LOGISTICA

Il Piemonte sul fronte del porto

Enormi investimenti rivoluzioneranno nel giro di quattro anni lo scalo di Genova. Previsto il raddoppio del numero di container movimentati. Cruciale il retroporto oltre l'Appennino. Signorini (Autorità portuale): "Occorre accelerare". Le aree buffer previste

“Segnali fortissimi dal punto di vista delle infrastrutture e con interventi per dare servizi migliori alla mobilità delle merci”. Quel che si attende e suggerisce al Piemonte Paolo Emilio Signorini, il presidente dell’Autorità Portuale del Mar Ligure Occidentale, non è solo una indispensabile ciambella di salvataggio per il futuro del porto di Genova che sta mettendo in cantiere enormi progetti che lo porteranno a raddoppiare il volume di container movimentati senza avere gli spazi per un adeguato retroporto. È, ancor più, la conferma della necessaria condivisione di una rotta tracciata ormai da anni che al di qua e al di là dell’Appenino senza che, però, sia ancora incominciata una vera e decisa navigazione.

Della banchina asciutta nel Sud del Piemonte si parla da tempo immemorabile, affondando quel termine le sue radici a addirittura a cavallo degli anni Cinquanta e Sessanta quando l’intuizione lungimirante dell’armatore genovese Giacomo Costa portò alla nascita nella piana di Rivalta Scrivia della Città delle Merci, progenitrice dell’attuale polo logistico intermodale. Sessant’anni dopo la constatazione dello storico armatore, “occorre sgomberare il porto dalle operazioni di smistamento delle merci”, e la susseguente risposta concreta e per quei tempi rivoluzionaria, il porto di Genova vara una mole di progetti senza precedenti per dimensioni, complessità e costi. 

Trentotto opere, tra le quali la nuova diga foranea che premetterà agevoli manovre anche alle navi più grandi e che da sola costerà più di un miliardo di euro, “cambieranno da qui a quattro anni completamente il porto”, annuncia Signorini spiegando che da questi interventi dipende la capacità di competere a livello internazionale. “Lo stiamo attrezzando per ricevere le grandi navi ovunque, per arrivare a movimentare cinque milioni di container ponendo i nostri scali in concorrenza con le realtà portuali del nord Europa”. 

Ma dove mettere quei cinque milioni di container quando già da tempo il problema degli spazi è uno dei più complicati da risolvere per lo scalo genovese? La risposta data ormai anni se non qualche decennio. Oltre l’Appennino, appunto. Quell’Appenino che a breve sarà attraversato dal Terzo Valico che ha la sua prosecuzione, cruciale, nel cosiddetto ultimo miglio di collegamento con il porto, ma che nel suo percorso di trasporto delle merci verso e dalla Pianura Padana avrà bisogno anche di sbocchi e tappe in quella banchina asciutta che il Piemonte deve approntare.

“Ho visto una positiva accelerazione del Piemonte in questi ultimi tempi”, spiega un ottimista Signorini mentre la motonave offre la vista da mare dei cantieri già attivi per ammodernare le banchine e creare, affondando cassoni di cemento grandi come case riempiti di scarti di marmo di Carrara, nuove calate nel porto che si snoda dai moli per container a quelli per i petroli, le rinfuse, i nomi pesanti dello shipping, i Messina, gli Spinelli, quelli più famosi al grande pubblico delle navi da crociera, il porto antico ineguagliato esempio di recupero e trasformazione per la matita di Renzo Piano su cui s’affaccia la città vecchia di Fabrizio De Andrè.

Ma non può essere, Genova per i piemontesi “un’idea come un’altra”, nonostante Paolo Conte. Coincidenza, proprio di Asti è chi deve occuparsi in Regione di Trasporti e non può che condividere “quel che dice l’amico Signorini. Genova per noi è una compagna di viaggio verso una meta ambiziosa”, dice Marco Gabusi.  Sarà mica un caso che proprio oggi, ad Asti, nel convegno della Cgil sul futuro della logistica, con inviti politicamente ecumenici che vanno dai Fratelli d’Italia a LeU, ci sarà il presidente dell’Autorità Portuale a raccontare quel che sta facendo sui moli e quel che è necessario fare al di qua dell’Appennino? Osserva il canale troppo stretto che corre tra la vecchia diga, il porto petroli e la pista dell’aeroporto Cristoforo Colombo, Signorini, e guarda con una certa speranza al fatto che “entro l’anno si potranno definire le tre aree buffer in Piemonte”, ovvero ampi spazi attrezzati in zone a regime fiscale agevolato dove stoccare e caricare container in Piemonte. Uno sarà, naturamente, a Rivalta Scrivia, per l’altro ci sono molte chance a favore del grande e ora sottoutilizzato scalo ferroviario di Alessandria. Il terzo sarà nell’Astigiano. Molti pensavano e pensano a Villanova, ma sembra salgano le quotazioni dell’area contigua al casello autostradale di Asti Est.

Ci sarebbero già disponibilità di terreni che vanno dai centomila metri quadri in su. Un buffer in quella parte del Sud Piemonte avvalora e conferma il riferimento che il presidente del porto di Genova fa parlando di “ferro, ma anche gomma” e osservando come “ora le autostrade si stanno finalmente avviando verso una situazione di normalizzazione”. Resta, per il retroporto in terra piemontese, un problema non da poco. Convincere gli operatori portuali a vedere oltre l’Appennino lo sbocco naturale e unico per supportare la crescita dei traffici di uno scalo che annuncia il suo rivoluzionario cambiamento in appena quattro anni. Un lampo. Al parabreeze. 

print_icon