VERSO IL VOTO

Lo Russo "tifa" Cinquestelle

È paradossale ma il candidato sindaco del centrosinistra, per 5 anni acerrimo nemico di Appendino e pentastellati, ora deve augurarsi che non vi sia il tracollo grillino. Soprattutto nelle periferie. Altrimenti è pressoché certo Damilano si piglia il Comune

Sarà la disaffezione al voto il fattore decisivo di queste elezioni senza pathos? Chissà. Un cosa pare però certa che una parre consistente di quell’esercito di elettori potenziali disertori dei seggi (il 30 per cento, secondo le stime degli esperti) sceglie se votare e per chi esprimere la preferenza nelle ultime ore. Una decisione spesso umorale, a pelle, basata su una sensazione positiva o negativa provocata da una notizia riguardo a questo o a quel partito o personaggio. Insomma, una roulette russa. Ma quali scenari si aprono su Torino, l’unica città in cui il centrodestra parrebbe avanti nei sondaggi?

Molto potrebbe dipendere dal Movimento 5 stelle. Finora ci si è interrogati (fin troppo) su dove si orienterà il voto pentastellato in caso di ballottaggio, ma di quanti voti parliamo? La risposta è tutt’altro che irrilevante poiché inizia a essere evidente a molti che un eventuale secondo turno dipende essenzialmente dalla tenuta di Valentina Sganga e della sua coalizione, soprattutto in quelle periferie dove la giovane candidata grillina potrebbe essere l’unico argine a un centrodestra straripante. Lega e Fratelli d’Italia potrebbero fare man bassa di voti nel profondo Nord di Torino, laddove già alle scorse elezioni regionali ed europee buona parte di quei cittadini che avevano alimento il bacino dei Cinquestelle poi si sono rivolti al sovranismo leghista. Quanto ancora i pentastellati possono contare su quei quartieri che nel 2016 si lasciarono sedurre da Chiara Appendino? Difficile da dire per quanto si tratti di una variabile tutt’altro che indipendente rispetto all’esito finale delle elezioni. “Se il M5s crolla in Barriera, Paolo Damilano potrebbe vincere al primo turno” vaticina più di un osservatore. Insomma, per quanto paradossale possa sembrare, Stefano Lo Russo dopo essere stato per cinque anni l’arcinemico di Appendino e grillini, ora deve sperare che la sua dirimpettaia in Sala Rossa, Valentina Sganga, non tracolli nelle urne, soprattutto nelle zone più marginali della città.

Erano quelle periferie un tempo feudi del Pci che in via Chiesa della Salute, quartiere Borgo Vittoria, aveva il suo storico quartier generale (prima che Giorgio Ardito spostasse la sede in piazza Castello, quando la Quercia prese il posto di falce e martello nel logo del partito). Quartieri ad altissima densità popolare, dove “in questi anni la sinistra ha scaricato gli effetti delle sue politiche migratorie” come affermato da Giorgia Meloni dal palco di piazza Castello. Periferie emarginate dal resto della città, che al di là di corso Regina Margherita osservano con invidia e disprezzo le vie scintillanti del centro. Non si fidano più del Pd e dei suoi alleati, chiedono legalità e sicurezza, nel 2016 hanno rivolto le loro preferenze al M5s e portato in trionfo Appendino, poi negli ultimi due anni si sono spostati verso la destra sovranista.

Alle scorse regionali Sergio Chiamparino, che pure perse le elezioni, sotto la Mole superò il 50 per cento, Alberto Cirio – trascinato da una Lega arrembante – riuscì però a ottenere più voti dell’ex sindaco nelle Circoscrizioni 5 e 6. Fu il primo segnale tangibile del malcontento proveniente da quell’altra Torino. Vallette, Madonna di Campagna, Borgo Vittoria, Barriera di Milano e poi giù fino a Falchera: è da lì che si alza quel coro di vibrante protesta che si traduce nei voti a Lega e FdI ma è anche dove il M5s ha mantenuto un presidio. Indeboliti ma non scomparsi: alle regionali, infatti, laddove Cirio veleggiava tra il 42 e il 46 per cento e Chiamparino arrancava tra il 36 e il 39 per cento, il grillino Giorgio Bertola teneva a doppia cifra tra il 17 e il 20 per cento. Quanto sarà rimasto al Movimento di quel consenso a due anni di distanza?

Certo, molte di quelle famiglie hanno goduto del reddito di cittadinanza varato dal governo Conte, ma allo stesso tempo contestano al M5s l’alleanza romana con il Pd e il ritorno a una politica migratoria meno rigida rispetto a quella del Matteo Salvini ministro. E quanto incideranno i recenti fatti nazionali sul voto amministrativo? L’affaire Morisi e la cosiddetta lobby nera che finanzia la campagna elettorale di FdI potrebbero portare a una diserzione delle urne da parte dell’elettorato sovranista? Difficile, anzi potrebbe scatenare l’effetto opposto: ciò che appare probabile è che un’alta affluenza possa essere viatico di successo per Damilano, mentre se i votanti si attesteranno tra il 50 e il 60 per cento degli aventi diritto potrebbe essere un buon presagio per Lo Russo. “Purché tengano i Cinquestelle”.

print_icon