OPERE & OMISSIONI

Post alluvione, sui risarcimenti la Regione dà i numeri  

Richiesti 77 milioni per interventi urgenti, ma Cirio a Conte ne aveva reclamati 265. Gabusi: "Molti sindaci hanno il timore che non arrivino i soldi". I comuni del Torinese e dell'Alessandrino restano ancora fuori. Borghi (Pd): "Servono cifre precise" - ELENCO DEI LAVORI

Stima in eccesso fatta nei drammatici giorni immediatamente successivi al disastro o richiesta al ribasso avanzata quando dall’alluvione che ha sconvolto vasto territori del Piemonte sono ormai passati più di due mesi? O chissà, magari i 77 milioni che la Regione ha chiesto per gli interventi di somma urgenza appena ieri l’altro inviando la documentazione al Dipartimento della Protezione Civile, sono proprio la cifra giusta e necessaria a coprire i costi sostenuti dai Comuni e da altri enti per gli interventi più immediati. Di certo non sono i 265 milioni che il presidente della Regione Alberto Cirio aveva indicato nella lettera inviata a suo tempo al premier Giuseppe Conte.

“Quella era una cifra indicativa”, spiega l’assessore alla Protezione Civile Marco Gabusi, che pur fissando l’asticella non sotto ai 200 dà una spiegazione a quella enorme differenza che resterebbe comunque: “Ci sono interventi urgenti che, però, i Comuni senza avere le certezze di avere una disponibilità finanziaria non hanno fatto. Ancor più avendo visto dichiarati solo 15 milioni come primo stanziamento del governo, hanno evitato di effettuare opere con il timore di mandare in dissesto gli enti locali”. 

I 15 milioni di cui parla Gabusi sono, in effetti, gli unici soldi fino ad ora arrivati in Piemonte e per i quali la Regione ha inviato a Roma il rendiconto (consultabile qui) su come vengono ripartiti. Per gli altri 62 bisognerà aspettare il fondo della legge di bilancio e qui si apre un altro capitolo di una storia che, come si vedrà dev’essere scritta il più in fretta possibile e con numeri precisi. Ma prima c’è da ricordare un altro ritardo, che continua a segnare la complicata vicenda degli aiuti al Piemonte alluvionato. È quello che riguarda la dichiarazione dello stato di emergenza per una parte della provincia di Alessandria e per una cinquantina di comuni della Città Metropolitana di Torino. La Regione ha sempre negato una sua responsabilità nel mancato inserimento di queste aree nell’ordinanza del Consiglio dei ministri del 22 ottobre che comprende le province di Cuneo, Biella, Novara Vercelli e Verbano-Cusio-Ossola. “La Regione ha inoltrato richiesta della dichiarazione di stato di emergenza per tutto il Piemonte fin dall’inizio: la documentazione collegata alla richiesta è stata inviata al Dipartimento di Protezione civile in due note, una del 6 ottobre e una del 12 ottobre, inclusi anche i territori della Provincia di Alessandria e della Città Metropolitana di Torino”, spiegava lo scorso 27 novembre Gabusi. Quello stesso giorno c’era stato un incontro, in teleconferenza, tra Regione e Protezione Civile per chiarire alcuni punti del dossier trasmesso da Torino a Roma due giorni prima e, sempre secondo fonti regionali, il problema pareva risolto. Sono passate più di due settimane, ma dell’annunciata estensione dello stato di emergenza (e quindi degli aiuti economici) per l’Alessandrino e il Torinese non c’è traccia. 

L’assessore assicura che il Piemonte ha fatto la sua parte e che ora tutto dipende da Roma. Inutile dire che senza il provvedimento, che potrebbe essere anche un decreto del presidente del consiglio (magari infilato tra uno dei tanti per il Covid), niente soldi. Al contrario, nel momento in cui anche i comuni della provincia di Alessandria e quelli torinesi entrassero nell’ambito dell’emergenza, si dovrà rivedere anche la richiesta dei 77 milioni, aumentando la cifra in base alle segnalazioni dei sindaci.

Sui negati ritardi della Regione, il mese scorso, era divampata la polemica tra Gabusi e il deputato del Pd Enrico Borghi con reciproci scambi di accuse. Ma è proprio ancora Borghi, oggi, di fronte a quella cifra assai lontana da quella indicata a suo tempo dal governatore nella lettera a Conte a concludere che “evidentemente Cirio ha scritto quei numeri sull’acqua”, avvertendo come “occorra più precisione su un tema così importante per il territorio, per i comuni, senza ingenerare false aspettative, ma operando invece con rapidità e attenzione”. 

La rapidità il parlamentare piemontese la invoca non solo rispetto all’atto atteso da parte del premier Conte per l’allargamento dello stato di necessità, ma anche rivolgendosi al commissario delegato, ruolo attribuito a Cirio, per una questione molto concreta e che richiede, appunto, tempi stretti e cifre le più esatte possibili. “Con l’emendamento che ho presentato insieme alla collega Chiara Gribaudo si propone di stornare una quota parte del fondo disposto dallo scostamento di bilancio per un capitolo specifico destinato ai danni provocati dalle alluvioni. Sicuramente nella legge di bilancio ci sarà uno spazio per la copertura dei danni tale da soddisfare le richieste”. Servono, però cifre il più possibile esatte.

“Se i 265 milioni indicati da Cirio sono esigenze reali, vorrebbe dire che ne mancano ancora 250”, osserva il deputato che spiega un passaggio cruciale: “l’emendamento viene mandato alla ragioneria generale dello Stato per la bollinatura. La ragioneria interpella il Dipartimento della Protezione Civile e quest’ultimo risponde sulla base degli atti che ha. E se questi atti del Piemonte non sono completi ed esaustivi delle necessità dei Comuni e degli enti che devono ricevere gli aiuti si capisce bene incontro a quali conseguenze si va”. La deadline è alla fine della prossima settimana. Chiudere in fretta il dossier con i numeri giusti a questo punto è un’altra emergenza. 

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