TRAVAGLI DEMOCRATICI

Un Pd a correnti alternate
e qualcuno stacca la spina

I capataz si posizionano in vista del congresso e tra le truppe aumentano le diserzioni. Franceschini continua a perdere pezzi, i due parlamentari lettiani piemontesi si dividono tra Bonaccini e Schlein. E pure tra i Giovani Turchi c'è un divorzio all'orizzonte

Scomposizioni e ricomposizioni, inabissamenti ed emersioni, agnizioni e apostasie. È una geografia in mutamento quella del Pd che si avvia al congresso. Perché le correnti nessuno le vuole, tutti dicono di volerle scacciare, eppure i loro capi sono impegnati in un frenetico lavorio di riposizionamento, spesso disorientando gli stessi seguaci: qualcuno li segue, altri no. Componenti storiche che rischiano l’estinzione, “aree culturali” che rispolverano antichi miti e parole d’ordine d’antan, sodalizi che si frantumano, alleanze inedite che si formano. “Non siamo qui per fare una nuova corrente” ma “un’onda” ha detto Elly Schlein al Monk di Roma nel giorno dell’annunciazione e a qualcuno è parso di aver sentito una excusatio non petita. Non di meno l’altro aspirante segretario, Stefano Bonaccini che pur di prendere le distanze da padrinaggi (oggi) troppo ingombranti arriva a dichiarare di non volere il sostegno di nessuna corrente: “E poi finiamola di chiamarci col cognome degli altri”, dice con convinzione l’ex renziano.

Della faglia che si è aperta in AreaDem quando Dario Franceschini ha comunicato la sua adesione alla proposta arcobaleno della pasionaria svizzero-americana- emiliana, lo Spiffero ha già dato notizia nei giorni scorsi, la scelta di Piero Fassino (e dei suoi adepti piemontesi) di andare su Bonaccini è cosa ormai acquisita. Ma qualche scossa tellurica potrebbe terremotare anche le altre componenti dem nell’attesa di scoprire se sarà corsa a due o altri si butteranno nella mischia. Per esempio, il sindaco di Pesaro  Matteo Ricci, dopo tanto abbuffarsi nel suo tour enogastronomico tra “pane e politica”, cosa deciderà di fare? 

E i lettiani? È vero che il segretario simpatizza per la Schlein? È vero, è vero. E a giudicare dall’esito delle mosse compiute negli ultimi mesi non è un buon presagio, soprattutto per lei. Certo non è un caso che uno degli uomini più vicini a Letta, l’ex ct della Nazionale di volley Mauro Berruto proprio verso la neo deputata stia rivolgendo il suo sguardo. Della questione avrebbe discusso a più riprese con l’ex europarlamentare Daniele Viotti e il suo gruppo (di cui fa parte anche l’assessora a Torino Chiara Foglietta) per i quali, tutto sommato, si tratterebbe di un approdo naturale. L’altro parlamentare lettiano piemontese  Enrico Borghi è invece approdato sull’altra sponda congressuale, quella a sostegno di Bonaccini, ma non sul traghetto capitanato da Base Riformista, corrente abbandonata qualche giorno fa ufficialmente perché vorrebbe che “tutte le componenti organizzate interne al partito” lasciassero “il campo libero alla articolazione autonoma della dialettica e del pluralismo interno”. Borghi si è gettato in mare aperto su una zattera tutta sua con cui da ora in poi sfiderà i marosi del partito. È se l’interessato attribuisce alle solite malelingue interne la correlazione tra il divorzio e la mancata elezione al vertice del Copasir (dove invece è approdato ieri l’ex ministro della Difesa e eader di Base Riformista Lorenzo Guerini), la vicenda non può non aver avuto il suo peso.

Tra le voci che circolano insistenti c’è anche quella di un altro possibile, imminente, divorzio. Pure la piccola componente di Matteo Orfini, l’ex presidente del partito che è a capo dei Giovani Turchi (tutti ormai oltre i quaranta) e s’è premurato per tempo di occupare lo spazio a sinistra di Bonaccini come fece ai tempi di Matteo Renzi, starebbe per subire una scissione. Orfini, infatti, potrebbe non avere più al suo fianco Chiara Gribaudo. La giovane deputata di Borgo San Dalmazzo, nel Cuneese, al suo terzo giro in Parlamento, in segreteria nazionale con Letta, starebbe infatti valutando un appoggio a Schlein per giocarsi una partita in Piemonte dove il congresso regionale sarà un crocevia fondamentale in vista delle elezioni del 2024. Per preparare il terreno, nei giorni scorsi ha esordito con una critica al governatore dell’Emilia-Romagna e, non sapendo cosa contestargli, ha rievocato la sempiterna questione femminile, visto il ticket annunciato con Dario Nardella: “Due uomini che si candidano a guidare il Pd... ancora una volta… serve una nuova storia democratica” ha scritto sui social.

Sullo sfondo resta la sinistra più ortodossa, quella guidata da Andrea Orlando e Gianni Cuperlo, che in Piemonte hanno rispettivamente in Anna Rossomando e Andrea Giorgis i propri luogotenenti. Dove si dirigeranno loro? E il segretario uscente Paolo Furia dove si colloca? A quanto si dice, tra i due sarebbe calato un certo gelo, pare a causa delle diverse impostazioni in vista delle assise regionali: Giorgis più propenso a un percorso unitario, Rossomando tentata da una prova di forza. Anzi, la vicepresidente del Senato ama ricordare ai suoi interlocutori che quattro anni fa il successo di Furia fu il risultato della sua scelta di andare alla conta.

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