INTERVISTA

Frattura (quasi) ricomposta. Molinari ora fa l'ortopedico

Dopo la massiccia dose di Viagra utile a riaffermare che "la Lega ce l'ha duro", il segretario del Carroccio piemontese mostra verso Fratelli d'Italia la magnanimità del vincitore. "Tornare a lavorare nell'interesse dei cittadini". E tocca a Cirio "fare chiarezza" sugli assetti di giunta

“Per quanto ci riguarda la questione si può chiudere qui”. Usa la magnanimità del vincitore e il pragmatismo di chi sa mettere a frutto il risultato, Riccardo Molinari. Il segretario della Lega piemontese ha vinto il braccio di ferro sulle nomine dell’ufficio di presidenza del Consiglio regionale con Fratelli d’Italia, ma stempera un clima che potrebbe preludere alla tempesta sulla maggioranza e sull’esecutivo che sostiene.

Tempesta in un bicchier d’acqua o frattura insanabile del centrodestra? Onorevole Molinari come va letto quel che è successo ieri a palazzo Lascaris e, soprattutto, cosa succederà da adesso in poi? 
“Non penso possa essere una frattura insanabile la sfida che Fratelli d’Italia ci ha lanciato sui posti in ufficio di presidenza. Capirei una rottura su un tema politico, ma sulle poltrone credo che sarebbe difficile da comprendere da parte di tutti gli elettori di centrodestra. Per quanto ci riguarda, da domani si può tornare a lavorare sui temi che interessano davvero la gente”.

Lei si è fatto un’idea della genesi di questa sfida lanciata dal partito di Giorgia Meloni. Nasce a Torino o a Roma?
“Questo bisognerebbe chiederlo a loro, noi abbiamo reagito a un attacco. Detto questo, non ho percezione che sul territorio piemontese ci siano delle tensioni anche perché i rapporti nei Comuni dove amministriamo e nella stessa Regione, a parte qualche incidente, sono sempre stati buoni e i dirigenti di partito mi sembrano tutti intenzionati a lavorare insieme anche in vista delle prossime amministrative, ma anche delle elezioni politiche. Perché c’è stata questa sfida e questa voglia di scontro, peraltro perso? Probabilmente è un fattore nazionale, si è seguita l’onda lunga dell’ultima settimana”. 

Voi avete continuato a rispondere negativamente alla richiesta della vicepresidenza o, comunque, di un posto al vertice dell’assemblea di Palazzo Lascaris a uno dei vostri alleati. Perché l’avete considerata una richiesta irricevibile?
“Banalmente perché gli assetti del Consiglio regionale sono stati decisi tutti insieme all’inizio della legislatura e FdI in accordo con Forza Italia e con noi aveva già avuto una rappresentanza maggiore rispetto a quella determinata dall’esito delle urne: prima con due posti nel listino e poi con due assessori. Tra l’altro c’è stato anche un, diciamo, rocambolesco cambio di assessore su cui nessuno di noi ha mai aperto bocca, né posto veri per il rispetto che abbiamo dell’alleanza e dei nostri compagni di viaggio. Per questo ci sorprende come questo dell’ufficio di presidenza sia diventato un problema tanto da minacciare una spaccatura della maggioranza. È incomprensibile”.

Allo scontro si arriva dopo un lungo periodo in cui il partito della Meloni, in Piemonte ha lanciato una aggressiva campagna acquisti di amministratori locali, ma anche un’azione crescente di rivendicazione di maggior peso nella giunta regionale con deleghe più importanti per i suoi assessori, in particolare per Maurizio Marrone. Solo piccoli incidenti, come lei accennava prima? 
“Anche in questo caso bisognerebbe chiedere conto a chi va a fare campagna acquisti e va a chiedere sempre di più. E non siamo noi, che al contrario siamo sempre disponibili verso la coalizione. Ci sono casi, come quello della mia città, Alessandria, dove FdI ha preso una percentuale estremamente bassa alle elezioni ma nonostante questo ha avuto per cinque anni un assessore con il quale si lavora benissimo. La domanda piuttosto è perché ci sia da parte di FdI una continua e spasmodica richiesta di spazio maggiore che poi va a danno degli altri. C’è un limite ragionevole. Anche sulla campagna acquisti, diciamo che noi abbiamo un modo di far politica diverso, cerchiamo di crescere i nostri amministratori da ragazzi nelle sezioni, anziché andare a pescarli altriove. 

FdI rivendica maggior peso in giunta forte dei sondaggi e dei risultati alle ultime comunali. Non c’è qualcosa che non funziona in questo mettere sulla bilancia intenzioni di voto o voti presi altrove? 
“Sarebbe un po’ come se dopo le elezioni europee fossimo andati da Sergio Mattarella e forti del 34 per cento avessimo rivendicato il premier. Non è andata propriamente così. Quelli che contano sono i risultati delle elezioni. FdI ha fatto un ottimo risultato a Novara e lì è rappresentato degnamente per i voti che ha preso. Pretendere di essere sovrarappresentati in un ente per il quale si è votato due anni e mezzo fa è assolutamente pretestuoso”. 

Il capogruppo Paolo Bongioanni ha accusato la giunta di stagnazione e lentezza, attaccando Alberto Cirio per l’ormai nota strategia dell’opossum. Un mezzo mea culpa, visto che due assessori sono i loro, oppure un anticipo di uno strappo?
“Non mi sento di fare attacchi al presidente. Certamente questa metà legislatura è stata anomala, con due anni su due e mezzo segnati dall’emergenza Covid. Di questo bisogna tenere conto, ma bisogna però anche tenere conto che molto spesso rallentamenti sono stati causati, diciamo da un’opera ostruzionistica interna che fanno proprio gli amici di Fdi. Quindi sarà più utile risolvere i problemi alla radice, capire cosa si vuole fare e lavorare in squadra perché se non lo facciamo tra di noi diventa poi difficile lamentarsi dell’azione politica regionale. Detto questo, che si debba fare di più uscendo dall’emergenza è incontrovertibile, tant’è che nel nostro direttivo regionale abbiamo definito una serie di priorità già sottoposte al governatore. 

Si sarebbe atteso un ritiro degli assessori da parte di Fdi?
“Bisogna capirsi anche rispetto alle dichiarazioni fatte dal capogruppo dalle quali sembrava FdI andasse verso un appoggio esterno e in quel caso non ci sarebbero esponenti di quel partito in giunta. Non mi risulta che né Maurizio Marrone né Elena Chiorino si siano dimessi, anzi non credo non intendano affatto lasciare i loro posti, quindi immagino che l’annuncio di appoggio esterno sia stata una sparata a salve. Di sicuro non si può stare un po’ dentro e un po’ fuori. Questo è, tuttavia, un chiarimento che spetta al presidente Cirio, è lui che gestisce la giunta”.

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