QUESTO LO DICE LEI

Da Letta via libera a Castelli, condannata perché diffamò una militante Pd

La viceministro dell'Economia, fedelissima di Di Maio, rappresenterà il centrosinistra nel collegio di Novara. Salta la candidatura di Milù Allegra. L'attivista dem: "Se la notizia è vera restituisco la tessera"

È stata condannata per diffamazione aggravata nei confronti di una militante del Pd, ora il viceministro dell’Economia Laura Castelli, ex grillina poi salpata verso i lidi democratici sullo zatterone guidato da Luigi Di Maio, è candidata in Parlamento, sostenuta dal partito di Enrico Letta. Il suo nome è comparso nelle liste ufficiali appena approvate dal Nazareno: rappresenterà la coalizione di centrosinistra nel collegio camerale uninominale di Novara, quello assegnato in un primo tempo alla consigliera comunale Milù Allegra, storica rappresentante del Pd all’ombra della cupola di San Gaudenzio, che aveva già firmato l'accettazione della candidatura prima che le venisse spiegato il cambio di programma. 

Laura Castelli è stata una esponente del Movimento 5 stelle della prima ora. Aveva lavorato come portaborse nel gruppo pentastellato al Consiglio regionale del Piemonte e poi ha spiccato il volo verso Roma, dove nel 2013 è diventata onorevole. Anzi portavoce. Nell’ultima legislatura, le competenze acquisite, attraverso la sua gavetta in un Caf del Torinese, le hanno fruttato la promozione al Ministero dell’Economia nel primo  governo di Giuseppe Conte. Da via XX Settembre non si sposterà più fino alla fine, ormai imminente, della legislatura.

È la stessa Castelli del “questo lo dice lei”, rivolto all’ex ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, che si era permesso di sostenere che l’aumento del rendimento sui titoli di stato provoca “conseguenze sui finanziamenti a famiglie e imprese”. Considerata una fedelissima di Luigi Di Maio, nonché amica di Chiara Appendino, con cui il rapporto è stato molto stretto, almeno finché le due hanno combattuto sotto le stesse insegne pentastellate, Castelli è stata tra le prime ad aderire a Insieme per il futuro, la nuova creatura del ministro degli Esteri.

Non è ancora chiaro se, oltre al collegio uninominale di Novara, considerato quasi perso dal centrosinistra, Castelli abbia ottenuto un posto in qualche listino plurinominale di Impegno civico, la lista che raccoglie dimaiani e seguaci del democristiano di lungo corso Bruno Tabacci. O, addirittura, sarà ospitata in qualche lista del Pd.

Intanto Lidia Roscaneanu, la giovane attivista dem oggetto delle “attenzioni” social di Castelli durante la campagna elettorale per le comunali di Torino del 2016, ha annunciato che restituirà la tessera del Pd “se questa notizia dovesse essere confermata”.

I fatti della disputa legale risalgono al 2016, durante la campagna per le elezioni amministrative di Torino. Castelli postò su facebook un’immagine che ritraeva Lidia Roscaneanu insieme al sindaco Piero Fassino, avanzando una serie di insinuazioni e allusioni. Immediatamente attivisti e simpatizzanti fecero partire il linciaggio social. Dopo avere spiegato che Lidia lavorava nel bar interno del Palazzo di Giustizia di Torino, il cui appalto era stato affidato dal Comune “con ribasso sospetto” a “un’azienda fallita tre volte”, l’autrice si chiedeva “quali legami” ci fossero tra la ragazza e l’allora sindaco. Fra numerosi commenti lasciati dagli internauti comparvero insulti e volgarità a sfondo sessista e razziale. “Sei la badante di Fassino”, “sei l’amante di Fassino”, fino a raggiungere più espliciti e offensivi riferimenti sessuali, al punto che più di un esponente dem parlò apertamente di “macchina del fango”. Roscaneanu aveva spiegato che prestava servizio come cassiera, che non sapeva nulla di appalti. Voleva candidarsi in una circoscrizione di Torino, ma alla fine non si presentò - disse - per il disagio, avvertito anche sul luogo di lavoro, che le procurò la pubblicazione del post. E annunciò querela. 

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