ENTI LOCALI

"Basta nozze coi fichi secchi".
Le Province rialzano la testa 

Pochi soldi, tanta confusione sulle competenze. Dall'assemblea nazionale dell'Upi il richiamo al Governo: si approvi in fretta la modifica del Testo Unico. L'Emilia-Romagna pronta a farsi una sua legge. In Piemonte la Regione ha il braccino corto

Sono finite in un limbo, ma non hanno alcuna intenzione di restarci. Da Ravenna, dove le Province sono riunite nell’assemblea nazionale dell’Upi, soffia un vento di burrasca che molti, anche nel Governo che è il destinatario di una pressante richiesta, non si aspettavano. 

Quando Stefano Bonaccini avverte che se entro l’estate non verrà aggiornato il Tuel, il testo unico deli enti locali, con le modifiche che si attendono per sanare almeno in parte famigerata riforma che porta il nome dell’allora ministro Graziano Delrio, la sua Emilia-Romagna metterà in cantiere una legge regionale per ridefinire ruoli e funzioni delle Province si comprende bene l’aria che tira.

Bilanci ridotti all’osso, poco personale, competenze che non sempre si riescono a svolgere, un sistema di governo che non funziona, insomma più che un cahier è un tomo di doléances quello che, passando i confini degli schieramenti politici, scrivono gli amministratori di quegli enti destinati a sparire, poi tenuti in vita, ma sempre con ossigeno insufficiente e un futuro a dir poco incerto. 

“Il vostro grido di dolore non è rimasto inascoltato. Molteplici sono stati gli interventi specifici indirizzati a Province, Città Metropolitane e Comuni”, ricorda il ministro Renato Brunetta, ma non convince. “Gli ultimi interventi del Governo, lo dobbiamo dire con determinazione, sono del tutto insufficienti e lasciano i territori senza alcun aiuto concreto”, aveva appena detto il presidente nazionale di Upi, nonché padrone di casa in quanto sindaco di Ravenna Michele De Pascale. “Non si tratta di intervenire solo sulla congiuntura. Servono interventi strutturali, una vera e propria riforma che assicuri alle Province l'autonomia tributaria e finanziaria garantita dalla Costituzione”.

Potrebbero sembrare discorsi di principio, rivendicazioni da parte di chi si sente da un po’ d’anni depauperato di potere e di peso politico. Ci sarà, pure, anche tutto questo, ma a riportare a terra la questione bastano poche parole, come quelle dell’ex presidente di Upi Piemonte, Emanuele Pralungo Ramella, l’esponente del Pd al vertice della Provincia di Biella. “La tematica economica è fondamentale. Facciamo un esempio pratico: se si prende un finanziamento del Pnrr da un milione di euro, il Governo dice che dobbiamo aggiungerci un 20%, ma se quei soldi non li abbiamo il Pnrr come si fa a realizzare?”. Si parla, soprattutto, di scuole e di strade, ma non solo. “Gli unici introiti diretti per le Province arrivano dalle assicurazioni sulle auto, tutto il resto arriva dallo Stato e dalla Regione, dunque si capisce bene come gli enti rischiano di non chiudere i loro bilanci se non ci saranno adeguate compensazioni”. Rapporti non facili con la Regione dal braccino corto e il passo lento: “Il vero problema del Piemonte è che le Province non vengono rispettate da troppo tempo. Ci viene chiesto – spiega Ramella Pralungo – di svolgere funzioni in parte non rimborsate e in parte senza personale necessario. La questione dei cinghiali che diffondono la peste suina? Non verrà mai risolta se il personale per fare i controlli e le selezioni non arriva e dalla Regione ci continuano a dire che hanno bandito i concorsi”.

Un po’ meno tranchant, per non tirare il grilletto del fuoco amico, l’attuale presidente di Upi Piemonte, Enrico Bussalino, leghista al vertice della Provincia di Alessandria: “La Regione ci consente di sopravvivere, non di vivere come si dovrebbe. I bilanci… la mia Provincia è una di quelle in piano di riequilibrio”. Pure lui, tuttavia, guarda con preoccupazione al Pnrr: “Il nostro ruolo di centrale unica di committenza per tutti i Comuni è un ruolo importante, ma siamo senza personale, senza soldi, come si fa?”.

La provocazione di Bonaccini, per Ramella sarebbe “un modello da seguire per il Piemonte che predica l’autonomia. Solo che – osserva il presidente della Provincia di Biella – in Emilia Romagna i soldi la Regione li tira fuori, qui no”.

“Dalla prossima Legge di Bilancio 2023/25 ci aspettiamo anche risposte strutturali, che finalmente risolvano le criticità finanziarie – il messaggio che arriva dall’assemblea di Ravenna –. Chiediamo che siano incrementate per ulteriori 300 milioni di euro le risorse già assegnate per il 2023 alle Province e alle Città Metropolitane, per accelerare il percorso di recupero di equilibrio dei bilanci di parte corrente da subito e per colmare, nei prossimi anni, il gap”.

Dall’assemblea romagnola le Province alzano la testa e chiedono di costruire “un ordinamento delle autonomie locali coerente con i principi del titolo V della Costituzione, con l’approvazione nella prossima legislatura della Carta delle Autonomie per fornire una cornice di riferimento stabile ai Comuni, alle Province e alle Città metropolitane, assicurando l'autonomia di entrata e di spesa a tutte le istituzioni territoriali”. Che poi altro non è se non quel federalismo fiscale, sventolato con facilità come bandiera da chi fa dell’autonomia il proprio vessillo, salvo poi tirare indietro il braccino quando si tratta di mettere mano al portafogli.

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