FIANCO DESTR

"Fratelli d'Italia sarà il primo partito",
Meloni sprona le truppe (cammellate)

Arrivano da tutto il Piemonte i bus per riempire piazza Castello e la missione è compiuta. Vinta la sfida contro i quattro gatti di Salvini. Dal grillino pentito agli ex di Forza Italia, tutti i volti della platea. E Damilano si accontenta di fare la spalla (e i selfie)

In attesa delle urne è Giorgia Meloni che vince, per il momento, la sfida delle piazze con Matteo Salvini, l’unico altro leader nazionale che si sia avventurato in un comizio a Torino (Enrico Letta, per esempio, se n’è guardato bene riuscendo a passare dal capoluogo pressoché inosservato). I pullman sono arrivati da tutto il Piemonte per riempire piazza Castello: organizzazione militare, un tempo si sarebbe parlato di truppe cammellate. Mancano pochi minuti al comizio quando gli ultimi arrivati si fanno avanti in corteo. Davanti a tutti c’è Rocco Pulitanò, responsabile enti locali della provincia di Cuneo: bandiera alla mano destra e, alle sue spalle, tutti in fila, oltre cento militanti sfilano e prendono posto nel settore all’estrema destra guardando il palco. Meloni auspica che un successo a Torino possa essere “un segnale” in vista dell’obiettivo più importante, di “arrivare al governo della nazionale”, Pulitanò spera che possa essere il viatico verso “la conquista delle tre sorelle” al voto il prossimo anno: Cuneo, Mondovì e Savigliano. Questione di prospettive.

C’è entusiasmo tra la gente di Giorgia. La fiamma brucia sul fondoschiena di una donna, avvolta nella bandiera di partito, e nei cuori dei tanti militanti storici che sognano il successo nella città medaglia d’oro della Resistenza, culla del pensiero liberale e dei movimenti operai d’inizio Novecento. Quella Torino che già cinque anni fa ha voltato le spalle alla sinistra e ora potrebbe farlo di nuovo. I sondaggi certificano il vantaggio al primo turno del centrodestra e la crescita di una forza che, almeno stando alle rilevazioni, anche qui ha quadruplicato il proprio consenso.

Circa 1.500 persone si sono presentate ieri sera. Un popolo variegato come il gruppo dirigente di un partito in cui si plasmano tutte le contraddizioni politiche di questo tempo: liberali e destra sociale convivono sotto lo stesso tetto in nome di un comune disprezzo per sinistra e Movimento 5 stelle. Il senatore Lucio Malan e l’ex eurodeputato Fabrizio Bertot non sembrano in imbarazzo tra i nuovi compagni di ventura dopo una carriera in Forza Italia, l’ex azzurro Fabrizio Comba ora è il segretario regionale del partito ed è lui che annuncia Giorgia dal palco; al suo fianco c’è Augusta Montaruli, approdata in parlamento dopo una lunga gavetta in Alleanza nazionale. Dirigenti storici si mescolano ai nuovi arrivati in un partito che continua a drenare personale politico agli alleati: il consigliere regionale Carlo Riva Vercellotti, che ha appena lasciato Forza Italia, parla fitto con l’assessore Elena Chiorino.

Nelle prime file ci sono tutti i maggiorenti a partire dal deputato biellese Andrea Delmastro, forse l’uomo più vicino a Meloni in Piemonte. Maurizio Marrone si mette in posa per una foto con Paola Ambrogio, in ricordo dei vecchi tempi in cui correvano fianco a fianco sotto l’egida di Agostino Ghiglia. C’è pure Enrico Forzese, estromesso dalla lista per le comunali a causa delle sue “intemperanze”, almeno secondo la versione ufficiale. Lui invece è pronto a giurare di sapere chi l’ha pugnalato alle spalle. Fratelli coltelli. Nessuna notizia di Enzo Liardo, il candidato che in queste ore è stato raggiunto da un avviso di garanzia con l’accusa di peculato, un altro che teme di essere caduto in un’imboscata.

Daniele Malinarich cinque anni fa è stato eletto nel Consiglio della Quinta Circoscrizione con il Movimento 5 stelle, ora ci riprova sotto le insegne di Fratelli d’Italia, “l’unico partito che è sempre rimasto coerente mentre il M5s si è trasformato e ha iniziato a fare tutto quello che criticava prima” dice mentre aspetta impaziente il primo comizio della sua nuova leader. Eccolo il simbolo di quel travaso di voti che potrebbe svuotare il bacino elettorale dei grillini a vantaggio delle forze sovraniste. L’incubo dei giallorossi che si materializza alla vigilia delle urne. Meloni ci crede e lancia il guanto di sfida: “Il primo partito del centrodestra? Io voglio diventare il primo partito. Punto” e “la sinistra è nervosa perché qui noi possiamo centrare l’obiettivo”. All’ex ministro Francesco Boccia che da mesi evoca i fili spinati Meloni replica che “i fili spinati sono quelli con cui la sinistra e i Cinquestelle hanno circondato le periferie sulle quali si scaricano i risultati delle loro politiche migratorie”. Un colpo da colpiti e affondati.

Non fanno paura un centinaio di esagitati no vax accorsi in piazza per contestare l’ex ministro del governo Berlusconi – “Io urlo più forte di voi” – prova a zittirli dal palco mentre dall’altra parte le danno della caciottara. Lei pensa siano i soliti centri sociali, in realtà sono suoi ex elettori.

Tanti i giovani in platea, tra i quali spicca (per altezza) Enrico Parigi, 21 anni, iscritto a Giurisprudenza dove è stato il più votato nella lista del Fuan, storica organizzazione giovanile della destra negli atenei. “Giorgia e la sua squadra in questo momento sono i più preparati. Il sorpasso alla Lega? Guarda la piazza…”. Quando il comizio sta per iniziare il colpo d’occhio fa effetto, soprattutto se paragonato ai quattro gatti di Salvini.

E Paolo Damilano? Dopo aver indossato per mesi l’abito del civico, l’imprenditore e candidato sindaco del centrodestra si è ritrovato a parlare per un paio di minuti sul palco di Meloni come quei gruppi spalla che scaldano il pubblico per le star. Il repertorio è più o meno sempre lo stesso – “è l’elezione più importante dal dopoguerra a oggi”, “la nostra ossessione è il lavoro”, “faremo di tutto perché Torino diventi una città più sicura” –. E dopo il lungo assolo di Meloni rieccoli insieme per scattare un selfie e ascoltare fianco a fianco l’Inno d’Italia mentre tra i militanti sventolano i tricolori. Giorgia canta a squarciagola, lui attende, un po’ imbarazzato, la fine.

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