RETROSCENA

Nel Pd una Furia elettorale

Iperattivismo del segretario dei dem piemontesi: punta a fare il capolista per la Camera. Zingarettiano, oggi vanta un forte link con il numero due del Nazareno Provenzano. Ma con Borghi, Gribaudo e Fornaro è sold out. E dietro l'adesione al partito di Lady Bondi...

Più si riduce il tempo che separa dalle elezioni, più i radar dei parlamentari diventano sensibili ad ogni movimento da parte di chi aspira a rimanere tale e, ancor più, di chi punta a conquistare l’ambìto seggio a Montecitorio o Palazzo Madama. Non è un novità. Lo è, però, la traccia pesante e in vorticoso movimento che i sonar registrano nel Pd piemontese, indicando una vera e propria furia elettorale, di nome e di fatto. Tra ammiccanti sorrisetti e sopraccigli alzati in alternativa a poco eleganti ma eloquenti sbuffi, la conferma degli insistenti rumors sull’iperattivismo di Paolo Furia, segretario regionale del partito, arriva sempre dovunque volgi sguardo e domanda tra i dem.

Quattro anni dopo aver conquistato la guida del partito in un ballottaggio contro chi aveva preso più voti di lui, ovvero il senatore Mauro Marino poi passato alla renziana Italia Viva, con il sostegno dell’altra candidata, la cattodem Monica Canalis (e il suo mentore politico Stefano Lepri), il trentancinquenne biellese punta a un seggio a Montecitorio, dovendo escludere Palazzo Madama solo per questioni anagrafiche, come rimarca pungente chi ne osserva e forse un poco teme le manovre. 

Zingarettiano convinto, ma non fino al punto da impedirgli di essere oggi annoverato tra i fedelissimi del vicesegretario nazionale Giuseppe Provenzano, Furia avrebbe proprio nel numero due del Nazareno lettiano il suo main sponsor per un viatico verso la Camera. Sarà anche per questo, insieme ai conciliaboli piemontesi in Transaltantico, che i movimenti del segretario regionale arrivano a Roma e da lì rimbalzano su quei “territori” evocati e blanditi ad ogni evento elettorale, giacché fa più fine definirli così anziché bacini elettorali. Che, va ricordato, cambieranno almeno un po’ quanto il numero di parlamentari, ridotto con l’accetta dalla legge del 2019, confermata l’anno dopo dal referendum. E questo non è certo un aspetto marginale per chi ha in animo di farsi eleggere al Parlamento, tantomeno per chi in quel posto ha intenzione di farsi riconfermare. 

La discesa in campo del vertice regionale del partito non è come l’(auto)candidatura di un aspirante peones. Se poi dietro s’intravede la figura dell’ex ministro, oggi vice di Enrico Letta sul fronte sinistro si capiscono sia i sorrisetti tirati, sia i sopraccigli alzati. Si fa presto a dire candidato, ma quando si corre per “uscire”, come si dice a indicare l’elezione, non basta stare in lista, bisogna essere il primo. E qui la faccenda si complica. Si dirà, naturale che il segretario regionale – erede indiretto e parziale di quei segretari di federazione del Pci che contavano più dei parlamentari, pur non essendolo, visto che erano loro a decidere chi sarebbe andato a Roma – punti a fare il capolista.

Facile a dirsi. Nel cosiddetto Piemonte 2, la regione esclusa Torino, il proporzionale offre due liste, una per Alessandria, Asti e Cuneo, l’altra per il rimanente delle province, compresa la Biella dell’aspirante deputato. E lì ci sono due figure pesanti. L’ossolano Enrico Borghi, già segretario d’aula, due legislature, componente del Copasir, responsabile Sicurezza del partito è figura di consolidato profilo nazionale, una risorsa da porre in posizione sicura al cento per cento. È pur vero che proprio per i suoi ruoli, compreso quello di commissario in Sardegna, potrebbe essere “paracadutato” altrove, ma l’ipotesi vista anche l’attività costante nel suo feudo elettorale pare remota. Lo stesso vale per Chiara Gribaudo, cuneese, pure lei alla seconda legislatura, componente della segreteria nazionale e per nulla disposta a farsi eleggere da altre parti.

A proposito di Gribaudo, dall’iperattivismo di Furia salta fuori una storia dai contorni indefiniti, ma che potrebbe proprio legarsi alla parlamentare cuneese e al suo posto in testa di lista alle prossime elezioni. Passata quasi in sordina (non per lo Spiffero), l’iscrizione al Pd dell’ex parlamentare di Forza Italia Manuela Repetti, moglie di Sandro Bondi, potrebbe legarsi alla strategia di Furia. Ambienti del Pd attribuiscono, infatti, proprio al segretario regionale e al suo riferimento al Nazareno Provenzano l’operazione che ha portato Lady Bondi a prendere la tessera. E c’è chi sospetta che questo potrebbe essere stato fatto, o comunque potrebbe risultare utile, in funzione anti Gribaudo, al momento di indicare il nome di una candidata quale capolista per Alessandria, Asti e Cuneo. Vero? Non vero? L’ipotesi e il sospetto circolano, ovviamente, tra i dem. 

Sul cammino verso Montecitorio Furia trova anche altre figure di peso, in questo caso non solo politico, come quella di Federico Fornaro, capogruppo di LeU Articolo Uno alla Camera dopo una legislatura al Senato. Skill nazionale, l’ex vietcong ai tempi di Matteo Renzi, esperto di sistemi elettorali, il parlamentare alessandrino è prossimo, con i suoi, al rientro nel Pd. Deciderà il congresso di LeU, ma il destino degli scissionisti del 2017 pare segnato con il ritorno a casa. In questo scenario, per chi ha assunto un ruolo di primo piano come Fornaro la ricandidatura blindata è scontata. Se sarà in Piemonte o altrove farà parte del consumato sistema delle caselle, stavolta complicato dal ridotto numero di seggi disponibili. Che poi è l’ulteriore problema con cui dovrà vedersela il segretario regionale del Pd, partito che in Piemonte non può certo lamentare la mancanza di furia elettorale.

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