FASE 2

Il lockdown ha fermato un'impresa su due

Il 44% ha bloccato l'attività dal 22 marzo al 4 maggio. Perse 20 milioni di giornate lavorative. Particolarmente penalizzati terziario e manifattura. I dati dell'Osservatorio Ripartenza dell'Ires

Quasi la metà della imprese del Piemonte ha cessato le proprie attività con il lockdown, più precisamente il 44%, per un numero di addetti che superava il 53%. A ieri, invece, risultavano ancora ferme il 19% delle imprese e il 14% degli addetti. Un dato che lascia intendere come le prime a riaprire siano state in particolare le aziende medio-grandi. La distribuzione per provincia è omogenea rispetto alla popolazione (leggermente più penalizzata Biella e meno Asti). Considerando l’intero periodo di emergenza, dal 22 marzo fino al 14 maggio, e senza considerare le attività che hanno beneficiato della deroga, il totale delle giornate perse ammonta a quasi 20 milioni, di cui circa la metà in provincia di Torino. La distribuzione per settore vede la perdita di giornate concentrata nel terziario e nell’industria manifatturiera, che da soli totalizzano i tre quarti delle perdite. A oggi sono tornati al lavoro (o non hanno mai smesso) 1.183.167 addetti su un totale, prima della crisi, di 1.370.759. La mobilità dei piemontesi è pari al 40,8%, a dimostrazione di una lenta ripresa del lavoro e della vita sociale.

È quanto emerge dal primo rapporto dell’Osservatorio Ripartenza dell’Ires, illustrato questa mattina al Gruppo di monitoraggio della Regione per la Fase 2, cui partecipano i presidenti di Provincia, i sindaci delle città capoluogo e un rappresentante dell’Unità di crisi, che ha il compito di monitorare l’andamento della situazione socio-economica del territorio in relazione alle misure assunte per l’epidemia e il loro graduale allentamento.

I mancati ricavi – si legge ancora nel rapporto Ires – sempre calcolati sulla stima massima di fermo lavorativo, hanno colpito soprattutto il terziario (fra cui commercio, alberghi, ristorazione, attività editoriali): -43%. Seguono i servizi privati finanziari ( agenzie di viaggio e immobiliari) che hanno avuto una contrazione dei ricavi del 33%. Forte perdita anche per le costruzioni. Infine, l’industria manifatturiera e i servizi alla persona (istruzione, assistenza sanitaria, biblioteche, attività sportive). La geografia regionale dei mancati ricavi segue la concentrazione territoriale delle società e la distribuzione per province è sostanzialmente proporzionale alla popolazione residente. La provincia più penalizzata è Biella, con 5 giornate di lavoro perse per abitante e la meno penalizzata Asti, con 3,9.

Le iscrizioni di nuove attività presso le Camere di Commercio a marzo 2020 sono state soltanto 1.875, mentre nello stesso mese del 2019 erano state 2.814. Ad aprile la forbice si è ampliato ulteriormente: solo 919 contro le 2.384 nello stesso mese del 2019. I settori che più hanno contribuito al rallentamento delle iscrizioni sono state il commercio ed il comparto delle costruzioni.

Per quanto riguarda il prestito alle imprese, il Piemonte, rispetto alle altre regioni d’Italia, vi ha fatto ricorso in maniera pressoché proporzionale alla propria popolazione: è 4a in graduatoria per numero di operazioni (7.555). Metà del finanziamento totale è assorbito da operazioni inferiori a 25mila euro. Alto l’utilizzo dello smart working, soprattutto nella pubblica amministrazione, dove afine aprile era pari al 77,3% del totale.

Gli spostamenti dei cittadini piemontesi verso i parchi e le aree verdi, già diminuiti durante i primi quindici giorni di lockdown, hanno subito un’ulteriore flessione, in seguito alle misure previste dall’ordinanza del Ministro della Salute del 20 marzo. Già nell’ultima settimana di aprile, prima dell’allentamento delle restrizioni, si è assistito a una ripresa degli spostamenti verso aree verdi, che, nei giorni, successivi al 4 maggio, sono tornati quasi ai livelli medi del periodo precedente. Gli spostamenti sono avvenuti in prevalenza utilizzando il mezzo di trasporto privato, sia per la riduzione delle corse di trasporto pubblico locale, sia per il timore di contagio dei cittadini nell’usufruire dei mezzi di trasporto collettivi.

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