SANITÀ

Cure domiciliari, Piemonte al palo

Gli anziani assistiti dall'Adi sono circa 50mila, la metà del parametro ministeriale. Il commissario dell'Azienda Zero, Picco, ha inviato alle Asl gli obiettivi da raggiungere entro il 2023. Critici i sindacati di medici e infermieri: "Si va verso la privatizzazione dei servizi"

Un anno per raddoppiare la capacità di presa in carico degli anziani nel servizio di assistenza domiciliare integrata (Adi). È l’obiettivo assegnato alle Asl del Piemonte dal commissario dell’Azienda Sanitaria ZeroCarlo Picco, diretta conseguenza dei parametri fissati da un decreto del ministero della Salute del maggio scorso e che vedono il sistema sanitario regionale in fortissimi ritardo.

I numeri dei piemontesi attualmente assistiti dall’Adi parlano chiaro. Attualmente sono circa 50mila, a fronte di quel 10% della popolazione ultrasessantacinquenne stabilito dal decreto che porta l’obiettivo da raggiungere a 111.229. Nel dettaglio ecco il numero di anziani che ciascuna azienda sanitaria dovrà essere in grado di assistere nel più breve tempo possibile e comunque entro il prossimo anno. Asl Città di Torino: 22.210 assisiti; Asl To3: 15.004; Asl To4: 12.958; Asl To5: 7.582; Asl Vercelli: 4.566; Asl Biella: 4.776); Asl Novara: 8.243;  Asl Vco: 4.539;  Asl Cuneo1: 10.137; Asl Cuneo2: 4.102; Asl Asti: 5.275; Asl Alessandria: 11.837.

Di fronte al dato attuale degli assistiti e alle prescrizioni ministeriali, il commissario dell’Azienda Sanitaria Zero scrive ai vertici delle Asl che “è evidente la necessità di incrementare ulteriormente, già entro la fine dell’anno 2022 e nel prossimo anno 2023, le prese in carico con tale forma di assistenza, agendo attraverso tutte le diverse modalità già oggi disponibili quali”. E le modalità Picco le ricorda ai direttori generali delle aziende: “cure domiciliari realizzate e condotte direttamente dalle Asl anche attraverso l’impiego di singoli professionisti sanitari, appalti di servizi effettuati in autonomia dalla singola azienda per identificare operatori economici che possano prestare le attività domiciliari e, ancora, l’utilizzo dei soggetti appositamente accreditati”.

Un incremento, quello dell’assistenza domiciliare, che, oltre a fornire un servizio che è un diritto, ha come effetto anche quello di ridurre ricoveri in ospedale per quelle patologie e situazioni cliniche che possono, appunto, essere seguite a casa del paziente. Ma, anche in questo caso, la questione principale è quella della carenza di personale. E proprio sulle assunzioni di ulteriori infermieri punta l’indice Francesco Coppolella, segretario regionale del sindacato Nursind: “A quanto risulta, i fondi destinati alle assunzioni per il potenziamento del territorio e dell’assistenza domiciliare, diversamente da quanto detto dalla Regione, sono invece ancora disponibili e saranno utilizzati per esternalizzare servizi e prestazioni determinando un ulteriore colpo alla nostra sanità pubblica. Vorremmo – aggiunge il sindacalista – che la Regione indicasse chiaramente la propria linea programmatica per la riorganizzazione della sanità piemontese”.

Ancora più dura la reazione del segretario di uno dei sindacati dei medici di famiglia: “Il Piemonte si avvia verso l’affidamento ai privati delle cure domiciliari – denuncia Antonio Barillà, al vertice dello Smi – espropriando i medici di medicina generale non mettendoli in condizione di poter assistere i loro pazienti, perché le Asl non garantiscono il personale infermieristico”. Per Barillà “la politica sanitaria piemontese sta andando nella direzione della Lombardia, con la privatizzazione delle cure domiciliari, affidandole alle cooperative, come già sta succedendo per altri servizi”.

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