LE REGOLE DEL GIOCO

Legge elettorale, il centrodestra tira dritto ma rischia di schiantarsi

Ieri la riunione di maggioranza per limare gli ultimi distinguo: i sottosegretari passano da 4 a 3, restano i consiglieri supplenti e la doppia preferenza con parità di genere. Ma l'ostacolo principale resta lo sbarramento che il Pd non vuole

Mentre a sinistra il campo largo si sta trasformando in un campo minato, nella maggioranza di centrodestra un accordo di massima sulla nuova legge elettorale pare essere stato trovato. Ma non basta per assicurare il risultato. I tempi sono stretti ed è sufficiente che anche solo una delle forze di minoranza decida di mettersi di traverso, per far saltare la riforma. Per questo nella riunione di maggioranza che si è svolta ieri è stata condivisa la necessità di cercare fino all’ultimo una mediazione. Lega e Fratelli d’Italia hanno innanzitutto confermato la volontà di tenere duro sui consiglieri supplenti – il meccanismo che consente di scorrere la lista per sostituire l’eletto che viene promosso in giunta – e sui sottosegretari che scendono al massimo a tre (nella prima proposta erano quattro) e potranno essere assegnati esclusivamente alla presidenza della giunta come richiesto dall’assessore di FdI Maurizio Marrone. Salta anche il sistema del cosiddetto “flipper” per i consiglieri supplenti che verranno scelti scorrendo la lista del collegio e non su base regionale com’era stato previsto in un primo tempo. La base regionale viene mantenuta solo per sostituire i componenti del listino, i quali però dovranno essere abbinati a un partito cosicché qualora venissero designati nell’esecutivo subentrerebbe loro un esponente di quel partito e non di un’altra lista.

Resta il problema della soglia di sbarramento. La Lega non vuole arretrare oltre il 3%, il Pd ora chiede il 2,5%: si combatte a colpi di decimali. Il Movimento 5 stelle vuole l’elezione diretta anche del secondo candidato presidente sconfitto, la maggioranza è pronta a estendere questa opzione ai candidati governatore di tutte le coalizioni o liste che raggiungeranno il quorum. L’obiettivo di Alberto Cirio è frantumare il fronte avversario e questo escamotage può rappresentare un incentivo per fare andare da solo anche il Terzo Polo. Unione popolare di Luigi de Magistris, rappresentata a Palazzo Lascaris dall’ex grillina Francesca Frediani, vorrebbe addirittura togliere lo sbarramento anche per le liste fuori dalla coalizione, in nome della rappresentanza.

La sostanza è che la stragrande maggioranza dei consiglieri avanza una proposta funzionale al proprio partito, o meglio alla propria rielezione. Così i leghisti, tra sottosegretari e supplenti, sperano di sterilizzare l’emorragia di voti che si profila all’orizzonte aumentando le poltrone e pazienza se questo comporterà un esborso di 11 milioni in più per le casse pubbliche nella prossima legislatura. I costi della politica sono l’appiglio di chi oggi – leggi il Pd – vuole far saltare il banco. Per il capogruppo dem Raffaele Gallo meglio limitarsi a introdurre la doppia preferenza di genere, peraltro imposta dalle norme nazionali, piuttosto che avventurarsi su terreni perigliosi.  

Come andrà a finire? Su una cosa tutti sembrano essere d’accordo: se le minoranze alzano le barricate, con operazioni ostruzionistiche, difficilmente ci sarà il tempo per approvare legge elettorale e modifica dello statuto (quest’ultima necessaria per introdurre i sottosegretari). Anche perché le urgenze ora sono altre: c’è ancora da approvare il Collegato 2022, il Bilancio di previsione di quest’anno e la nuova legge sulla casa. La deadline è fissata al 30 giugno. Oltre quella data sarà possibile solo qualche aggiustamento.