VERSO IL 2021

Centrodestra in stallo sui sindaci,
Roma riapre i giochi per Torino

Nello scontro sulla Capitale rischia di rimetterci le penne Bertolaso. Salvini ammette: "Sto lavorando ad un'altra ipotesi", mandando su tutte le furie Berlusconi. Che a questo punto potrebbe puntare i piedi per imporre la Porchietto al posto di Damilano

Sulle candidature per le comunali nelle grandi città il centrodestra frena la sua corsa. E a lasciare tracce sull’asfalto viscido è proprio il conducente del torpedone. Matteo Salvini è eloquente quando dice: “Per Roma cerco un’altra ipotesi”, oltre Guido Bertolaso voluto da Silvio Berlusconi e Francesco Rocca, il presidente della Croce Rossa candidato in pectore di Giorgia Meloni. Altro che alzarsi dal tavolo delle trattive con tutte le caselle al loro posto prima di Natale, come si prometteva ancora poco tempo fa. Lo stallo, che come sempre assume la traduzione in “approfondite riflessioni”, non sarà breve e i tempi andranno aggiunti a quelli ormai ampiamente superati rispetto agli annunci estivi che davano la partita chiusa entro i primi dieci giorni di dicembre, spostando via via sempre più avanti la scadenza.

Fermi su Roma, fermi su tutto. Se si discute per la Capitale, si ridiscute su tutte le altre città o quasi. Certamente non è esclusa dal rimescolamento di carte Torino. Tutt’altro. Le motivazioni ufficiali a far da schermo sui problemi legati alla figura da mettere in campo per il Campidoglio, non mancano: la manovra economica, il Recovery fund, i travagli interni alla maggioranza sul futuro del Governo. La verità è che Salvini non intende cedere a Forza Italia la nomination del candidato sindaco di Roma e teme un’ulteriore crescita elettorale di Fratelli d’Italia, sempre più alleato insidioso, con la golden share capitolina nelle mani della Meloni. Timori e strategie che hanno, almeno per ora, messo da parte quello che pareva un accordo in base al quale il via libera del leader leghista a Bertolaso avrebbe spianato la strada a una decisione di Salvini per Milano.

A questo punto quella di Paolo Damilano annunciata dal segretario della Lega come una candidatura ormai decisa per Torino risulta ancor più concretamente ciò che in realtà e formalmente è sempre stata: un’autocandidatura dell’imprenditore, caldeggiata e apertamente spinta dalla Lega, ma ancora senza i crismi dell’ufficialità e della manifesta condivisione degli alleati. Del resto, la stessa telefonata che l’imprenditore dell’acqua e del vino avrebbe ricevuto dal Cav., propiziata dall’ex vestale del focolare di Arcore Licia Ronzulli, non avrebbe ottenuto alcun via libera: “È stato un colloquio di cortesia, nulla di più – assicurano fonti azzurre di rango nazionale –. Il presidente ha persino scherzato sul nome che potrebbe risultare indigesto per Torino”.

Nonostante i tentativi di Damilano per definirsi il “civico” (qual è in effetti) che scende in campo e cerca di raccogliere appoggio nelle forze del centrodestra, la realtà evidente è quella raccontata dal disegno messo in atto ormai molti mesi fa da Salvini, con il supporto dei suoi a livello locale, incominciando dal luogotenente regionale Riccardo Molinari, per costruire la candidatura dell’imprenditore, peraltro dopo averla ipotizzata a lungo e per un pelo non concretizzata quando si trattò di scegliere l’uomo da far correre per la poltrona di governatore del Piemonte.

Insomma, il ritratto che di sé fa Damilano, non può certo evitare che al tavolo nazionale il suo nome non venga conteggiato in quota del partito di Salvini. E se quest’ultimo oggi rimescola le carte su Roma, annunciando una terza soluzione, la sua, cercando di spingere di lato sia Rocca sia Bertolaso e rispettivi supporter, ecco allora che si spiega quella minor solidità che potrebbe segnare la designazione del titolare del bar Zucca.

Chi, a sostegno della tesi che vuole ormai decisa e non discutibile la candidatura di Damilano per tutto il centrodestra, ricorda che nel corso della presentazione del libro di Bruno Vespa sia stato lo stesso Salvini a ribadirla come cosa fatta con, a distanza, il silenzio-assenso di Berlusconi, non può che rammentare come in quella e altre precedenti occasioni il leader della Lega non aveva posto evidenti dubbi su Bertolaso. L’apparente strada spianata per l’ex capo della Protezione Civile, aveva fatto dare per scontata la casella torinese occupata dalla Lega attraverso il civico Damilano, sia pure di fronte a numerose e autorevoli dichiarazioni di maggiorenti azzurri – dal senatore Lucio Malan al coordinatore regionale Paolo Zangrillo – a favore della deputata Claudia Porchietto indicata come la candidata di Forza Italia. Lo stesso Cav aveva indicato proprio lei come la figura su cui puntare per Torino.

Adesso, squadernato il Cencelli del centrodestra, frenate le intese di massima che parevano prossime al sigillo e con una strategia di Salvini su Roma ancora tutta da decifrare, nulla e ancor meno di prima è certo nella corsa verso le comunali sotto la Mole. Una corsa che potrebbe farsi più lunga del previsto, con uno spostamento delle elezioni a settembre, decisione che potrebbe essere assunta nel rinnovo dello stato di emergenza che scadrà il prossimo 31 gennaio. Se così fosse e se Damilano sarà confermato, per lui si annuncerà una lunga e sfiancante maratona da reggere fino allo sprint finale. Nel frattempo gli tocca allenarsi aspettando il via, evitando il rischio di una falsa partenza.

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