REGIONE

Lega e Fratelli d'Italia ai ferri corti,
Cirio nella morsa degli alleati

Lo scontro sulla Ru486 è solo l'ultimo episodio di uno stato di conflittualità permanente che connota il centrodestra piemontese. Il governatore "apolide" in balia degli eventi fatica a tenere saldo il timone. I riflessi sulle amministrative di primavera

Mossa consapevolmente azzardata, affermazione ideologica o sottile provocazione dell’alleato? Probabilmente è un po’ tutto questo la sortita di Maurizio Marrone con l’annuncio, qualche giorno fa, di un cambio di rotta del Piemonte sulla pillola abortiva Ru486 limitandone l’utilizzo all’ambito ospedaliero. Certamente il rumore all'esterno e la tensione alle stelle all'interno della compagine di governo regionale non sono mancati. Il da poco ex capogruppo di Fratelli d’Italia in consiglio regionale, approdato alla guida di un assessorato (peraltro non competente sul tema), ancora ieri ha ribadito la sua intenzione di tenere il punto nonostante la decisa frenata e contestuale aggiustamento di rotta del governatore Alberto Cirio e, non meno rilevante, della Lega. Marrone non potrebbe fare altrimenti per evitare un troppo evidente e rapido rientro nei ranghi, ma è chiaro come la sua linea sia stata bruscamente e, a quanto pare, definitivamente interrotta.

Archiviata, per il momento, la riforma in senso decisamente restrittivo (e foriera di cori di proteste da vari fronti) sostenuta dall’esponente del partito di Giorgia Meloni, resta politicamente interessante l’analisi delle genesi di questo lancio del sasso nello stagno all’improvviso e ancor più delle reazioni suscitate all’interno del centrodestra. Soprattutto tenuto conto del fatto che Marrone ha scelto per la sortita i giorni a ridosso del voto nelle sette Regioni che misurerà il distacco tra il suo partito e quello di Matteo Salvini in una competizione interna i cui risultati avranno inevitabili conseguenze, comprese quelle sulle decisioni di candidati sindaci nelle grandi città dove si voterà la prossima primavera e, quindi, anche Torino.

Il rilievo oltre i confini regionale della corsa in avanti e su una strada diversa da quella del principale alleato da parte del giovane ma navigato politico di destra si è compreso subito. Non solo per il rimbombo della notizia, quanto e ancor più per la gestione della vicenda subito avocata dai massimi vertici nazionale della Lega cui non è sfuggita la delicatezza della questione e il suo possibile impatto alla vigilia della conta dei consensi con i Fratelli d’Italia, peraltro da tempo impegnati anche e soprattutto in Piemonte in una arrembante campagna acquisti di amministratori locali.

Sarà, infatti, il segretario regionale e capogruppo a Montecitorio Riccardo Molinari a dettare, subito, la linea (e probabilmente poco dopo anche la nota del capogruppo a Palazzo Lascaris Alberto Preioni), frenando bruscamente la corsa solitaria di Marrone e rivendicando quell’approccio laico alla questione che avrebbe fatto dire allo stesso Salvini: “Lasciamo che siano le donne a scegliere della loro vita e del loro futuro”. Presa di distanza pure dall’assessore alla Sanità Luigi Icardi, anch’egli leghista, con la puntualizzazione circa il mancato approdo dell’argomento sul suo tavolo e quello della giunta.

Per non dire di Cirio, cui spetterà in quelle ore concitate e di tensione escludere che la questione sia all’ordine del giorno, ribadendolo a un ministro Francesco Boccia che lo aveva chiamato allarmato. Ma il governatore non tranquillizza soltanto il ministro, prima ancora (e per lui ancora più importante) tranquillizza proprio la Lega, legittimamente preoccupata e non meno irritata dall’annuncio di Marrone. Nulla di più lontano dall’apparire emuli dell’integralista Mario Adinolfi e scontrarsi con quell’anima laica del centrodestra, questa la sincera preoccupazione del governatore e dell’azionista di maggioranza della coalizione che non hanno fatto fatica ad annusare aria di provocazione nell’annuncio di Marrone.

La sua stessa sgrammaticatura istituzionale – il non aver discusso prima con i colleghi di giunta e, più ancora, con il presidente della questione messa rumorosamente sul tavolo – è difficile da addebitare all’inesperienza politica, cosa che non gli appartiene di certo. Da qui a immaginare strategie impostate ai vertici nazionali ce ne passa e forse la spiegazione più logica può ricondurre all’hanimus politico di Marrone, da sempre attratto da battaglie identitarie e ideologiche più ancora che dall’amministrazione cui, peraltro, oggi è chiamato come assessore. Mossosi più come ancora capogruppo, piuttosto che come componente della squadra di governo (con i limiti conseguenti), ha inconsapevolmente offerto il destro alla Lega di sottolineare al governatore come la stragrande maggioranza delle norme regionali recentemente impugnate dal Governo siano quelle sulla semplificazione e sui privilegi a residenti in Piemonte vadano proprio ricondotte all’esponente di spicco del partito della Meloni.

Fuori di dubbio che, pur avendo Cirio rassicurato la Lega che la modifica della norma sull’utilizzo della pillola abortiva non avrà seguito, la vicenda abbia provocato una frizione non trascurabile tra le due principali forze della maggioranza i cui esiti si potranno valutare con più elementi (magari qualche sorpresa) dopo il voto di domani e lunedì. Quanto la stessa questione potrà pesare sull’eventuale passaggio del governatore tra le fila meloniane – ipotesi che resta in campo, pur anch’essa legata a quali rapporti di forze nel centrodestra scaturiranno dalle urne – è un’ulteriore incognita.

Tra le poche certezze sembra emergere il superamento di quella spartizione delle candidature a sindaco per le grandi città in cui si voterà in primavera e, dunque, la per nulla scontata golden share riservata al partito di Salvini per Torino. Quanto le carte saranno rimescolate nel tavolo nazionale dipenderà dall’esito che si avrà dalle urne lunedì sera. E anche questo, il guardare alla partita che si giocherà per indicare chi dovrà correre per provare a far guidare per la prima volta il capoluogo al centrodestra, spiega come la vicenda aperta da Marrone oltre ad avere provocato fibrillazioni in Regione, forse non sia rubricabile solo come una semplice voce fuori dal coro diretto da Cirio.

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