VERSO IL VOTO

Damilano si smarca da Lega e FdI:
"Io moderato, non di centrodestra"

L'imprenditore prende sempre più le distanze dai partiti che lo sostengono (e hanno i voti). Elogia Draghi e il "Modello Genova" e tornando sul forfait di ieri a Salvini taglia corto: "Loro fanno la loro campagna noi la nostra". Nervosismo nella coalizione

Vuole i loro voti ma li tiene a distanza. Se mai diventerà sindaco lo dovrà essenzialmente a Lega e Fratelli d’Italia ma non perde occasione per marcare la differenza, per sottolineare di essere altra cosa rispetto ai partiti. “È di centrodestra?”, gli hanno chiesto al dibattito promosso dalla Stampa: “No. Io mi definisco un moderato-liberale”, è stata la sua risposta. È Paolo Damilano, l’imprenditore glamour delle acque minerali e del vino, candidato del centrodestra senza esserlo. Perché, spiega, “credo ci sia bisogno di centro”; quel centro rappresentato dalle sue due liste civiche – Torino Bellissima, la primogenita, e Progresso Torino, quella che si è aggregata all’ultimo rabastando tra i voltagabbana del centrosinistra –. Ha sempre tenuto al suo profilo civico Damilano, ma è negli ultimi giorni di campagna elettorale che ha preso ancor più le distanze dai due principali partiti che lo sostengono. Mera strategia elettorale o un reale tentativo di emancipazione in vista di un possibile insediamento al piano nobile di Palazzo Civico?

Come se non bastasse Damilano è arrivato a elogiare il premier Mario Draghi: “Sono compiaciuto che si sia creato un governo di larghe intese con un presidente del Consiglio che ci dà l’autorevolezza che da anni volevamo avere”. Vaglielo a dire a Giorgia Meloni, che guida l’unica grande forza parlamentare all’opposizione, o a Matteo Salvini che fosse per lui all’opposizione ci sarebbe già andato e in queste ore sta battagliando con l’esecutivo per “riaprire tutto”. E “da moderato-liberale” Damilano si butta decisamente a sinistra auspicando che “nel futuro, nei prossimi anni fondamentali per il nostro paese, si mettano da parte le ideologie e si mettano al centro i cittadini. Parliamo di uguaglianza sociale, di multinazionali che concentrano la ricchezza. Parliamo di lavori come i rider che prendono un euro per portare una pizza”. Sembra di sentire Ken Loach e invece è proprio Paolo Damilano, un imprenditore a capo di una multinazionale che esporta in tutto il mondo e, come dice lui, “concentra la ricchezza”.

Anche ieri, al termine del confronto con il sindaco di Genova Marco Bucci ha preso le distanze dai principali azionisti della sua coalizione, quei partiti che hanno scelto il suo “progetto civico”, insomma che ne sono a traino. Ha elogiato il modello Genova, realizzato dal sindaco “con il sostegno del centrodestra, ma con la sua testa e con la sua squadra. Come faremo a Torino”. Un atteggiamento che sta indispettendo Lega e FdI. “Ci tratta come appestati” ha sbottato ieri più di un maggiorente della Lega, dopo il forfait di Damilano al comizio di Matteo Salvini a Barriera di Milano. Questione sulla quale il candidato fa spallucce: “La politica fa la sua campagna elettorale, noi facciamo la nostra”. Più chiaro di così.  

Il clima è teso, ma a pochi metri dal traguardo nessuno può permettersi di tirare i remi in barca e l’imprenditore prosegue nella sua emancipazione (almeno a parole): “Siamo liste civiche, cittadini, che si mettono a disposizione della propria città – ribadisce –. La politica, dopo, si è unita a noi”. Sempre sul rapporto con i partiti, Damilano conclude: “A me interessa che loro convergano su di me, che mi aiutino a portare avanti la mia proposta”.

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