EMERGENZA SANITARIA

Reagenti col contagocce, Piemonte sotto scacco

Laboratori per i tamponi costretti a utilizzare sostanze rifornite dal venditore delle apparecchiature. Che ovviamente impone prezzi e quantità. L'assessore Marnati ha avviato la procedura rapida per acquistare tre macchine "aperte". I numeri dei test

Reagenti con il contagocce ai laboratori delle Asl e a fiumi ai laboratori privati. Risultato: i tempi per processare i tamponi si allungano nel pubblico e si abbreviano nel privato al quale il pubblico deve rivolgersi, ovviamente pagando, per analizzare quei test che ancora molte delle aziende sanitarie non riescono a smaltire. Non sarà questa l’unica causa dei ritardi, delle code, delle attese di giorni per avere l’esito del tampone, ma certamente neppure l’impossibile conferma a quel che è andato dicendo più di un vertice delle Asl in un ostinato smentire quel che dagli stessi laboratori veniva fuori, ovvero che più volte i reagenti si sono fatti scarsi se non addirittura sono mancati.

“Purtroppo in alcuni casi siamo stati e siamo ancora sotto scacco dei fornitori”, ammette Matteo Marnati, l’assessore con la delega ai laboratori Covid che proprio per cercare di liberare totalmente il Piemonte da un nodo scorsoio che si ripercuote sull’azione di tracciamento del virus, dopo aver avviato i due grandi laboratori di La Loggia e di Novara, ha appena avviato la procedura rapida per acquistare altre tre macchine per processare i tamponi, destinate rispettivamente all’Asl To3, a quella di Asti e a quella di Biella.

“Macchine aperte, ovvero in grado di non dover dipendere per il funzionamento da un solo tipo di reagente”, precisa l’assessore. Già, perché sta proprio qui, nel legame indissolubile apparecchiatura-reagente, il nodo della questione e quello attorno alla gola della sanità piemontese. La gran parte delle attrezzature, acquistate nei mesi dell’emergenza o adeguate su quelle esistenti per altro scopi, che vengono vendute sostanzialmente da tre grandi gruppi farmaceutici, possono lavorare solo con i prodotti forniti dai gruppi stessi. Un circuito chiuso.

Se i due nuovi grandi centri di analisi, quello di La Loggia e quello di Novara, ora a metà della loro potenzialità pari a circa mille tamponi al giorno possono lavorare con diversi tipi di reagenti, in gran parte delle Asl accade l’opposto. E accade pure che i rifornimenti vengano ridotti, “ufficialmente perché non si riesce a reggere la richiesta a livello europeo e mondiale”, come osserva Marnati, in realtà come non sfugge a chi di queste cose si sta occupando da tempo, perché vendere i reagenti ai laboratori privati significa incassare subito e guadagnare di più.

Insomma, mentre già nelle prime settimane della pandemia, Andrea Crisanti spiegava come all’Università di Padova avessero scelto un sistema aperto, con reagenti autoprodotti, senza dover dipendere ai fornitori e potendo così fare quel numero elevatissimo di tamponi in Veneto, settimane dopo le Asl piemontesi acquistavano macchinari il cui utilizzo sarebbe dipeso da chi vende i reagenti.

Molte delle stesse Asl hanno ricevuto, oltre ai finanziamenti pubblici, parecchi milioni da fondazioni e soggetti privati per far fronte all’emergenza. Perché non hanno usato quei soldi per aggiornare i loro laboratori o per acquistare attrezzature che non comportassero una dipendenza i cui effetti si sono manifestati e continuano a manifestarsi in tempi lunghi, potenzialità di produzione in alcuni casi addirittura ridotta a un terzo e, non ultimo, comportando il doversi rivolgere a società private per analizzare i tamponi? Altri mesi, quelli che il Covid ha concesso in estate, persi anziché utilizzarli per adeguare i laboratori? La risposta è scontata.

“È un dato di fatto che i laboratori provati riescano ad approvvigionarsi meglio di quelli pubblici”, osserva Marnati, “ecco perché riescono a processare più tamponi”. E tra questi tamponi ce ne sono decine di migliaia che le Asl hanno mandato e continuano a mandare proprio ai privati. A metà maggio l’Unità di Crisi con Scr, la società di committenza regionale, ha fatto una gara il cui esito sta in una graduatoria di cinque soggetti privati che ancora oggi processano i test. Al primo posto con un costo di 30,62 euro a tampone si è piazzato la Fondazione del Piemonte per l’oncologia di Candiolo con una capacità giornaliera dichiarata di 400 test, al secondo il Consorzio piemontese per la prevenzione e la repressione del doping (49, 85 euro e capacità di 450 tamponi al giorno), poi Rdi di Padova (55 euro e 160 test), al quarto posto l’Istituto Zooprofilattico di Piemonte Liguria e Valle d’Aosta (56,30 euro e una capacità fino a 630), infine la Synlab di Brescia con un costo di 57,90 euro e una capacità fino a 4mila tamponi.

A oggi l’istituto di Candiolo ha processato 46.875 test e ancora ieri ne ha analizzati 772, il consorzio antidoping ha lavorato 19.426 test e 544 ieri, non si sa il motivo ma il Piemonte non pare essersi mai rivolto alla Rdi, mentre l’Istituto Zooprofilattico ha fornito esiti per 56.446 tamponi e solo ieri ancora 752. Infine Synlab che a fronte di un costo quasi doppio rispetto a quello praticato dalla struttura di Candiolo ha processato 26.387 campioni cui si aggiungono i 534 di ieri.

Ma come vengono scelte le società e gli istituti dalle Asl per inviare i tamponi? Una nota della Regione dispone che le richieste delle aziende sanitarie debbano seguire quest’ordine: “prima esaurendo tutte le disponibilità dei laboratori pubblici di riferimento e successivamente attingendo alle disponibilità dei laboratori individuati dalla gara Scr n. 51-2020 secondo le assegnazioni previste per ciascuna Asl”. Non sembra, insomma, esserci un riferimento esplicito alla graduatoria e resta da capire se ogni singola azienda sanitaria ogni volta che ha necessità di far processare fuori i test, scorre l’elenco e quindi anche i prezzi per tampone partendo da quello minore, oppure utilizza altri criteri.

Un rapido conto e si vede come ancora ieri il Piemonte ha affidato all’esterno della sua rete di laboratori circa 2600 tamponi. L’avvio dei tamponi rapidi potrebbe da un lato ridurre il ricorso a quelli tradizionali, ma dall’altro con un crescente numero di positivi rischia di caricare ulteriormente un sistema che tra laboratori pubblici e privati può arrivare a 15mila test al giorno. “Dobbiamo ragionare sullo scenario più negativo per non correre rischi” spiega Marnati annunciando una nuova gara, entro metà novembre, per rinnovare gli appalti ormai in scadenza. “Dobbiamo usare tutte le precauzioni nel caso la curva dei contagi continui a salire e aumenti, tant’è che da una attuale soglia di 5mila tamponi da processare al giorno da parte dei privati, passeremo a 10mila”.

Numeri che oggi, come nelle settimane scorse e in quelle a venire, sarebbero potuti essere decisamente più bassi se molte Asl non fossero sotto scacco da chi dopo aver venduto le macchine, fornisce i reagenti. Spesso col contagocce. 

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