VERSO IL 2021

Forza Italia cala l'asso per Torino, Porchietto pronta a candidarsi

Al tavolo del centrodestra Tajani farà il nome della parlamentare ed ex assessore regionale. Ecco perché alla fine, delle cinque grandi città chiamate al voto in primavera, ai berluscones potrebbe toccare proprio il capoluogo piemontese. Damilano ormai defilato

Sfrondato dalle dichiarazioni di rito e dalla velina fatte filtrare appena dopo il faccia a faccia negli uffici del Senato, il retroscena dell’incontro fra Paolo Damilano e Matteo Salvini svela uno scenario assai diverso. Diverso rispetto a quello dell’imprenditore propenso ad accettare la proposta di candidarsi, pur prendendo tempo e ponendo ancora alcune riserve, così come quello che, per sua stessa ammissione, lo avrebbe portato a Roma per illustrare “il grande interesse che la società civile torinese manifesta nei confronti delle dinamiche future che porteranno alla scelta del sindaco di Torino”. Compito ammirevole, se solo fosse vero.

L’incontro di mercoledì mattina, al quale ha partecipato anche il segretario regionale Riccardo Molinari, in realtà, non avrebbe prodotto significativi passi in avanti, limtandosi a registrare che, per ora, “Damilano non si è tirato fuori”. Però le sue perplessità crescenti e le richieste avanzate, avrebbero indotto i massimi vertici leghisti a mettere seriamente in conto la concreta eventualità di dover rinunciare al piano costruito sull’imprenditore dell’acqua e del vino. Non roba da mandare nel panico Salvini e Molinari. Non è un mistero che mettere il timbro della Lega sul candidato a Palazzo di Città, sia pure con la maglia civica, non ha mai entusiasmato il capogruppo alla Camera e cedere a un’altra forza politica della coalizione Torino per il Capitano significherebbe accrescere il suo peso nelle decisioni al tavolo nazionale del centrodestra per città per lui cruciali, incominciando da Milano per arrivare a Roma.

Lo spingere più avanti la decisione di Damilano sarebbe, insomma, solo una mossa per non dover ammettere subito di dover rinunciare alla carta, l’unica, che la Lega aveva pronta da calare sul tavolo. Tempo per preparare il terreno e aprire gradualmente a uno scenario diverso per la corsa del centrodestra sotto la Mole, che a questo punto vede riaffacciarsi l’ipotesi della golden share passare nelle mani di Forza Italia. Con Giorgia Meloni decisa a tentare il tutto per tutto al fine di piazzare un suo candidato di peso nella Capitale e Milano opzionata da Salvini, Napoli improponibile agli azzurri dopo la debacle di Stefano Caldoro alle regionali e Bologna che attira il Capitano, ma anche gli stessi Fratelli d’Italia, Torino – non per questo residuale – è l’unica città dove Silvio Berlusconi e il suo stretto entourage sanno di poter calare una carta difficilmente contestabile da parte degli alleati e, soprattutto, con un profilo che per essendo politico ha più che buone possibilità di esercitare un appeal civico.

Più di un’ipotesi quello di un ritorno in pista di Claudia Porchietto. Se ieri non fosse saltato, per la morte di Jole Santelli, l’incontro fra Meloni, Salvini e Antonio Tajani, quest’ultimo sarebbe stato già pronto a fare il nome della deputata. E ciò dà l’idea di come non solo la rinuncia di Damilano sia solo questione di tempo, ma anche della rapidità con cui il numero due di Forza Italia (e il coordinatore regionale Paolo Zangrillo) la figura della parlamentare sia stata individuata come la più adatta per la corsa del centrodestra verso quella che potrebbe essere la prima vittoria sotto la Mole. Se c’è una città, tra le grandi che andranno al voto, dove i berluscones non ha difficoltà a trovare il nome giusto da proporre e condividere con gli alleati è proprio Torino.    

Imprenditrice, professionista, un passato ai vertici dell’Api e assessore regionale al Lavoro, il tratto di Porchietto è quello ibrido del politico con forti radici nel tessuto economico e produttivo della città, in grado di coniugare conoscenza dei problemi concreti e appeal trasversale tra le varie fasce sociali con quell’esperienza amministrativa, la cui assenza è il rischio che si corre ogni volta che si affaccia la figura di un non-politico. Come se l’incompetenza fosse una qualità assoluta. Sotto questo aspetto, Torino ha già dato.

print_icon