EMERGENZA SOCIALE

Gli studenti devono tornare in classe

"La scuola in presenza è prima di tutto educazione, anche educazione alla sicurezza", "gli adolescenti non sono cittadini di serie B". La lettera a Cirio dei docenti di Scienze della Formazione dell'Università di Torino

Pubblichiamo la lettera dei docenti del corso di Scienze della Formazione primaria, presso l'Università degli studi di Torino al presidente della Regione Piemonte Alberto Cirio. Ecco perché, secondo loro, i ragazzi dovrebbero tornare in classe al più presto. Una nuova presa di posizione netta dopo l'intervista sullo Spiffero della psicologa Angelica Arace.

Gentile Alberto Cirio,
La decisione di non riprendere le lezioni in presenza per seconde e terze medie, nonostante il passaggio del Piemonte in Zona Arancione, ci lascia perplessi e contrari. Le scriviamo in qualità di docenti universitari del corso di Laurea in Scienze della formazione primaria dell’Università di Torino, istituzione nella quale ricercatori e professori di più discipline convergono e lavorano sui temi dell’educazione, per chiederle di riconsiderare la decisione e di ponderare in modo più attento gli argomenti che di seguito riassumiamo.

1) PER I RAGAZZI FA LA DIFFERENZA
Abbiamo sentito affermare che “riprendere una settimana prima di Natale non cambia nulla”. Ma interromperebbe un lungo distacco e questo per i ragazzi fa la differenza. Fa la differenza per la socialità, che oggi è loro completamente negata (infanzia e primaria vanno a scuola, i ragazzi delle superiori in qualche modo si incontrano negli spazi pubblici), per la salute fisica (da settimane la quasi totalità di questi ragazzi sta chiusa in casa e in genere nella propria stanza, se ha la fortuna di averla, non ha più potuto praticare sport e sta iniziando a soffrire di patologie agli occhi per le ore passate davanti agli schermi), per la salute mentale (sappiamo bene che già dal primo lockdown in molti sono emerse sofferenze,disturbi del sonno,stati di ansia, sindromi da disadattamento sociale) e per gli apprendimenti (il lavoro in presenza cambia il risultato anche se si integra con la DAD, perché permette di recuperare la motivazione eil supporto emozionale del gruppo). Fa la differenza per tutti gli alunni in situazione di disagio in genere, oltre che per i ragazzi con disabilità e bisogni educativi speciali, perché chi ha difficoltà e disturbi di apprendimento è più fragile e restando a casa vede incrementarsi il divario nella socialità e negli apprendimenti. Tenere ancora a casa gli allievi delle classi seconde e terze medie solo poiché sono più grandi di quelli delle classi prime e sanno meglio destreggiarsi con la DAD presuppone che il criterio cronologico equivalga a quello sociale e che abbiano tutti a casa la stessa disponibilità di strumentazioni informatiche, di connessioni internet e di genitori presenti a loro supporto quando invece non è così e stando a casa si riperpetuano e si amplificano le differenze socio-economico-culturali individuali che solo la scuola, ed a maggior ragione se dell’obbligo, può e deve compensare quando si svolge in presenza secondo eguaglianza e, ancor di più, equità.

2) LE RELAZIONI HANNO BISOGNO DI CONTINUITÀ
Non è vero che ritornare a scuola potrebbe essere traumatico se poi ci fosse una terza ondata. Osserviamo i nostri figli e nipoti, i ragazzi attorno a noi in questo tempo difficile della pandemia: per loro,più che per noi adulti,socialità e corporeità sono cruciali. Ritrovare la dimensione dell’incontro, guardarsi negli occhi, sentirsi parte integrante di un gruppo è forse l’aspetto più importante di questa fase di vita. Sentiamo di dirLe che se cambiasse idea, lascerebbe spazio a settimane straordinarie di scuola, dove i ragazzi e le ragazze potrebbero riassaporare il valore dell’incontro coi pari e con gli insegnanti. Anche se si dovesse tornare in seguito a una didattica a distanza, l’incontro in presenza potrebbe rilanciare le relazioni tra i ragazzi e con i loro insegnanti, accordando alla scuola un nuovo valore. Pensiamo in particolare ai ragazzi e alle ragazze delle seconde medie. L’anno scorso (quando hanno cominciato la prima) non hanno fatto nemmeno in tempo a conoscere e farsi conoscere dagli insegnanti e a costruire relazioni e gruppo con i nuovi compagni perché da fine febbraio sono rimasti a casa. Da settembre hanno cominciato a riallacciare queste relazioni nuove e ancora fragili, con grande lavoro degli insegnanti, e si trovano ora a cominciare di nuovo da capo. Leggiamo nelle sue giustificazioni delle legittime preoccupazioni verso nonni e genitori. Ci permetta di esprimere la nostra legittima preoccupazione verso gli adolescenti e di chiedere altrettanta attenzione verso i loro bisogni. L’età straordinaria della scoperta di sé e dell’altro non tornerà più per i ragazzi di questa delicata fascia d’età.

3) LA SICUREZZA HA BISOGNO DI EDUCAZIONE
La didattica a distanza viene giustificata con il tema della sicurezza. Ma cosa intendiamo con sicurezza? Alla scuola primaria si è sicuri e alla secondariano? Al supermercato in coda al banco si è forse sicuri e in aula no? I dati internazionalinon sembrano confermare questo argomento. Se uno dei timori è legato all’uso dei trasporti pubblici (tema sul quale speriamo si possa intervenire al più presto per garantire il distanziamento), i ragazzi e le ragazze delle medie in prevalenza raggiungono sul nostro territorio la scuola a piedi, in bicicletta o accompagnati in automobile dai genitori e una minoranza con gli scuolabus comunali con breve percorrenza e permanenza sugli stessi. E poi, anche se le classi seconde e terze restano a casa, le classi prime comunque vanno a scuola e tutto funziona e si sposta egualmente dagli scuolabus ai servizi mensa, dal personale scolastico docente e ata ai genitori. La scuola in presenza è prima di tutto educazione, anche educazione alla sicurezza, seguendo le norme adeguate di comportamento, educazione civica, educazione alla convivenza tra diversità e alla relazione tra pari. Non dimentichiamo che, in questi primi mesi di scuola, ciò è avvenuto ed è stato possibile grazie allo sforzo di tanti insegnanti e tanti dirigenti scolasticiche nei mesi scorsi si sono impegnati a garantire ambienti educativi sicuri. Permetta alle scuole e agli insegnanti di poter tornare a svolgere questo compito fondamentale per la società, perché gli adolescenti non sono cittadini di serie B, ma una componente importante e preziosa della società, e hanno bisogno di sentire che li consideriamodegni di fiducia e di investimento.

4) QUANTI RAGAZZI POSSIAMO PERMETTERCI DI PERDERE?
Sarà a conoscenza dei dati sull’aumento della dispersione scolastica, piaga sociale del nostro Paese ben prima della pandemia. Stiamo perdendo tantissimi adolescenti. Già la scorsa estate molti di noi si sono impegnati in progetti di recupero dei bambini e ragazzi che durante il primo lockdown avevano smesso di seguire le lezioni o avevano visto crollare i loro livelli di apprendimento. Ora questo fenomeno è destinato ad accrescersi ancora. Se è giusto preoccuparsi dei posti di lavoro e delle attività economiche oggi in crisi, altrettanto giusto è preoccuparsi del lavoro futuro e delle competenze sociali e lavorative dei ragazzi oggi a casa. Vogliamo dare voce anche alle centinaia di genitori che abbiamo avuto modo di ascoltare: la loro preoccupazione per il futuro passa dal rischio, di cui sono ben consapevoli, divedere i loro figli perdersi senza riferimenti per il futuro. La perdita economica non sarebbe, sappiamo, soltanto per loro,ma per la società tutta che rischia di uscire indebolita e impoverita dall’acuirsi del grave fenomeno della dispersione scolastica. Una parola va spesa in particolare per i ragazzi delle terze medie che si trovano nella delicata e urgente fase di scelta della scuola superiore, che determinerà fortemente il loro futuro. Potersi ritrovare a scuola e discutere queste scelte coi propri insegnanti nonché poter partecipare alle iniziative di “scuole aperte” e di orientamento in presenza che potrebbero essere ancora promosse dalle scuole superiori e dai centri di formazione professionale,è in questo momento determinanteper tutti loro ed i loro genitori. Ci schieriamo quindi come docenti dalla parte dei ragazzi e delle ragazze che chiedono di tornare in aula. Con tutte le precauzioni e le misure di sicurezza possibili ma in aula, subito. E per restarci. Una scuola che non hanno forse mai sentito importante e necessaria come oggi.

I firmatari sono docenti del corso di laurea in Scienze della Formazione primaria dell'Università degli Studi di Torino: Cristiano Giorda, Anna Granata, Matteo Leone, Emanuela Torre, Marco Tonon, Maria Goretti Castello, Gianluca Cuniberti, Silvia Margherita Corino Rovano, Nicola Rossetto, Monica Mincu, Claudio Longobardi, Alberto Parola, Paolo Rosso, Laura Prino, Paola Zonca, Lorenzo Denicolai, Andrea Pellizzari, Carlo Fedeli, Anna Perazzone, Giuseppina Cerrato, Paola BaioniIlaria Mattioni, Carlotta Soldano, Ermelinda Bisello, Roberto Scalon, Elena Papa, Paola Ricchiardi, Erminia Ardissino, Daniela Maccario, Daniela Robasto,  Cristina Sabena, Mario Castoldi, Pierluigi Asinari, Enrico Dolza