SANITÀ

Case di comunità senza medici,
Pnrr Sanità a rischio fallimento

Al palo la trattativa con i dottori di famiglia. L'allarme di Icardi al ministro Schillaci: "Senza professionisti inutile andare avanti". Dalla Conferenza delle Regioni la richiesta di interventi urgenti al Governo, "altrimenti ci saranno conseguenze catastrofiche"

“Le case di comunità rischiano di restare vuote, senza medici di base. O portiamo i professionisti in quelle strutture, oppure è inutile continuare realizzarle”. Luigi Icardi, assessore regionale alla Sanità nella giunta di Alberto Cirio venerdì scorso lo ha detto, senza troppi giri di parole, al ministro della salute Orazio Schillaci. L’ormai drammatico problema del personale non riguarda solo i Pronto Soccorso, ma proprio il sovraffollamento in quelle che sono le porte d’accesso agli ospedali è strettamente legato alle carenze di una medicina territoriale che, dopo la durissima prova della pandemia, sembra essere cambiata poco o nulla.

Il rinnovo del contratto per i medici di famiglia è uno degli snodi attesi nell’anno appena incominciato e le trattative avviate con il precedente ministro, Roberto Speranza, non è che avessero fatto grandi passi in avanti. E questo Schillaci lo ha ricordato a Icardi, senza tuttavia scacciare del tutto l’ipotesi e i timori di un ritorno alla casella di partenza. Convincere quelli che un tempo erano i dottori della mutua a prestare una parte del loro orario nelle strutture previste dal Pnrr non appare facile.

Le preoccupazioni rappresentate dall’assessore piemontese non sono una voce isolata. Di ieri una lettera dai toni, non meno allarmati, inviata a Schillaci, ma anche al suo collega del Mef Giancarlo Giorgetti, da parte del coordinatore della commissione Salute della Conferenza delle Regioni Raffaele Donini, titolare della Sanità nella giunta dell’Emilia-Romagna. Ricordando come “nel corso della seduta della commissione Salute dello scorso 10 gennaio si è registrato da parte di tutte le Regioni e le Province Autonome l’estrema preoccupazione per la situazione drammatica in cui versano i sistemi sanitari regionali”, Donini evidenzia al Governo come “la sostenibilità economico-finanziaria dei bilanci sanitari è fortemente compromessa dall’insufficiente livello di finanziamento del servizio sanitario nazionale, dal mancato finanziamento di una quota rilevante delle spese sostenute per l’attuazione delle misure di contrasto alla pandemia da Covid e per l’attuazione della campagna vaccinale, dal considerevole incremento dei costi energetici sostenuti”. Temi che anche in Piemonte occupano le cronache della sanità, ormai da mesi, come da altrettanto tempo “aspettiamo i soldi promessi per l’emergenza pandemica, più di 300 milioni – ricorda Icardi – che abbiamo continuato a chiedere senza esito, nel frattempo i Governo è cambiato”.

La Conferenza delle Regioni reclama interventi urgenti su più fronti. Uno di questi, naturalmente riguarda il personale, “le cui carenze hanno raggiunto un livello di criticità insostenibile e trasversale a molteplici settori e servizi sanitari, con conseguenti disservizi. Una situazione – avvertono le Regioni – destinata a peggiorare nei prossimi anni”. Da qui la richiesta “di programmare rapidamente un intervento straordinario e strategico, non di natura meramente emergenziale, in grado di proporre delle soluzioni, prontamente attuabili ed idonee ad affrontare nell’immediato la carenza di personale sanitario e la crisi finanziaria di cui, da ormai tre anni versano i sistemi sanitari regionali”.

Il quadro che le Regioni fanno al Governo è certamente reale, addirittura più preoccupante di quanto si possa immaginare. “L’insufficienza delle risorse disponibili, la carenza di personale, il continuo rincaro dei prezzi delle materie prime e dei consumi energetici rischiano molto seriamente di compromettere l’attuazione di importati riforme, a partire da quella dell’assistenza territoriale – scrive Donini a nome di tutti gli assessori alla Sanità – nonché la possibilità di dare corso agli investimenti del Pnrr. Questa situazione determinerà conseguenze catastrofiche per il servizio sanitario pubblico”. 

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