EMERGENZA POLITICA

Cirio assediato in casa sua: FI e FdI contro le restrizioni

I deputati azzurri Napoli e Ruffino chiedono a Cirio "il coraggio e la chiarezza che non ha avuto Conte". Il meloniano Bongioanni: "Non possiamo diventare i colpevoli della morte del sistema produttivo cui finora abbiano riservato solo parole". L'ira dei ristoratori

Mentre Matteo Salvini e il centrodestra protestano contro Palazzo Chigi per il mancato allentamento delle restrizioni, nel Piemonte governato da Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia Alberto Cirio mostra il pugno di ferro e aumenta ancor più la stretta: niente take away per ristoranti e pizzerie, nessuna possibilità di raggiungere le seconde case di campagna o nei centri montani. Una linea del rigore presa su sollecitazione degli esperti consultati per avere conforto sull’evoluzione dell’epidemia: “I medici e gli scienziati ci dicono che è necessario in questo momento mantenere una linea di rigore”, ha spiegato annunciando una frenata rispetto persino alle timide aperture del Governo a partire dal prossimo 4 maggio. Una posizione che è parsa a molti, anche all’interno della sua stessa maggioranza, non solo stridente rispetto a quanto chiede a livello nazionale  il centrodestra ma persino “poco in sintonia” con quel Paese reale ormai stremato da due mesi di lockdown. A riprova viene segnalato come un “grave inciampo” l’aver giustificato l’esigenza di mantenere misure più restrettive con quanto è avvenuto in “alcuni quartieri di Torino in cui si sono già create situazioni complesse dal punto di vista dell’ordine pubblico”. Episodi che hanno visto come protagonisti frange di anarchici e non certo commercianti: “Non sa manco dove vive”, commenta un esponente di Forza Italia.

Sono sconcertati i parlamentari azzurri Osvaldo Napoli e Daniela Ruffino, i quali, dichiarano di aspettarsi “da Cirio il coraggio e la chiarezza mancati al presidente del Consiglio”. E poi, nello specifico, affermano: “Vietare il consumo di cibo take away o ritardare la riapertura di bar, parrucchieri, ristoranti, centri estetici significa amplificare i danni già terribili subiti dal tessuto economico e sociale della nostra Regione”. Insomma, serve riaprire, pur tenendo presenti le regole “a cui i cittadini si sono ormai abituati in questi due mesi”. Il governatore, concludono i due, dovrebbe “ascoltare l’appello dei rappresentanti della piccola e media impresa, per capire il fiato grosso in cui si trovano molte aziende. Ritardare la riapertura, oltre ai problemi sanitari, significa piegare le ginocchia alla ripresa economica”.

Parlano al Governo Conte ma perché intenda quello Cirio, invece, i deputati azzurri Claudia Porchietto e Carlo Giacometto, che sollecitano ad ascoltare “il grido d’aiuto che si è elevato da parte degli esercenti”, auditi stamane alla Camera. “Parliamo dei tanti ristoratori, albergatori, artigiani, venditori ambulanti, parrucchieri e centri estetici che in questi giorni chiedono a gran voce di poter riaprire perché non sanno ancora quanto resisteranno. Gli imprenditori – sottolineano – sono comprensibilmente stanchi dell’atteggiamento che il Governo ha avuto in queste settimane, dato che non ha fatto altro che arrogarsi con prepotenza il diritto di disporre della vita degli italiani senza confrontarsi con nessuno”.

A livello sanitario il Pirmonte è evidentemente indietro rispetto a quasi tutte le regioni italiane e in gran parte la responsabilità è proprio in capo a chi ha gestito l’emergenza. La prudenza di Cirio appare dunque un’implicita ammissione di responsabilità: la curva epidemica è in ritardo, continuano a ripetere dalle varie task force, ma come si spiega dal momento che è stata una delle prime regioni a essere colpita e tutte le altre – Lombardia compresa – manifestano segnali confortanti di regressione?

Il governatore è assediato anche a Palazzo Lascaris, a protestare ci sono pure gli alleati. Mentre attende l’investitura all’incarico di capogruppo, dopo la promozione in giunta di Maurizio Marrone, il fratello d’Italia Paolo Bongioanni dice chiaramente che “i take away in Piemonte non devono restare chiusi” e chiede a Cirio di “rivedere con estrema urgenza” le sue posizioni. Un fronte di cui tenere conto anche perché sono già due i partiti che protestano e presto potrebbe accodarsi anche la Lega che sul tema è la più dura nel contestare Giuseppe Conte sul fronte romano: “La situazione epidemiologico-sanitaria del Piemonte – prosegue Bongioanni – è grave e tutti ne abbiamo coscienza, ma anche noi vedremo la luce in fondo al tunnel: già oggi, scorporando i dati delle Rsa, vediamo che i nostri numeri non sono così lontani da altre regioni. Non possiamo essere noi i colpevoli della morte di un sistema produttivo al quale al momento oltre alle parole non abbiamo dato altro”. Un attacco frontale anche nei confronti del piano annunciato dalla giunta sulla fase 2. “Non possiamo permettere – aggiunge – che le misure restrittive per le riaperture siano scritte a tavolino da cattedratici, ignorando completamente il mondo reale e senza considerare il confronto con le confederazioni della piccola media impresa, che, non mi stancherò mai di ripeterlo, sono la struttura portante dell'economia della nostra regione”.

Un attacco a Cirio arriva anche dai ristoratori: “Continuiamo a non capire perché dovrebbe essere più pericolosa una fila davanti a un ristorante di quelle che ogni giorno si formano davanti a una macelleria o a una qualsiasi delle altre attività per le quali è consentita l’apertura. Nell’ovvio rispetto delle distanze e di tutte le precauzioni necessarie, la differenza non c’è” dice Fulvio Griffa, presidente di Fiepet, la Federazione dei pubblici esercizi di Confesercenti. Griffa rinnova l’appello al governatore “affinché cambi il suo orientamento e consenta ai pubblici esercizi di compensare, almeno in piccola parte, le perdite dovute a un blocco dell’attività ogni giorno più insostenibile e che rischia di mettere in pericolo la sopravvivenza stessa di molte aziende. Un’altra cosa non capiamo – aggiunge –: il decreto del governo è stato annunciato sabato, mentre solo ieri il presidente Cirio ha ipotizzato una linea più severa. Ma nel frattempo molti colleghi si sono organizzati e hanno proceduto con acquisti in vista del 4 maggio. È questo il modo di gestire le informazioni? Una linea sbagliata nel merito e nel metodo, che speriamo venga corretta al più presto”. E proprio a seguito della decisione di far slittare a giugno la riapertura, le attività del centro di Torino rompono il silenzio per protestare contro le istituzioni. Questa sera centinaia di ristoratori, baristi e pasticceri alzeranno le serrande e accenderanno le luci delle loro attività. E qualcuno, domani, consegnerà le chiavi del locale alla sindaca. Un gesto simbolico, per accendere i riflettori sulla situazione difficile in cui versano le attività di somministrazione, tra le più colpite dall’emergenza coronavirus. Il flash mob è stato lanciato dal Coordinamento delle associazioni di via del Centro, che rappresentano 1.100 attività, ed ha il sostegno dell’Ascom. 

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