FIANCO DESTR

Meloni riempie la piazza ma "dimentica" Torino

Davanti al primo parlamento d'Italia la leader di FdI arringa gli oltre 1500 sostenitori e attacca il Pd: "Parlano di noi perché non sanno che altro dire". Meno di un accenno alle questioni locali e alla sfida nei collegi del capoluogo

“Giorgia, Giorgia” scandisce la piazza mentre dietro il palco la deputata Augusta Montaruli invita la claque in prima fila a tenere alte le bandiere. Meloni s’intrattiene qualche minuto coi giornalisti, poi si prende la scena. Quasi sottovoce all'inizio, che “se solo urlo un po’ sono pronti a linciarmi”, scherza, ma poi i decibel si alzano anche per sovrastare gli applausi dei millecinquecento giunti in piazza Carlo Alberto. Mentre parlamentari e aspiranti deputati e senatori s’assiepano in un’improvvisata “area vip” davanti alla biblioteca nazionale, l’assessore regionale Maurizio Marrone saluta militanti e iscritti che in buona parte ha mobilitato lui. I pullman sono arrivati da tutto il Piemonte, si distingue, da Cuneo, il drappello guidato da William Casoni e dal “trombato” Paolo Bongioanni, capogruppo a Palazzo Lascaris che ha sperato invano, fino all’ultimo giorno, in un posto in lista.

La musica del povero Rino Gaetano aprono e chiudono il comizio accanto al primo parlamento d’Italia. Giorgia sale sul palco sulle note di “A mano a mano” e quando su Torino è già calato il sole, il suo intervento si chiude con “Il cielo è sempre più blu”. La prima stoccata è per il leader del Pd con cui ieri si è confrontata in un soporifero faccia a faccia: “Sapete che c’è scritto nel loro programma elettorale? Giorgia Meloni. Se non ci fossi io non saprebbero di che parlare. Ma vi pare che noi sul nostro scriviamo Enrico Letta?”. Ad applaudirla tutti i candidati e maggiorenti del partito piemontese (manca solo Daniela Santanché, fose intenta ancora a cercare il suo collegio). Si presenta a ossequiare la leader in pectore del centrodestra anche il governatore Alberto Cirio, prodigo di complimenti: “Sta conducendo una campagna reale che parla dei problemi della gente” e la esorta a “continuare così”.

Nel suo discorso Meloni parla della dicotomia tra “merito e uguaglianza”: “Tutti devono partire sulla stessa linea, ma poi dove arrivi dipende da te”. Ricorda tanto, absit iniura verbis, una nemesi del celebre intervento sui “meriti e i bisogni” di Claudio Martelli diventato leitmotiv della stagione riformista del Psi all’inizio degli anni Ottanta. Chissà se anche questo fa parte della sua svolta moderata. Poi torna a contestare il reddito di cittadinanza perché “non è possibile che un giovane senza lavoro prende 780 euro al mese mentre un disabile ha una pensione d’invalidità di 500 euro. Così il messaggio che lo Stato dà ai suoi ragazzi è che non servono”.

In prima fila anche l’ex europarlamentare Fabrizio Bertot, altro grande escluso dalle liste, mentre tra il pubblico si distingue l’immarcescibile Mino Giachino. Nessuna notizia di Paolo Damilano, nonostante fino a qualche giorno fa ci fosse chi accreditava addirittura l’ipotesi di un incontro tra l’imprenditore ormai caduto in disgrazia (oggi Torino Bellissima ha perso un altro eletto, Marina Filippi, capogruppo in Circoscrizione 1, passata al Gruppo Misto) e la leader di Fratelli d’Italia. “Damilano? Nessun incontro in programma, ma se vuole votarci mi fa piacere” ironizza il numero uno piemontese Fabrizio Comba. È stato lui ad andare a prendere Meloni all’aeroporto e assieme alla Montaruli l’ha poi portata a mangiare un boccone in una cena ristrettissima. Poca voglia di tavolate per una leader agguerrita ma anche stanca ora che arriva all’ultimo miglio di una lunga campagna elettorale.  

Alla fine del suo intervento Meloni dedica anche un riconoscimento (seppur senza citarla) alla “sua” assessora regionale all’Istruzione, Elena Chiorino: “Qui abbiamo offerto la possibilità ai Comuni di aumentare l’orario degli asili nido. Quando arriviamo noi non arrivano le cavallette ma le risposte”. È l’unico passaggio che fa sul Piemonte, non cita neanche le tre amazzoni che ha schierato per espugnare la rossa Torino: Chiorino e Montaruli alla Camera e Paola Ambrogio al Senato. C’è spazio solo per lei.

In chiusura “di fianco a quello che è stato il primo Parlamento d’Italia” Comba promette “un nuovo Risorgimento”. Suona l’Inno Nazionale. Sui roll-up piazzati davanti alle colonne di Palazzo Carignano, le sagome di Cavour e Garibaldi osservano in silenzio e stranite i “nuovi patrioti di FdI”.

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