 10mila abitanti, un dato inferiore a quello di Liguria, Emilia Romagna, Marche, Lombardia, Trentino, e Valle d'Aosta”. Da giorni, citando il caso Piemonte, che probabilmente con buona pace dell’assessore c’è, si è puntato l’indice verso il rapporto tra i decessi e i positivi certificati, quello che viene definito il tasso di letalità dell’epidemia. Il Piemonte è tra le regioni in cui quel rapporto risulta più alto, intorno al 10% dopo aver incrementato negli ultimi giorni il numero di test. Senza citare sempre il solito Veneto, in cui la letalità del virus è del 5%, basta andare in Toscana a vedere dove è del 6% o in altre regioni in cui si è utilizzata una politica dei tamponi a più ampio spettro volta a individuare i positivi (anche asintomatici) per isolarli e contenere così il contagio. “Chi fa più tamponi non ha meno morti” ha tagliato corto Icardi, secondo cui “il Consiglio Superiore di Sanità ha detto in modo perentorio di non fare i test agli asintomatici”. Andrebbe allora spiegato il perché di tanti annunci e marce indietro da parte di Alberto Cirio che il 4 marzo aveva assicurato 4mila tamponi al giorno, obiettivo non ancora raggiunto dopo due settimane. Il 17 marzo aveva annunciato 55mila tamponi per tutto il personale sanitario: è passato quasi un mese, a che punto siamo?

Non solo: oggi, stando ai dati della Protezione Civile, il Piemonte è la seconda regione per numero di nuovi casi: +540 rispetto a ieri. Davanti c’è solo la Lombardia (+1.089). E resta alto il numero dei morti: 59 quelli registrati oggi, sempre secondo la Protezione Civile. Anche qui superiamo l’Emilia Romagna (54) e Veneto (41), Liguria (34), Toscana (23) e Marche (22). Un’altra domanda a cui dovrebbe rispondere Icardi è questa: quanti sono i deceduti piemontesi – nelle Rsa, in casa o altrove – cui non è stato fatto il tampone e che probabilmente sono morti di Covid? Non ci resta che attendere qualche mese per verificare di quanto è aumentato il numero dei decessi rispetto agli anni scorsi. Magra (e tragica) consolazione.

E chissà se anche queste, come affermato con una certa arroganza da Icardi, sono “conclusioni da bar”. Secondo l’assessore alla Sanità la curva dei contagi in Piemonte “ha raggiunto il tetto e sta lentamente calando”. Ma poiché dal punto di vista epidemiologico il Piemonte è considerato “una coda dell’epidemia lombarda con otto-dieci giorni di ritardo”, la curva “inizierà a scendere di più fra qualche giorno”, motivo per cui non si è sbilanciato sui tempi di un possibile ritorno alla normalità. “Tutte le pandemie hanno un andamento sinusoidale decrescente con riprese periodiche. Sarà così fino a quando avremo il vaccino, che potrà finalmente interrompere il ciclo. Ritornare alla normalità di prima di allora è difficilmente ipotizzabile, ritornare a una normalità disciplinata, con misure come mascherine e distanziamento sociale, mi sembra più fattibile. In ogni caso deciderà il Governo in quanto la Sanità è una competenza concorrente dove l’ordinario spetta alle Regioni e lo straordinario allo Stato”.

Altro aspetto i letti di terapia intensiva: “I posti sono più che raddoppiati, da 287 a quasi 600, con uno sforzo encomiabile della rete ospedaliera di cui dobbiamo andare orgogliosi. Non c’è stato nessuno che non sia stato curato correttamente”. Icardi è poi ritornato sulla questione dei dispositivi di sicurezza individuali: “Abbiamo creato un centro di acquisti a supporto delle Asl, abbiamo acquistato all’estero dove si è potuto, in quanto molti Stati hanno chiuso le frontiere, consegnato agli ospedali quello che abbiamo acquisito in quanto siamo responsabili del servizio sanitario regionale. Abbiamo fornito mascherine a Rsa, farmacisti, medici di base, protezione civile, forze dell’ordine, avviato gare tramite Scr. Tutto muovendoci in quadro normativo ordinario che non consente alla Pubblica amministrazione i pagamenti in anticipo”. Ma allora perché medici, infermieri, Oss, volontari e persino sindaci continuano a lamentarsi? La risposta è scontata: “Ovviamente, le difficoltà di approvvigionamento sono le stesse per tutte le Regioni”.

Anche sulla questione Rsa, Icardi scarica la patata bollente, affermando subito che si tratta di “strutture private”, tralasciando il fatto che vivono tutte o quasi in regime di convenzione con il pubblico. “Stiamo dando a queste 700 strutture tutto il sostegno possibile. È sbagliato dire che non c’è stata una regia”. Di certo ci sono gli esposti alla magistratura. Abbiamo dato linee guide e fornito mascherine, chiesto di non far entrare i parenti e di indossare i dispositivi di protezione. Abbiamo creato una task force di sostegno, e fatto un bando per assumere personale per loro. E abbiamo chiarito che si trova anche un solo contagio si devono fare i tamponi a tutti, ospiti e operatori”.

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