Smemorati della Storia

Quanto è cinica e barbara la polemica sulla locandina scelta dalla Regione Piemonte per celebrare il Giorno del Ricordo delle migliaia di vittime delle foibe e dell’esodo giuliano-dalmata. Un’immagine che, secondo il capogruppo di Luv Marco Grimaldi “sembra propaganda nazista” di una regione “a trazione nera” (sic!). Una polemica barbara perché brandendo il negazionismo serve ad accusare l’avversario politico (nella fattispecie l’assessore Maurizio Marrone) di “revisionismo cialtrone”. Ma quale revisionismo può celarsi dietro una locandina che rappresenta i soldati di Tito come dei giganti senza volto armati? Furono qualcosa di diverso per i tanti italiani innocenti trucidati in quei tragici mesi?

Una polemica faziosa quella di Grimaldi giacché la graphic novel sulle foibe, intitolata Anime in transito, da cui è tratta l’immagine incriminata, è un’opera dell’Anonima Fumetti commissionata quattro anni fa dalla Regione, allora guidata dal centrosinistra. Era stata pubblicata nel 2019 e apparsa su Mondoperaio, rivista non certo sospetta di revisionismo; pare fosse pure piaciuta a Sergio Mattarella. Allora andava bene, oggi no.

Un cortocircuito nel quale finisce anche il vicepresidente del Consiglio regionale Mauro Salizzoni che non condivide “questo modo di rappresentare il Giorno del Ricordo. Un modo conflittuale, a senso unico, con le stelle rosse armate che cacciano civili perbene terrorizzati”. Perché non furono forse laceranti e tragiche quelle vicende? E non erano armate le stelle rosse, almeno quanto terrorizzati erano gli uomini e le donne che venivano quotidianamente infoibati, uccisi e infine costretti all’esodo? Per Salizzoni “è chiaro l’intento di riaccendere polemiche, che ci riportano indietro ad un clima da anni Cinquanta con i buoni da una parte e i cattivi dall’altra”. In verità delle foibe negli anni Cinquanta non si parlava granché vista certa reticenza del Partito comunista ad ammettere quel massacro. A distanza di settant'anni per qualcuno è ancora un argomento tabù.

Ciò che più appare incoerente è l’intransigenza di questa ormai residuale parte politica nel determinare “buoni e cattivi” durante la guerra civile che insanguinò l’Italia tra il 1943 e il 1945, salvo poi osservare con certa indulgenza, fino a scivolare verso il riduzionismo, una stagione altrettanto tremenda come quella delle foibe, cioè “il capitolo italiano del libro nero del comunismo” come lo ha definito in modo efficace Marcello Veneziani.

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