RIFORME & RIFORMATI

Bonaccini meno autonomista, Calderoli sempre più solo

Il tema diventa un ingombro per il candidato al Nazareno sotto scacco di De Luca ed Emiliano. Casellati: "Maggioranza compatta", ma FdI e Forza Italia sono freddi. Il ministro leghista (atteso in Piemonte) salta Parlamento e Conferenza delle Regioni

“Adesso Stefano Bonaccini contesta che anche Istruzione e Sanità possano essere materie oggetto del passaggio di competenze tra Stato e Regioni quando, nel 2018, le chiedeva per la sua Emilia-Romagna”. Roberto Calderoli infila il coltello nella piaga con la perizia con cui usava il trapano quando faceva il dentista. Quasi una sconfessione, quella del candidato alla segreteria del Pd, imbrigliato in patti e accordi per conquistare il Nazareno, in particolare con il fronte interno del Sud.

Ma non è solo sul fronte del centrosinistra che l’autonomia risulta elemento divisivo o, comunque non certo condiviso in egual misura dalle forze politiche. Se, proprio nelle ultime ore, la ministra per le Riforme, l’azzurra Elisabetta Alberti Casellati, ha ritenuto di dover ribadire che “la maggioranza è compatta sull’autonomia differenziata, perché fa parte del programma di governo, è prevista della Costituzione e come ha spiegato il ministro Calderoli, significa una migliore allocazione delle risorse”, conferma ciò che è evidente e non da oggi: diverse sensibilità e diverso, diciamo, trasporto anche nel centrodestra. “Non significa spaccare l'Italia, ma costruire un progetto compatibile con l'unità della nazione e scongiurando il pericolo che le differenziazioni regionali possano aumentare le differenze nei territori e compromettere la coesione sociale. Non si vuole questo. Si vuole – ha spiegato l’ex presidente del Senato – anzi che il Sud possa crescere ed enfatizzare le sue straordinarie risorse”.

Rassicurazioni che paiono rivolte anche a quella parte della maggioranza, a partire proprio dal partito della premier Giorgia Meloni, mai calda all’idea di trasferire più competenze e poteri alle Regioni che ne facciano richiesta. La stessa Casellati è esponente di una forza politica, Forza Italia, che, temendo un recupero di consensi da parte della Lega grazie alla madre delle battaglie di un federalismo aggiornato ai tempi ma con radici lontane, avrebbe già predisposto un piano segreto (di cui abbiamo dato notizia qualche tempo fa) approntato da Silvio Berlusconi e affidato proprio alla sua ministra (e ai sui presidenti di Regione) per non lasciare tutta la strada in discesa al Carroccio salviniano. 

Dunque, a sinistra Bonaccini innesta rapidamente la retromarcia per non perdere lungo la strada compagni di viaggio potenti come i governatori di Campania e Puglia, Vincenzo De Luca e Michele Emiliano, pasdaran contro l’autonomia non tanto di meno di quanto non lo sia l’ex ministro Francesco Boccia pronto a cavalcare l’onda a favore della sua protégé e avversaria di Bonaccini Elly Schlein

Nel centrodestra i silenzi di Fratelli d’Italia dicono molto più di tante parole, senza mai dimenticare quella precondizione che collega il totem del Carroccio al presidenzialismo, tema assai più caro a Meloni e ai suoi. Pure dal Terzo Polo arrivano distinguo e critiche. Non stupiscono in Azione le resistenze di Mara Carfagna, ovviamente attenta al suo bacino elettorale meridionale, mentre meno attesi forse erano i rilievi di un’altra ex forzista ora calendiana come Mariastella Gelmini che nello scorso Governo aveva proprio il dossier dell’autonomia nelle sue competenze. “La riforma doveva essere prima condivisa con il Parlamento”, obietta l’ex ministra facendo leva su un aspetto dell’iter indigesto a più d’uno: Calderoli ha inviato il testo a Palazzo Chigi, auspicando un rapido approdo in Consiglio dei ministri, senza passare dal Parlamento, ma neppure da quella Conferenza delle Regioni, peraltro presieduta da un leghista autonomista come Massimiliano Fedriga. “Inaccettabile arroganza”, sibila la Carfagna arrivando a evocare un termine messo in soffitta ormai da molti anni dagli stessi leghisti: “Una secessione di fatto, ecco quel che vuole Calderoli”.

Lui, l’uomo che la Lega ha piazzato in quel ministero proprio per portare a compimento quel che non le è riuscito fino ad ora, adesso sta esercitando un pressing sul Governo (soprattutto sulla premier) per accelerare. Nel frattempo mette in agenda incontri nelle regioni dove, come in Piemonte, il partito di Salvini non vede l’ora di sventolare il vessillo della conquistata autonomia. Con alleati a dir poco freddini e senza neppure più quella sponda a sinistra, crollata insieme alle macerie del Pd sotto il peso e le condizioni dei governatori del Sud.

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